Dopo l’annuncio dello sciopero di due giorni da parte dei benzinai, il governo ha convocato i sindacati di categoria a Palazzo Chigi. L’incontro si svolgerà domani, venerdì 13 gennaio, alla presenza dei ministri Adolfo Urso, Giancarlo Giorgetti e del sottosegretario Alfredo Mantovano.
Il governo aveva accusato i distributori di speculazione, facendo poi dietrofront.
Lo scontro tra i gestori e l’esecutivo è nato quando, nelle nuova finanziaria, non è stato prorogato lo sconto sulle accise, spingendo con nuovi aumenti i prezzi dei carburanti.
Per porre fine a questa “ondata di fango” contro una Categoria di onesti lavoratori e cercare di ristabilire la verità, le Associazioni dei Gestori, unitariamente, hanno assunto la decisione di proclamare lo stato di agitazione della Categoria, su tutta la rete; di avviare una campagna di controinformazione sugli impianti e proclamare, per le giornate del 25 e 26 gennaio 2023, una prima azione di sciopero, con presidio sotto Montecitorio”. Lo annunciano in una nota congiunta Faib Confesercenti, Fegica Cisl e Figisc/Anisa Confcommercio.
“L’impressione che la Categoria ha tratto da questa vicenda è quella di un Esecutivo a caccia di risorse per coprire le proprie responsabilità politiche, senza avere neppure il coraggio di mettere la faccia sulle scelte operate e ben sapendo che l’Agenzia delle Dogane, il Mimit, e l’Agenzia delle Entrate hanno, già oggi, la conoscenza e la disponibilità di dati sul movimento, sui prezzi dei carburanti e sull’affidabilità delle comunicazioni giornaliere rese dalla Categoria – prosegue la nota -. E’ un imbroglio mediatico al quale le Organizzazioni di Categoria intendono dare risposte con la mobilitazione dei Gestori”.
“Tagliare le accise sulla benzina è una misura che aiuta tutti, chi ha una utilitaria e chi ha un’auto di lusso. Il taglio delle accise sarebbe costato circa un miliardo al mese, ma questi dieci miliardi anziché spalmarli, abbiamo deciso di concentrarli su chi ha più bisogno. Abbiamo fatto questa scelta che rivendico perché la considero una scelta di giustizia sociale”, ha spiegato Giorgia Meloni.
“Inoltre guardavamo all’andamento del mercato e secondo i nostri calcoli l’aumento della benzina doveva essere sostenibile. Il prezzo della benzina lo sto monitorando e i dati che ho sentito non tornano: non è a 2,5 euro al litro ma il dato verificabile del prezzo medio della benzina in Italia la scorsa settimana era di 1,812 euro al litro”, ha proseguito la premier.
La presidente del Consiglio chiarisce anche parte delle critiche emerse in seguito a un video in cui affermava, in passato, che avrebbe tagliato le accise: “Gira da più parti un video del 2019 nel quale io facendo benzina con la mia auto parlavo della necessità di tagliare le accise sulla benzina e naturalmente non avendo il governo deciso di cambiare la norma del precedente governo che prevedeva che il taglio delle accise sarebbe terminato alla fine di quest’anno si è detto ‘la Meloni è incoerente’ perché in campagna elettorale vi promette alcune cose e poi al governo ne fa altre. Ora siccome io sono una persona abbastanza seria non è un caso che quel video sia del 2019 e non di quest’ultima campagna elettorale”.
“Se qualcuno si approfitta” dell’aumento dei prezzi della benzina “bisogna intervenire: ma la gran parte dei benzinai in Italia si sta comportando in maniera onesta e responsabile”, ha continuato la Meloni, che ha confermato di aver sentito il presidente dell’Autorità Antritrust e il comandante generale della Guardia di Finanza.
Ha, quindi, aggiunto che “in Cdm abbiamo deciso di rafforzare le sanzioni” per chi non rispetta le norme. “Abbiamo fatto una cosa ancora più importante – ha proseguito – ogni benzinaio oltre all’obbligo di esporre il prezzo alla pompa, deve esporre anche il prezzo medio giornaliero. Sulle distorsioni si può lavorare, ma non mi pare che la situazione sia come è stata raccontata”, ha aggiunto.