PALERMO – Il costo della vita si fa sempre più alto per le famiglie siciliane: 1.323 euro in più, in un anno, per una famiglia media composta da tre persone, mentre sale a 1.820 euro per una famiglia di quattro persone. L’inflazione annua, per il mese di febbraio, si è attestata al 6,8%, ben un punto percentuale in più rispetto alla media italiana, che si ferma al 5,5%.
La Sicilia, con questi numeri, si pone al vertice della classifica delle regioni: dopo l’Isola, il Trentino Alto Adige, al 6,5%, la Liguria al 6,4% e la Puglia al 6,2%.
Se si guarda alle singole città, poi si registrano situazioni veramente al limite: Catania si pone all’undicesimo posto della classifica delle città più costose nella penisola, ma risale al primo posto per la crescita dell’inflazione in termini percentuali, al 7,4%, con una spesa aggiuntiva di 1.566 euro in un anno per una famiglia media.
Palermo si pone poco sotto, al 28esimo posto, con il 6,9% di inflazione e 1.460 euro di spesa in più. Stessa percentuale ma cifra un po’ più ridotta per Messina, al 40esimo posto, con una spesa aggiuntiva di 1.357 euro. A Trapani la percentuale scende ulteriormente, ma si mantiene comunque al di sopra della media nazionale: si parla del 6,6% e di una spesa aggiuntiva di 1.298 euro.
A Siracusa si scende ulteriormente al 6,3%, al 64esimo posto della classifica delle città più costose d’Italia, con una spesa di 1.239 euro.
I dati raccolti dall’Istat e diffusi negli scorsi giorni sono stati elaborati dall’Unione Nazionale Consumatori, che ha stilato la classifica delle città e delle regioni più care d’Italia, in termini di aumento del costo della vita. In testa alla classifica delle città più care d’Italia, Bolzano, dove l’inflazione tendenziale di febbraio pari a +6,8%, quasi un punto percentuale in meno rispetto a Catania, e si traduce nella maggior spesa aggiuntiva annua equivalente, in media, a 2.163 euro, ma che svetta a 3.052 euro per una famiglia di 4 componenti.
Al secondo posto, Piacenza dove il rialzo dei prezzi del 7% determina un incremento di spesa pari a 1.870 euro per una famiglia media, 2.617 euro per una di 4 persone, al terzo posto Forlì-Cesena, dove il +6,7% genera una spesa supplementare pari, rispettivamente, a 1.789 euro per una famiglia tipo e a 2.505 euro annui per una di 4 componenti.
L’inflazione più bassa d’Italia, invece, è a Cremona (+4,6%, +1.265 euro), seguita a ruota da Como (+4,7%, +1.292 euro). La città che, in termini assoluti di spesa aggiuntiva più bassa, è Macerata, dove in media si spendono 1.036 euro in più (+4,8%), seguita da Potenza dove l’inflazione pari a +5,4% determina un esborso addizionale di 1.097 euro, mentre al terzo posto si colloca Campobasso (+5,6%, +1.117 euro).
Se si guarda alle regioni, quelle con più rincari in termini assoluti è il Trentino Alto Adige, che registra a famiglia un aggravio medio pari a 1.761 euro su base annua, e che vince la classifica con 2523 euro per una famiglia di 4 persone. Segue la Valle d’Aosta, dove la crescita dei prezzi del 5,9% implica un’impennata del costo della vita pari in media a 1.500 euro e a 2.478 euro per una famiglia di 4 componenti. Al terzo posto la Liguria, +6,4%, con un rincaro annuo di 1.435 e 2.368 euro. Le regioni più convenienti, anche se in risalita, sono la Sardegna (+6,1%, +1.204 euro in media) e la Campania (+5,8%, +1.162 euro).
“Gli italiani – ha detto Massimiliano Dona, presidente dell’Unc – si stanno pesantemente impoverendo e questo avrà effetti nefasti sui consumi e sulla ripresa economica del Paese. Per questo è importante che il Governo oggi intervenga con misure serie per calmierare i prezzi”.