Un epilogo scontato o un colpo di mano? Si chiuderà così il 2023 in provincia di Catania sul fronte del servizio idrico. L’ultima polemica, all’interno della storica querelle sull’individuazione del gestore unico con competenze sull’intera provincia, nasce dalla decisione della Regione Siciliana di inviare un commissario ad acta per risolvere un nodo altrimenti impossibile da sciogliere: firmare la convenzione che darebbe in mano, per circa tre decenni, le chiavi dei pozzi e delle reti sull’intero territorio etneo, dai piccoli Comuni alle pendici dell’Etna fino al profondo Calatino.
Per il Consiglio di giustizia amministrativa, che due anni fa si è espresso con una serie di sentenze, non ci sono dubbi: l’affidamento spetta alla Servizi idrici etnei (Sie), società per il 51% pubblica e per il restante 49 privata, ma al cui interno trovano spazio anche alcune delle società in house che finora si sono spartite la gestione in provincia. Da Acoset a Sidra, fino ad Ama.
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A essere incaricata di compiere gli ultimi passaggi per formalizzare l’affidamento del servizio a Sie – nello specifico firmare l’aggiornamento della convenzione al centro della gara vinta nel 2005, poi annullata, fino alla nuova riabilitazione del Cga nel 2021 – sarà Francesca Spedale, dirigente della Regione Siciliana, con diverse esperienze nel settore idrico, tra cui il ruolo di componente del Consiglio d’amministrazione di Siciliacque, la società pubblico-privata che in parte dell’isola, ma non a Catania, si occupa di servizio di captazione, accumulo, potabilizzazione e adduzione dell’acqua potabile a livello di sovrambito.
La decisione è stata presa dall’assessore all’Energia Roberto Di Mauro. L’esponente della giunta Schifani ha firmato venerdì scorso un decreto in cui si ricostruisce in maniera sintetica la storia che ha portato alla necessità di commissariare sul punto l’Assemblea territoriale idrica (Ati), ovvero l’organo politico in cui siedono tutti i sindaci della provincia e che attualmente è presieduto da Fabio Mancuso, il primo cittadino di Adrano.
Nelle premesse del decreto vengono citate le sentenze della giustizia amministrativa e la bozza di aggiornamento della convenzione preparata dagli uffici dell’Ati, condivisa da Sie e sottoposta all’approvazione dei sindaci. A opporsi a quest’ultimo passaggio, però, negli ultimi mesi sono stati diversi primi cittadini, motivando il proprio diniego con le condizioni incluse nella nuova convenzione, a partire dalla concessione a Sie della possibilità di effettuare direttamente lavori per diverse centinaia di milioni di euro in più rispetto alla cifra riportata nella prima convenzione.
Alla nomina della commissaria ad acta non si è arrivati per un voto contrario da parte dell’Ati, ma in seguito all’impossibilità dell’assemblea di deliberare sulla bozza di convenzione. Nel mese di dicembre, infatti, più volte l’organo politico si è riunito senza però riuscire a ottenere il numero legale. Dopo una prima diffida del Dipartimento regionale Acque e Rifiuti ad adempiere a quanto disposto dal Cga, l’Ati è stata convocata il 7 e il 20 settembre, ma le sedute – si legge nel decreto di Di Mauro – “non hanno raggiunto il quorum richiesto dallo statuto per la votazione”.
La stessa situazione si è ripetuta giovedì scorso: “La seduta tenutasi in data 28 dicembre non ha raggiunto il quorum, richiedendo l’adozione di opportune iniziative da parte della Regione Siciliana”, si sottolinea nel documento firmato dall’assessore all’Energia. Da lì la decisione di affidare a Spedale il compito di sbrogliare la matassa, “considerata l’urgente necessità di portare a termine gli adempimenti necessari ad assicurare, nel territorio dell’ambito ottimale di Catania 2, la realizzazione delle misure infrastrutturali individuate nel Pnrr”. Il timore è infatti che senza affidamento al gestore unico si possano perdere finanziamenti per oltre 80 milioni di euro.
L’invio della commissaria è stato accolto con malumore da parte di quei Comuni che fino all’ultimo hanno provato a far valere le proprie ragioni, chiedendo ulteriore tempo per valutare l’opportunità di modificare le condizioni proposte a Sie. Tra essi c’è Acireale, dove nelle settimane scorse il consiglio comunale si è espresso all’unanimità dando mandato al sindaco di approfondire il caso.
A commentare le ultime novità è stato Francesco Fichera, consigliere d’opposizione ed esponente del Pd secondo il quale dietro il mancato raggiungimento del numero legale potrebbe esserci stata l’esplicita volontà di non arrivare a una votazione: “L’amministrazione acese, con il proprio consulente legale, unitamente ad altre amministrazioni comunali (Catania in testa) – ha scritto Fichera in un post pubblicato su Facebook – ha elaborato un articolato emendamento alla convenzione che recepiva tutti i contenuti della mozione.
Emendamento da discutere ed approvare nel corso dell’assemblea dell’Ati dello scorso 28 dicembre. Pur presenti all’assemblea sia Acireale che Catania oltre ad un’altra quindicina di comuni, a causa dell’assenza (giustificata?) di diversi altri sindaci non è stato raggiunto il numero legale minimo per la validità della riunione. Ed ecco il colpo di mano”.
Da parte di Fichera critiche anche a Mancuso, che avrebbe “contrastato qualunque ipotesi di modifica della convenzione”, ma soprattutto il convincimento che se si fosse arrivati al voto la convenzione non sarebbe stata approvata: “Il commissariamento disposto proprio quando l’assemblea (verosimilmente in maggioranza) era pronta a votare ed approvare un testo di convenzione di affidamento al gestore unico diverso da quello voluto dal presidente dell’Ati – ha attaccato Fichera –. I sindaci, veri rappresentanti dei territori, privati della possibilità di discutere e richiedere modifiche”.