Sicilia

Siccità in Sicilia, l’acqua che c’è ma va sprecata: il paradosso dei Nebrodi

Se la Sicilia fosse una Regione in grado di soddisfare il generale fabbisogno idrico della popolazione, di certo non si sarebbe vissuta l’ultima estate con i rubinetti a secco in pressoché tutte le nove province. Nel corso degli ultimi mesi Legambiente ha a più riprese evidenziato come lo spreco dalle condotte dell’Isola continui a toccare vette del 75%.

Nel frattempo la Regione è impegnata ancora ad analizzare costi e benefici dall’estrazione dai monti iblei, non elimina il sedimento che ostruisce dighe e invasi, pensa ai dissalatori ed eroga milioni di fondi pubblici in via assistenziale al mondo dell’agricoltura. In questo quadro di città a secco finanche a ottobre, sui Nebrodi il paradosso dell’acqua che c’è ma non si utilizza continua a palesarsi.

Nonostante l’abbondanza di sorgenti naturali, gli abitanti di alcune aree più interne dei Nebrodi devono fare i conti con una distribuzione dell’acqua irregolare e insufficiente. Tra questi, emblematico è il caso del Comune di Cesarò, un piccolo borgo di duemila anime incastonato tra le montagne al confine tra le province di Messina, Enna e Catania.

Qui sono presenti le sorgive del monte Soro (1.847 m s.l.m.), situato tra i comuni di San Fratello, Acquedolci e Cesarò. Di fatto, si tratta della cima più alta dei monti Nebrodi e di tutta la città metropolitana di Messina. Quelle sorgive rappresentano il cuore di un paradosso che si protrae da anni, con conseguenze divenute importanti a causa della crisi idrica per la popolazione locale.

Le sorgenti dimenticate di Cesarò

A Cesarò l’acqua scorre in abbondanza dai piedi del monte Soro, ma invece di rappresentare una risorsa accessibile per gli abitanti, questa preziosa riserva idrica si disperde nel nulla. Gli abitanti ricevono l’acqua soltanto una volta alla settimana, un fatto sconcertante in una zona dove l’acqua è abbondante e, come spesso avviene a queste latitudini, mal gestita.

Le sorgenti, infatti, non sono convogliate in una rete di distribuzione adeguata. Il progetto di costruzione di una condotta per il trasporto dell’acqua, finanziato con 2,5 milioni di euro già nel 2022, attende ancora di essere realizzato. Nel frattempo, i costi sono saliti vertiginosamente, con un aggiornamento al prezziario regionale che ha portato il quadro economico a 4 milioni di euro. Uno stallo burocratico e amministrativo che non sembra attirare l’attenzione della Regione.

Un territorio in crisi: agricoltura e comunità a rischio

La questione dell’acqua a Cesarò e in tutto il comprensorio dei Nebrodi non riguarda solo la vita quotidiana dei cittadini, ma colpisce duramente anche l’agricoltura, settore cruciale per l’economia locale. La mancanza di una rete di distribuzione efficace penalizza fortemente l’irrigazione dei campi, mettendo a rischio coltivazioni e allevamenti.

Mentre l’acqua che potrebbe salvare queste comunità si disperde inutilmente, si continua a scavare pozzi nel tentativo di trovare nuove fonti idriche, come nel caso di Taormina, o si ricorre all’utilizzo di quelli privati per immettere in rete flussi talmente esigui da non riuscire a rispondere alle esigenze di una città da oltre 220 mila abitanti come Messina. 

Secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), il consumo idrico in Sicilia si attesta intorno ai 684 milioni di metri cubi l’anno, ma la media di spreco di questa risorsa è del 40%. Nella sola Messina, il dato tocca quota 55%. Nelle aree più interne della Sicilia dove c’è più fame d’acqua, soprattutto nel nisseno, le perdite arrivano al 75%. 

Il prezzo del ritardo

Il confronto avvenuto recentemente presso l’Assessorato all’Energia e ai Servizi di Pubblica Utilità ha visto la sindaca di Cesarò, Katia Ceraldi, ribadire la necessità di un intervento rapido. La realizzazione della condotta è essenziale non solo per evitare la dispersione dell’acqua, ma per garantire la sopravvivenza stessa della comunità locale.

Il Comune – nonostante nel suo sottosuolo abbia acqua in abbondanza – è costretto ad approvvigionarsi per risalita dai pozzi di Maniace, gestiti in passato dal carrozzone EAS (Ente Acquedotti Siciliani). L’approvvigionamento idrico è però spesso limitato da problemi infrastrutturali e alti costi di pompaggio, dato che l’acqua deve essere sollevata per risalita, un processo energeticamente dispendioso.

Se il progetto della condotta fosse stato portato a termine nei tempi previsti, oggi Cesarò avrebbe una risorsa d’acqua stabile e sicura, alleviando i disagi della popolazione e contribuendo allo sviluppo economico del territorio. 

Il paradosso di Cesarò è solo una delle tante storie di spreco idrico in Sicilia, ma è un esempio lampante di come una risorsa naturale disponibile in abbondanza possa diventare inutilizzabile a causa di inefficienze strutturali e burocratiche. Mentre i cittadini attendono una soluzione, l’acqua continua a scorrere inutilmente, in una regione che anche nel mese di settembre ha fatto registrare temperature al di sopra della media e con dighe e invasi che restano ben al di sotto della loro capacità.

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