ROMA – “Il Ministero dell’Istruzione, in merito alle attività di integrazione degli apprendimenti e dell’apprendimento con una apposita nota emanata nella giornata di mercoledì, fornisce alle scuole una discutibile interpretazione secondo la quale tali attività sarebbero da collocarsi nell’alveo degli adempimenti contrattuali ordinari correlati alla professione docente e non automaticamente assimilabili ad attività aggiuntive da retribuire con il salario accessorio.
La nota si lancia in una impropria distinzione fra attività che possono e non possono essere retribuite, non sulla base della natura delle stesse ma sulla base del periodo in cui queste attività vengono svolte (non retribuite se svolte dal 1° settembre all’inizio delle lezioni, retribuite se svolte successivamente).
Si tratta di una distinzione arbitraria, che non si trova nelle norme esistenti, non si trova nel Contratto e non la si trova neppure, checché ne dica il Ministero, del citato D.L. 22/2020”.
Lo afferma la Flc Cgil. “Di quest’ultimo si dà un’interpretazione speciosa, attribuendo alla nozione di attività didattica ordinaria un significato “a tempo”, quando invece attività didattica ordinaria ha un significato univoco e permanente, sia che essa venga prestata nelle normali ore di lezione, sia in aggiunta durante il periodo di attività didattica da calendario scolastico, sia in aggiunta durante i periodi dell’anno scolastico antecedenti all’inizio e successivi al termine delle lezioni.
È sconfortante dovere assistere a misure che invece di motivare scoraggiano, invece di promuovere confondono. Con l’aggravante che un questo atteggiamento proveniente dall’alto, poco rispettoso di norma e contratto, venga caricato sulle spalle dei dirigenti scolastici, ai quali si chiede di organizzare a costo zero attività di recupero e integrazione e dei docenti ai quali si chiede di lavorare senza corrispettivo economico, magari con l’argomento irricevibile e inaccettabile che essi vengono da un anno in cui “sono stati a casa per sei mesi”, dopo che, a partire dalla Ministra, non si è persa occasione di elogiare lo spirito di sacrificio dei docenti che hanno fatto la loro parte e hanno permesso alla scuola di funzionare al massimo delle possibilità consentite dalla situazione”, prosegue il sindacato.
“Ancora una volta, come in altre occasioni, non si potrà evitare che parta la giostra dei professionisti dei ricorsi che questa volta avranno buone ragioni di appellarsi alla norma e al contratto violati. Così come sarebbe più che comprensibile se molti collegi docenti, per evitare contenziosi, programmino le attività di recupero a partire dal primo giorno di lezione anziché dal primo settembre. Quest’ultima soluzione potrebbe essere quella più diffusa, anche perché le scuole in questi giorni stanno ancora tentando di organizzare la riapertura con i mille problemi: banchi che non arrivano, spazi inadeguati, trasporti non garantiti, personale insufficiente, assenza di indicazioni chiare da MI sui lavoratori fragili. Laddove invece le attività possano nonostante tutto partire prima, andranno ovviamente giustamente retribuite dal Mof tramite la contrattazione di Istituto”, conclude la Flc Cgil.
“Il contratto collettivo nazionale parla chiaro: le attività di recupero devono essere programmate dal Collegio dei Docenti e retribuite utilizzando i fondi del Mof (Miglioramento dell’offerta formativa) e quelli risparmiati dagli esami di Maturità. Respingiamo, dunque, al mittente la nota con cui il Ministero dell’Istruzione dispone illegittimamente che, invece, queste ore di servizio vengano prestate a titolo gratuito dai docenti”.
A dichiararlo è Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, che insieme con gli altri sindacati rappresentativi ha inviato a viale Trastevere una lettera di protesta. Di Meglio sottolinea che, in base alla normativa vigente, ultima la riforma Madia, l’orario di lavoro rientra nelle competenze del CCNL e definisce la nota del Mi “un intervento a gamba tesa, una netta invasione di campo in un ambito che è riservato al contratto. Evidentemente a causa dell’emergenza sanitaria – continua Di Meglio – al Ministero c’è chi si sente in diritto di autoinvestirsi di pieni poteri”.
“L’orario delle lezioni segue il calendario scolastico regionale e nel periodo che intercorre tra il 1 settembre e l’inizio delle attività didattiche non esiste alcun obbligo contrattuale di garantire l’orario di insegnamento. Se, dunque, interviene la necessità di prestare servizio extra, gli insegnanti devono percepire un compenso aggiuntivo. La nota emanata dal Ministero dell’Istruzione – avverte il coordinatore nazionale della Gilda – provocherà contenzioso nelle scuole e anche noi ci riserviamo di intraprendere le iniziative legali necessarie per ripristinare un sacrosanto diritto sancito dal Contratto collettivo nazionale di lavoro”.