Ambiente

Decreto clima, un pannicello caldo che non servirà alla Sicilia

PALERMO – Il New Deal richiama alla mente qualcosa di epocale – del resto è un termine che riassume il nuovo corso impresso alla politica economica americana da Franklin Delano Roosevelt dopo la grande crisi del 1929 – pertanto può sembrare stonato se accostato al decreto clima del governo Conte 2 che è stato approvato dal Consiglio dei Ministri nei giorni scorsi. E non tanto per la buona volontà di alcune misure intraprese, ma per l’effettiva incisività che potrebbero poi concretamente avere su alcuno settori strategici ambientali, soprattutto in Sicilia.

CONFRONTI IMPIETOSI
Quello che fonti governative hanno pomposamente definito Green New Deal deriva dalle “Misure urgenti per il rispetto degli obblighi previsti dalla direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria e proroga del termine di cui all’articolo 48, commi 11 e 13, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 89 (decreto-legge)”, cioè il cosiddetto decreto legge Clima. Il ministro Costa ha spiegato che per il primo passo di questo importante provvedimento ci sono 450 milioni di euro.

Si tratta appunto di un primo passo, ma sembra più un passetto rispetto alla corsa impressa da una Germania che ha stanziato, per la protezione del clima, come da piano approvato lo scorso 20 settembre, circa 54 miliardi di euro.

LE NORME NAZIONALI
Tra le nuove misure, secondo quanto si legge sul sito ufficiale del Governo italiano, si prevede un “buono mobilità” destinato ai “cittadini che risiedono in comuni che superano i limiti di emissioni inquinanti indicati dalla normativa europea sulla qualità dell’aria”. Questo ticket consiste in “un contributo di 500 o 1.500 euro per chi rottama rispettivamente un motociclo o un’auto fino alla classe euro 3 entro il 31 dicembre 2021 e potrà essere usato per acquistare abbonamenti di trasporto pubblico locale o biciclette anche a pedalata assistita”.

Un incentivo che probabilmente potrà fare piacere a un cittadino di Milano, dove i trasporti pubblici funzionano veramente, ma che di sicuro coinvolgerà molti meno abitanti al Sud, dove mancano, appunto, le basi: un tpl efficiente e radicato, con mezzi nuovi e puntuali. A Catania, per esempio, potrebbe essere usato per la metropolitana: infrastruttura certamente in crescita e sempre più apprezzata dalla popolazione, ma che ancora lascia fuori zone troppo ampie del tessuto urbano. Non parliamo poi del treno, che come sanno i pendolari dell’Isola ha tempi di percorrenza da Terzo mondo, su mezzi tra l’altro vecchi e inquinanti. Altro che rispetto dell’ambiente.

Nel decreto, ancora, è previsto anche un “fondo per finanziare progetti di creazione, prolungamento, ammodernamento di corsie preferenziali di trasporto pubblico locale” (misura questa sì utile che potrebbe aiutare alcune città come il già citato capoluogo etneo che sta investendo nel Brt) e uno “stanziamento per i comuni con particolari livelli di inquinamento che realizzano o implementano il trasporto scolastico dei bambini della scuola dell’infanzia statale e comunale attraverso mezzi di trasporto ibridi elettrici o non inferiori a euro 6, immatricolati per la prima volta dopo il 31 agosto 2019”.

Ci saranno risorse anche per un programma sperimentale di riforestazione (circa 30 milioni, un’inezia se si legge l’ultimo rapporto del Wwf sulla biodiversità urbana che denuncia gravi carenze di verde, specie nelle città del Sud) e un fondo per “finanziare gli esercenti che, al fine di ridurre la produzione di rifiuti, attrezzano spazi dedicati alla vendita di prodotti sfusi o alla spina, alimentari e detergenti”.

ARIA: LA SICILIA NEL MIRINO DELL’UE
Permangono i dubbi sull’effettiva resa di queste misure in rapporto alle criticità isolane sulla qualità dell’aria. In particolare, bisogna ricordare che la Sicilia rientra in due procedure di infrazione relative alla violazione della direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria ambiente e in particolare per il superamento dei valori del limite di PM10 (2014-2147) e sull’obbligo di rispettare i livelli di biossido di azoto (2015-2043).

Rosario Battiato
Antonio Leo

Greenpeace: “Inciderà poco sull’emergenza climatica”

ROMA – “Quello varato dal Consiglio dei ministri sostanzialmente non è un decreto sul clima – commenta il direttore esecutivo di Greenpeace Italia, Giuseppe Onufrio – dato che inciderà davvero molto poco sulla lotta all’emergenza climatica in corso, per cui occorrerebbero provvedimenti ben più radicali. A partire da una seria svolta pro-rinnovabili e da una drastica rimodulazione dei sussidi ai combustibili fossili, la cui entità sarà chiara solo quando saranno noti i termini della legge di bilancio. Facciamo inoltre notare al governo che l’Italia non è all’avanguardia in fatto di contrasto ai cambiamenti climatici, come affermato nelle ultime ore da importanti esponenti di maggioranza come Luigi Di Maio. Le emissioni del settore energetico nazionale sono infatti in ripresa, a causa della frenata data alle rinnovabili dai diversi esecutivi in carica in questi anni, dal governo Monti in poi”.

Per Greenpeace, se il ministro Costa volesse davvero porre in essere azioni d’avanguardia dovrebbe seguire, ad esempio, quanto fatto nelle ultime ore dalla Svezia, che ha bloccato l’autorizzazione di un nuovo terminale Göteborg per il gas naturale liquefatto (GNL) – finanziato dalla Ue – sulla base di considerazioni climatiche.