Tra l’800 e il 1400 circa d.C., quando Londra aveva tra i 20 e gli 80 mila abitanti, l’Impero Khmer con il suo centro politico e religioso Angkor, la città preindustriale più grande al mondo, ne vantava 2 milioni: basta questo dato per comprendere l’importanza della Cambogia nella storia dell’uomo e della sua evoluzione, con una facilità inversamente proporzionale alla complessità, profondità, originalità delle creazioni di questa antica civiltà, che ha segnato in modo decisivo le vicende del sud-est asiatico e ci ha lasciato uno dei patrimoni più pregevoli, interessanti, per certi versi misteriosi, dell’intero pianeta.
Il sito archeologico di Angkor, tra i più vasti sulla Terra e il più imponente della penisola sud-orientale dell’Asia, racchiude in sé potere, eccellenza, perfezione, maestosità, genialità, pionerismo: suoi “concorrenti” possono essere considerati solo le Piramidi di Giza o la Valle dei Re in Egitto, Chichèn Itzá e Teotihuacan in Messico, Tikal in Guatemala, Machu Pichu in Perù, le infinite città romane, polis e templi greci, alcune bellezze indiane come il Taj Mahal, la città – cimitero di Petra in Giordania.
Ad Angkor la grandiosità incontra l’intelligenza, l’ambizione si unisce all’operosità, l’originalità soddisfa la spiritualità: oltre 90 templi, più o meno ben conservati, attendono circa 5 milioni di visitatori ogni anno, pronti a rimanere incantati da un tuffo che dura da un minimo “sindacale” di tre giorni ad un massimo di 15 per girarli più o meno tutti e ammirarne dettagli come bassorilievi, colonne, ingressi, verticalità e altri pregi architettonici e conoscerne significati, segreti, leggende.
Angkor era la capitale dell’impero Khmer tra il IX e il XV sec d.C. La megalomania dei sovrani ha voluto che ogni successore facesse sempre di più e meglio del predecessore, poi la natura ha fatto la sua parte avvinghiandoli, imprigionandoli, nascondendoli per alcuni secoli fino alla sorprendente riscoperta nell’800 e all’attuale fruizione. La Cambógia, che cambia accento quando arrivi lí e diventa Cambogía, rappresenta una tappa imperdibile per un viaggiatore di serie A, per chi ama tuffarsi nella storia e scoprire l’archeologia perché, aldilà delle suggestive attrazioni naturali, della cordialità e ospitalità dei cambogiani, delle peculiarità tipiche dell’Estremo Oriente, de facto il vero richiamo turistico che dal ‘900 ha calamitato l’attenzione su questo “piccolo” lembo di terra è proprio Angkor.
Imperdibili i templi di Bayon, detto anche “dei volti” perché possiede 54 torri con altrettante facce, quelle degli imperatori che ti scrutano dall’alto e da lontano per incutere timore in chi oggi è uno spettatore, un tempo era un suddito e tanti bassorilievi di particolare pregio come quello che descrive l’antica guerra tra champa (vietnamiti) e khmer con l’intrusione della Cina; il tempio di Bapoun, ribattezzato il “puzzle dei templi” perché prima della guerra civile in Cambogia fu smontato pezzo dopo pezzo e gli archeologi trovarono 300mila pietre da rimettere assieme, senza una mappa, il risultato è incredibile; la terrazza degli Elefanti, lunga 350 metri, fungeva da tribuna per eventi e cerimonie pubbliche religiose dell’epoca; l’antico “ospedale” attorniato da un incantevole lago; il Prerup Temple, tempio dedicato alla roteazione del corpo, con la vasca che ospitava il cadavere degli imperatori, che per essere reincarnati dovevano essere girati prima da un lato, poi dall’altro; il Ta Prohm, ora “Tomb Rider Temple”, ridenominato così grazie alla popolarità riscossa dal noto film hollywoodiano con Angelina Jolie girato lì; quello della Spada sacra; infine, last but not least, semmai il contrario… il più famoso e grandioso, l’Angkor Wat, l’edificio religioso più ampio del pianeta, il nome significa tempio della città e rappresenta una riproduzione dell’Universo, la torre centrale costituirebbe il Monte Meru (la montagna degli dei nella religione indù), i cortili inferiori i continenti e i fossati attorno invece sono gli oceani. Doveva essere il più immenso di tutti perché avrebbe ospitato la tomba di Suryavarman II, il più prolifico e ambizioso tra i sovrani di allora, il quale poi morì in battaglia e non fu sepolto qui.
La mia visita cambogiana ha riguardato naturalmente anche Siem Rep, seconda città più grande del paese e base da cui visitare le immense bellezze archeologiche, ancora oggi in parte “mescolate” a case popolari e di recente è emersa una polemica dopo la volontà, manifestata dal Governo cambogiano, di liberare l’area dalla popolazione presente per preservarla. La notizia mi ha fatto riflettere su quello che succede talvolta in alcuni luoghi incantevoli, l’esempio del bellissimo Teatro Romano di Durazzo, in Albania, è un esempio magistrale: le case-baracche insistono nella cavea con tanto di panni stesi! E nessuno riesce ad eliminare questo scempio, un insulto alla cultura. Ecco che a volte si perde di vista e si viola un principio fondamentale, che historia magistra vitae est dovrebbe averci inculcato negli ultimi decenni, da quando la tutela dei beni culturali, archeologici, paesaggistici, artistici è diventata, per fortuna, prioritaria, grazie soprattutto all’opera dell’Unesco: l’interesse generale è sempre superiore a quello individuale.
Se dunque trasferire numerose famiglie cambogiane risulta indispensabile per proteggere Angkor, non c’è difesa che tenga. Sulla questione è intervenuta anche Amnesty International, denunciando lo sgombero di 10 mila famiglie, perlopiù attuato in modo repressivo, autoritario e senza necessario preavviso e addirittura, collocando queste persone in alloggi senza acqua e servizi essenziali; anche l’Unesco è intervenuto ricordando di rispettare le linee guida previste dalla Convenzione. Ciò non toglie che seppure “strappare” dalle proprie abitazioni il popolo, abituato a stare lì da decenni, è terribile, lo è ancora di più non poter valorizzare il loro passato, la loro identità e il loro gioiello più inestimabile. A breve la Cambogia avrà un nuovo aeroporto fatto dai cinesi, in grado di aumentare il turismo ad Angkor.
Tornando alla visita di Siem Rep, è possibile anche fare una bellissima escursione nel lago più grande del sud est asiatico, Tonle Sap, dove esiste un enorme e coinvolgente villaggio di pescatori che vivono perennemente sulle loro barche-negozi… “casa e putia”. Addirittura una di queste zatterone ospita una Chiesa cattolica. In base alle stagioni e al livello dell’acqua dolce, gli abitanti, al contempo pescatori e mercanti, si spostano per proporre il loro pescato o altra merce alla popolazione locale o ai visitatori incuriositi che acquistano i prodotti sempre durante la navigazione, da barca a barca: tra i più venduti oggetti con pelle di coccodrillo.
Nel percorso di viaggio degni di nota altri luoghi da scoprire, al fine di conoscere meglio la storia nazionale simile a quella del Vietnam: infatti la Cambogia dal 1860 circa al 1953 fu Protettorato della Francia, poi raggiunse l’indipendenza, a seguire lo scontro tra comunisti e capitalisti che portò alla guerra civile durata qualche anno, tra il 1975 e il 1979, durante la quale milioni e milioni di cambogiani, circa il 40% della popolazione, fu sterminato. È possibile rivivere la tragedia di questo “piccolo” Olocausto made in Cambogia nel sito, un ex campo di concentramento, oggi piccolo museo per rendere memoria alle vittime, all’interno si trova un bellissimo tempio buddista, la Pagoda Nuova, con coloratissimi dipinti nel tetto interno.
Non manca neppure la movida, pensata per i tanti turisti internazionali: Pub Street è piena zeppa di locali, bar, ristoranti, discobar, negozi, bancarelle e soprattutto gente che dopo aver ammirato templi e altre attrazioni, si riposa, si svaga, si diverte felice di aver fatto uno dei viaggi più belli della vita.