PALERMO – Una crisi sempre più profonda avvolge l’economia siciliana e, a causa del Covid-19, sembra stringere sempre più forte nella sua morsa l’intera popolazione, e in particolare i giovani isolani. Si parla dei cosiddetti neet, un termine asettico che indica i giovani tra i 15 e i 29 che non studiano e non lavorano. Una categoria sociologica, che nella realtà mostra la tragedia di una generazione che si ritrova senza lavoro e senza futuro, appoggiati ad una famiglia che trova sempre più difficoltà nel sostenerli. E la situazione non è migliore per i giovani laureati, che si ritrovano da un anno nel limbo, in attesa che il mondo del lavoro si sblocchi.
I dati Istat del terzo trimestre del 2020 raccontano una situazione tragica, ancora di più se messi a confronti con il II trimestre di per sè già nero: ancora in piena pandemia, con il Covid fuori controllo, ci sono 8 mila posti di lavoro persi. I posti di lavoro si sono persi in agricoltura, nel settore alberghiero, nella ristorazione e nei servizi.
Il tasso di occupazione, che quantifica l’incidenza di chi lavora sul totale della popolazione residente, è al 41,5% con la disoccupazione invece che si assesta al 19% e quella femminile ancora più grave al 22,7%. Gli inattivi sono 1.556.000 di cui il 65% donne, 466 mila sono i Neet tra i quali oltre il 35% nella fascia tra i 15 e i 34 anni. “Ciò significa – commentano in un comunicato i sindacati della Cgil, Cisl e Uil – che quasi il 40% della popolazione siciliana è fuori dal circuito produttivo”.
Una condizione che deve essere in qualunque modo contrastata, come era stato già certificato nella prefazione al NaDefr (Documento di economia e finanza regionale) 2021-2023 dell’assessore regionale all’Economia, Gaetano Armao. “C’è un’emergenza lavoro cui occorre fare fronte – si legge nel documento –. I dati evidenziano infatti che da febbraio 2020 nel Paese il livello di occupazione è diminuito di oltre mezzo milione di unità e le persone in cerca di lavoro di quasi 400 mila, a fronte di un aumento degli inattivi di quasi 900 mila unità. L’effetto sui tassi di occupazione e disoccupazione è la diminuzione di oltre un punto percentuale in tre mesi”. Una posizione di critica, quindi, per le scelte finora fatte, che non hanno avuto la giusta attenzione per le singole realtà, che, come la Sicilia, già pativano una condizione di estremo disagio economico.
Ne ha parlato Salvatore Gangi, presidente del comitato regionale Piccola Industria di Confindustria in Sicilia: “Sembra che scientificamente i ‘grandi decisori’, nazionali e regionali, si stiano mettendo di impegno per far perdere ogni possibile occasione di crescita alla Sicilia. Nella confusione mediatica che regna sull’argomento – ha detto ancora Gangi – pare emergere solo la notizia che per l’Isola nel Recovery Fund è previsto poco o nulla. Da tempo come Confindustria puntiamo il dito sulla sostanzialmente assoluta mancanza di programmazione che contraddistingue l’azione politica in Sicilia. Nessuno si sta affannando a smentirci. Il quadro complessivo è nero. I dati Istat del terzo trimestre parlano di 8 mila posti di lavoro persi e del 38% di siciliani senza occupazione. E uno strumento di potenziale immane impatto sociale, prima ancora che economico, come il Recovery Fund resta un libro dei sogni sul quale pare non si riesca a incidere. Il quadro complessivo è nero, dicevo, e la misura è davvero colma”.