Alla sua seconda Olimpiade, Marco Fichera è pronto a difendere l’argento di quattro anni fa a Rio nei prossimi Giochi Olimpici che prenderanno il via dal 24 luglio a Tokyo.
Classe ’93, originario di Acireale, lo spadista azzurro ha saputo unire allo sport altre passioni e non ha mai smesso di studiare. Due lauree, una in Scienze Politiche e la magistrale in Giurisprudenza, l’impegno politico e il sogno di portare a Milano, la sua nuova residenza, i Mondiali di scherma nel 2023.
Alle Olimpiadi di Tokyo, Marco Fichera gareggerà nella squadra composta da Enrico Garozzo, Andrea Santarelli e Gabriele Cimini.
È la seconda volta per te alle Olimpiadi. Nel 2016 a Rio medaglia d’argento nel gruppo a squadre. Quali sono le sensazioni del ritornare dopo oramai 5 anni ad una competizione come quella delle Olimpiadi?
“Dopo 5 anni non era scontato per nessuno fare questa Olimpiade. Non lo era per la condizione epidemica e perché un’Olimpiade non è mai banale, non è mai sicuro. La realtà dei fatti e che è un traguardo, ma è anche un punto di partenza. Traguardo perché, ripeto, non è mai banale arrivarci. Un punto di partenza perché non si va ad un’Olimpiade per partecipare. È chiaro che gli occhi saranno puntati il 25 e il 30 luglio quando ci giocheremo le medaglie individuali a squadre. Sicuramente, però, il pensiero è a quello che già si è fatto perché non bisogna mai dimenticare il percorso che uno ha vissuto per arrivare al traguardo”.
E appunto parli di percorso: come mai la scherma nella tua vita?
“Ho iniziato a fare scherma perché il mio vicino di casa faceva scherma e mi ha invitato ad andare in palestra con lui a 7 anni. Da lì ho continuato e sono arrivato qui”.
A primo impatto, cosa ti è piaciuto della scherma per decidere di sceglierla per tutta la vita?
“Era più che altro un momento in cui giocavo con i miei amici. Poteva essere la scherma come qualsiasi altro sport. Poi è chiaro che entri in un mondo fatto di gente per bene che poi diventa quasi una famiglia”.
Secondo te cosa ci vuole per fare scherma?
“In generale per fare sport credo non serva nulla di più, se non una grande passione e una grande voglia di volontà e di divertirsi. Non credo a chi ricerca nello sport particolari caratteristiche. È chiaro che ci vuole un atletismo di base e delle prerogative fisiche e tecniche, però non bisogna pensare allo sport esclusivamente come fonte di successo. Lo sport è anche un momento nel quale si crea un gruppo, una famiglia, degli amici e si fa un lavoro di natura sociale. Per fare scherma serve tanta voglia di divertirsi, di sorridere di fare sacrifici e di voler arrivare a un traguardo, a prescindere da quale esso sia”.
Noi pubblico da fuori vediamo la parte patinata, ossia la gara e il podio. Ma qual è la parte più difficile?
“Come in ogni ambito della vita e del lavoro, come per noi che lo facciamo a livello professionistico, è chiaro che dietro le quinte ci sono giorni, ore, anni di sacrifici, di sudore, di fatica e di discussioni. È un tutto che si mette insieme per raggiungere quell’obiettivo lì che poi nel nostro ambito è il podio. In altri ambiti, i diversi obiettivi della vita”.
Cos’è la scherma oggi per te?
“È il mio lavoro e la mia professione, però rappresenta anche un mezzo attraverso il quale io posso regalare a qualcuno degli esempi e dei messaggi. Non è solo il conquistare una medaglia. Penso che, se si vive solo per raggiungere un obiettivo, è una visione limitata. Credo che l’obiettivo sia da raggiungere e sono uno che ci mira in maniera importante, però ci sono anche degli obiettivi collaterali come donare un messaggio o essere degli esempi, soprattutto nel mondo dello sport nel quale siamo guardati da tante persone e tanti ragazzi”.
Il tuo palmarès parla per te. Qual è, se c’è, il rimorso o il rimpianto più grande?
“Non mi piace vivere di rimorsi o di rimpianti. Probabilmente avrei potuto fare delle scelte diverse. Magari quelle scelte sono frutto anche di un periodo di vita. Quindi, non mi sento dire oggi che qualche scelta del passato, avrei dovuta farla in modo diverso. Ogni scelta fatta, ha fatto in modo che io sia qui oggi. Non vuol dire che io abbia fatto solo scelte giuste, anzi, ma credo che anche le scelte sbagliate facciano parte della crescita di una persona. Mi conforto nel dire che è tanto semplice valutare nel futuro cosa è stato fatto nel passato”.
Qual è invece l’obiettivo centrato di cui vai più fiero?
“Essere riuscito a fare migliorare me stesso dentro e fuori la pedana ed essere una persona nettamente più matura di quello che potevo essere 4 anni fa. Come ho detto prima, la medaglia è un titolo, un obiettivo raggiunto è un qualcosa che prendi conquisti e vai avanti. La persona e la maturazione della persona, invece, sono cose che ti porti per tutta la vita. Il mio più grande obiettivo raggiunto è quello”.
Si arriva alle Olimpiadi con una pandemia mondiale che ha un po’ rovinato i piani. Anche se ho visto che nel tuo caso, fino a qualche settimana fa, hai gareggiato e sei salito sul podio. La pandemia su di te che effetto ha avuto? Come l’hai vissuta?
“Non è stato un momento facile per nessuno di noi, però noi atleti siamo stati e siamo privilegiati perché siamo riusciti a vivere la pandemia all’interno di una sacca di benessere che tante altre persone non hanno potuto avere. Mi sento di dire che ho vissuto la pandemia bene e che questo momento mi ha lasciato la consapevolezza ancor di più del fatto che oggi bisogna pensare all’oggi perché domani non sappiamo cosa ci riserverà la vita”.
Ha inciso nella preparazione personale sia a livello fisico sia a livello emotivo?
“Ha inciso e ha scompaginato ciò che era la preparazione per un grande momento come potevano essere le Olimpiadi. Ripeto: sarebbe sbagliato andare a giudicare o andare a lamentarsi per quello che possa essere un periodo da noi vissuto in questo modo. È vero: abbiamo dovuto rinunciare a delle gare e abbiamo dovuto aspettare un altro anno per vivere l’Olimpiade però c’è chi ha perso veramente tanto di più. Sono contento che piano piano si sia arrivato a vedere la luce in fondo al tunnel. C’è chi ancora oggi non riesce a vederla o non la vedrà mai”.
Sei un atleta e quindi immagino che il concetto di vincere o perdere sia uno degli aspetti. Come ti relazioni?
“Per me vincere è davvero una delle poche cose che conta. Nel senso che quando sei in pedana, l’obiettivo è puntato alla vittoria. Ho imparato crescendo ad apprezzare anche la sconfitta perché comunque ti fa maturare. Non vuol dire che sia felice quando ciò accade, ma dopo la rabbia del momento riesco a vedere cosa mi può lasciare la sconfitta. Secondo me il concetto di Vittoria e sconfitta sono due concetti che sono a pari merito perché non ci può essere una vittoria senza una sconfitta”.
Anche in questa Olimpiade vi sarà la squadra di scherma abbastanza competitiva: regalate spettacolo e vittorie, cosa c’è da aspettarsi dalla squadra che partirà per Tokyo?
“Arriviamo pronti, carichi e consapevoli di quello che è il nostro valore. Parlo per me e anche per gli altri. Le gare sono un interrogativo perché si giocano su frazioni di secondo però la preparazione per tutti è stata ottimale e dovremmo vedere quello che ci porterà”.
Ho visto che sei presente sui social e che presti attenzione a cosa pubblichi e ai messaggi che lanci. Secondo te è uno degli aspetti che un atleta oggi deve curare?
“Non è necessario che un atleta curi per forza i social oggi. Deve dare qualcosa in più rispetto all’esclusiva presenza in termini di successi o insuccessi, ossia esserci anche nella veicolazione di messaggi. Per questo lo utilizzo”.
Non solo la scherma, ma anche due lauree. L’ultima in Giurisprudenza.
“Per me lo studio è paritetico allo sport perché dia una visione e un’apertura senza la quale non si riesca ad andare avanti. Quindi sono contento, sono soddisfatto di aver completato il mio secondo percorso di studi e vediamo cosa mi riserverà il futuro”.
Quali sono i tuoi hobby?
“Sicuramente leggere o guardare gli sport. Mi piace il mondo della cronaca della cultura generale”.
Scrittore preferito?
“Sono in difficoltà. Mi piace tanto Carofiglio (nda Gianrico) ma da un po’ di tempo leggo anche molto Oriana Fallaci che ha una visione del mondo che è diversa dalla mia, ma che comunque è da apprezzare”.
C’è qualcosa che ti va di dire prima delle Olimpiadi?
“Credo che le Olimpiadi arrivino in un momento giusto per riuscire a vivere dei momenti un po’ di spensieratezza. Lo sport non può risanare e ristorare da un periodo così difficile e così lungo di sofferenze, però penso anche che il nostro compito sia quello di riuscire a fare andare oltre le persone dai pensieri della quotidianità. Lo sport ha sempre fatto questo e deve lanciare il messaggio che con calma un po’ in fondo al tunnel che si inizia a vedere la luce”.
Sandy Sciuto