PALERMO – Secondo il rettore dell’Università di Palermo, Massimo Midiri, per i laureati nel capoluogo siciliano va tutto a gonfie vele. “Quest’anno – ha detto Midiri – i dati del Rapporto Almalaurea relativi al nostro Ateneo mettono in evidenza una netta crescita del tasso di occupazione dei laureati UniPa sia ad un anno dal conseguimento del titolo (65,1%, nel 2021 era il 57,7%) sia a cinque anni (85,3% – nel 2021 era l’81,4)”. Un risultato eccellente, sembrerebbe, ma che dimentica di fare riferimento al dato più generale e nazionale, che vede Palermo ancora ben al di sotto dei dati medi nazionali.
Nonostante il deciso miglioramento dei dati registrato nell’ultimo anno, nel resto d’Italia sembra andare ancora meglio. Il tasso di occupazione ad un anno, in Sicilia, al 65,1%, è surclassato da un ben più alto 74,6% registrato nell’intero stivale. A cinque anni i numeri si riavvicinano, ma anche in questo caso i valori palermitani si mantengono sotto i valori nazionali: 85,3% contro l’88,5%.
Significativa è l’analisi relativa al lavoro part-time: a un anno dalla laurea nell’ateneo palermitano il 22,6% degli intervistati lavora a tempo ridotto, mentre in Italia il dato scende al 17,5%; lo scarto si mantiene anche a distanza di 5 anni: 11,7% contro l’8,2%. Non meno importante, la retribuzione mensile netta: se ad un anno i dati relativi all’università di Palermo raccontano di un guadagno addirittura leggermente superiore a quello medio nazionale (1.424 euro contro 1.407), a 5 anni la media nazionale recupera (1.524 euro ai laureati a Palermo contro 1.635 ai laureati in altri atenei). I dati vengono fuori dall’indagine sulla condizione occupazionale di Almalaurea, che ha riguardato complessivamente 14.337 laureati dell’università di Palermo.
Tra i laureati di secondo livello del 2020 intervistati a un anno dal conseguimento del titolo, parlando sempre del dato dell’ateneo palermitano, il tasso di occupazione è pari al 65,1% (66,8% tra i magistrali biennali e 63,2% tra i magistrali a ciclo unico). Il 13,2% prosegue il lavoro iniziato prima della laurea, il 9,2% ha invece cambiato lavoro; il 77,6% ha iniziato a lavorare solo dopo il conseguimento del titolo. Soltanto il 18,6% degli occupati può contare su un contratto alle dipendenze a tempo indeterminato mentre il 47,1% su un lavoro non standard; ancora, il 14,8% svolge un’attività autonoma.
A cinque anni, gli occupati assunti con contratto a tempo indeterminato sono il 44,4%, mentre gli occupati che svolgono un lavoro non standard sono il 28,8%; svolge un lavoro autonomo il 19,7%. La soddisfazione percepita è molto alta: il 77,3% degli occupati ritiene la laurea conseguita molto efficace o efficace per il lavoro svolto, mentre il 64,1% dichiara di utilizzare in misura elevata, nel proprio lavoro, le competenze acquisite all’università. Tale soddisfazione si accompagna ad una valutazione dell’esperienza universitaria molto positiva.
Lo sottolinea anche il rettore Midiri: “L’88,8% si dichiara complessivamente soddisfatto, l’86,2% premia il rapporto con i docenti e l’81,8% ritiene adeguato il carico di studio, segno di un ambiente sereno in cui viene fornita una preparazione di alto livello. In particolare – conclude Midiri – è in crescita la percentuale dei fruitori che ritiene adeguate le aule (pari al 74,7%, nel 2021 era il 72%, nel 2020 era il 68,7%, nel 2019 era il 65%) sottolineando la rilevanza della scelta di incrementare gli investimenti in strumentazione tecnologica per soddisfare le esigenze di innovazione di fruizione e di didattica, oltre a quelli di rinnovamento, sul modello dei campus anglosassoni, delle sedi UniPa”. In riferimento al settore scelto per inserirsi nel mondo del lavoro, il 60,2% dei laureati è inserito nel settore privato, mentre il 36,7% nel pubblico; il 3,0% lavora nel non-profit. L’ambito dei servizi assorbe l’85,6%, mentre l’industria accoglie il 13,5% degli occupati; 0,7% la quota di chi lavora nel settore dell’agricoltura.