“Le piogge di fine settembre e dei primi di ottobre rappresentano una medaglia a due facce. Da un lato in alcuni territori abbiamo avuto una discreta quantità di acqua caduta, dai 50 fino ai 140 millimetri, in zone di terreni a seminativo, ma anche in alcune colture che ancora devono essere raccolte. Queste le parole con le quali il presidente regionale della Confederazione Italiana Agricoltori, Graziano Scardino, intervenuto al QdS.it, spiega quali sono stati gli effetti delle ultime piogge che si sono abbattute tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre in Sicilia. I siciliani in generale, ma in particolar modo gli esperti, speravano molto in queste piogge, soprattutto dopo un’annata nella quale la siccità è stata devastante.
“Ci sono stati sull’Etna e sui Nebrodi – aggiunge Scardino – dei fenomeni alluvionali, con fanghiglie sulle strade. Si è registrato un problema nella zona del Nisseno e in quella dell’Agrigentino, nelle quali alcuni tunnel sono stati spazzati via da quest’acqua che scendeva in maniera torrenziale. Ma i Comuni tra la parte sud delle province di Catania ed Enna, i più siccitosi nei primi sei mesi dell’anno, continuano a non vedere piogge”.
Questi eventi piovosi hanno dato i loro buoni effetti per la maggior parte delle aree dell’Isola, eccettuate appunto le zone meridionali delle province di Catania e di Enna. In queste aree continuano a esserci difficoltà, in quanto “si deve ancora decidere – prosegue Scardino – quando, come e cosa seminare. In queste zone la siccità permane, perché a Riesi, nel Nisseno, in cinque ore notturne sono caduti 140 millimetri di acqua e alcuni piccoli invasi aziendali si sono riempiti. Nella zona delle Madonie o a Vizzini si sta procedendo molto timidamente alla semina delle foraggiere. Una Sicilia che va a diverse velocità quindi”.
Permane sempre la questione invasi, perché non si registrano miglioramenti per nessuna delle destinazioni. Buone notizie invece sotto il profilo della produzione. “Non è cambiato niente – continua Scardino – né per l’uso civile né per quello agricolo. La diga di Ancipa è rimasta semivuota, la Nicoletti è vuota, così come la Pozzillo, la Don Sturzo e la Ogliastro. A oggi acqua per le dighe non ne è caduta. Abbiamo anticipato la raccolta del vino, con perdite tra il 30 e il 40%, ma con un prodotto di ottima qualità, e la raccolta delle olive, con diminuzione di quantità, ma con ottime performance per la qualità. E aspettiamo l’inizio della campagna agrumicola, che io vedo di buon occhio perché con queste piogge il frutto tenderà a ingrossare un pochino e la migliore qualità deriva sicuramente dai fenomeni di queste ultime settimane”.
I problemi però, come già accennato, rimangono sempre in vita per le dighe, oltre che per le serre dell’Agrigentino, che hanno subìto diversi danni.
“Per le dighe all’assessore regionale Salvatore Barbagallo – afferma Scardino – abbiamo chiesto tutti i lavori di manutenzione possibili per fare in modo che quando avviene il riempimento l’acqua non venga buttata a mare. Quando è venuto alla diga Nicoletti gli abbiamo esposto i nostri principi di salvaguardia delle acque e delle dighe. Per la prossima campagna irrigua dobbiamo avere lavori di manutenzione per avere dighe e adduttori irrigui più efficienti. Ci sono 10 milioni di euro e devono essere spesi con delle priorità in diverse parti della Sicilia”.
“Sui tunnel della zona di Licata – conclude – si deve fare una ricognizione per vedere il danno, e esso supera il 35% su base provinciale chiederemo di attivare le norme nazionali perché c’erano delle colture ortive al loro interno. La Sicilia ci ha abituato in questi ultimi due anni che le cose vanno bene a macchia di leopardo. Ci chiediamo se c’è un motivo geografico, climatico e orografico per cui in alcune zone non sta piovendo più. Qualcuno deve ragionare su queste cose e noi stiamo organizzando delle assemblee per capire cosa stia succedendo”.
Il presidente regionale di Confagricoltura, Rosario Marchese Ragona sottolinea l’importanza delle ultime piogge, ma anche quello che si sarebbe potuto fare, quantomeno per limitare i danni.
“L’acqua è stata provvidenziale – afferma Marchese Ragona -, era necessaria e ci lamentavamo che da un anno e mezzo non pioveva. E’ stata un’acqua violenta, però se ci fossero state le manutenzioni negli alvei dei fiumi, come nel Salso, probabilmente i danni si sarebbero limitati. Ci sono 20 dighe non collaudate e bastano 48 ore di pioggia per mettere in ginocchio aree soggette ad allagamenti”.
“Dobbiamo abituarci ai cambiamenti climatici e difenderci dai loro effetti – aggiunge -. Ho fatto due sopralluoghi sulla Piana di Licata e ci sono diversi agricoltori che hanno subìto danni in un momento in cui avevano produzioni, come peperoni e zucchine, pronte per essere raccolte con prezzi buoni. Se la diga di Gibbesi funzionava questi danni si evitavano. Per le colture arboree l’acqua ci voleva, ma è stata un po’ troppo violenta. La viabilità rurale è compromessa, ci sono fanghiglie sulle strade e nella mia campagna ci siamo dovuti adoperare noi”.
“Gli agrumi – termina Marchese Ragona – avevano avuto danni forti per la siccità e queste piogge hanno rinvigorito le piante e speriamo che migliorino anche nella pezzatura, perché non si potevano nemmeno commerciare. Abbiamo segnalato il tutto diverso tempo fa e bisogna capire cosa fare. A Licata è venuto l’assessore Barbagallo, che ha mostrato il suo impegno”.