CATANIA – Ventimila imprese italiane commerciano tramite la rete, è la realtà che emerge dai dati InfoCamere e Unioncamere sulla base del registro delle imprese delle Camere di commercio pubblicati per l’anno 2018. è un dato in crescita se si considera il lungo periodo 2008-2018, arco di tempo in cui è stato registrato un aumento delle imprese che si “affidano” ad internet per incrementare il commercio al dettaglio. L’aumento è di 14 mila unità.
I numeri italiani sono chiari. La “top three” nazionale vede la Lombardia in testa alla classifica delle imprese presenti in rete, sono quasi 4 mila, segue la Campania con oltre 2.500 imprese e il Lazio con 2.200. Solo allargando il range alle prime dieci regioni d’Italia entra in gioco la Sicilia, nona nella classifica grazie a 1.235 aziende presenti su internet.
Considerato il dato da primato della Campania (le già citate 2.500 imprese), la Sicilia nel Mezzogiorno segue il passo della Puglia (1.263 imprese) e triplica il dato della Calabria (480 imprese). Queste le stime in valori assoluti, ma di fronte le variazioni in percentuali di media nel lungo periodo queste stesse regioni sono capaci di mostrare una crescita esponenziale negli ultimi dieci anni: Calabria +38 per cento, Campania e Abruzzo +37 per cento, Puglia +34 per cento, Sicilia +26 per cento e Lombardia +24 per cento.
La Sicilia, dunque, è anch’essa volano della crescita del commercio a dettaglio online ma non è traino per la crescita del comparto. La realtà è tale nonostante, proprio lo scorso anno, la regione sia riuscita a trovare spazio nella piattaforma “Made in Italy” di Amazon. Mercato virtuale dove le eccellenze italiane di cibo, artigianato e arredamento avevano trovato di diritto uno posto in vetrina.
La Sicilia ha fatto ingresso nel progetto, salutato con ottimismo dall’assessore alle Attività Produttive Girolamo Turano, ma stando ai dati della piattaforma stessa, gli artigiani siciliani hanno rappresentato solo il 6 per cento di tutta la categoria. La partecipazione è stata dunque scarsa, ma ad onore del vero non è facilissimo proporre il proprio prodotto artigianale nel sistema Amazon, così come dimostrano i dibattiti sui forum nei tanti gruppi venditori attivi su Facebook.
Vendere usufruendo dei marketplace online non è effettivamente una passeggiata. Le percentuali sul guadagno richieste dalle grandi piattaforme, la necessità di competere con venditori che riescono a proporre merce a costi stracciati, non sempre fa si che il gioco valga la candela.
Negli anni scorsi Confcommercio e Fipe Sicilia espose chiaramente le proprie posizioni a riguardo: “Non possiamo più tollerare le situazioni di abusivismo e di non rispetto delle regole, soprattutto chiediamo che si intervenga per tutelare la produzione manifatturiera, artigianale ed inoltre garantire la salute dei cittadini e rispetto nei confronti di tutti gli imprenditori che pagano le tasse e si attengono alle leggi. Oggi più che mai, in termini di lotta alla contraffazione, alla sicurezza degli alimenti, e quindi disponibilità per i cittadini di cibo sicuro, il fenomeno della vendita on line in maniera abusiva al di fuori delle regolari linee di distribuzione, senza nessuna sicurezza, rappresenta un pericolo per il commercio e la somministrazione”.
Non solo dal lato venditori, ma anche dal lato consumatori sorgono spesso riluttanze e la necessità di saper riconoscere una piattaforma e un venditore affidabile. “Abbiamo fatto uno studio sui principali portali di commercio attualmente esistenti chiedendoci quali opzioni siano da scegliere per riconoscere un acquisto sicuro – ha dichiarato Marco Romano, docente ordinario di Economia e Gestione delle Imprese -. Da Amazon ad Alibaba c’è un range di operatori che offrono moltissime opzioni, ma è la gestione del reso a fare la differenza. La facilità nel ricevere la merce deve essere bilanciata da policy per la restituzione, in qualsiasi caso, che diano delle garanzie vere a chi acquista”.