PALERMO – Una nuova varietà di vitigno che va ad arricchire la già vasta scelta siciliana. L’assessorato regionale dell’agricoltura ha autorizzato la coltivazione della varietà di Cesanese Comune, “come idonea alla coltivazione per il territorio della Regione Siciliana”. La proposta di inserimento nell’elenco delle varietà idonee alla coltivazione nel territorio regionale di questa varietà è stata inoltrata dall’Istituto regionale del vino e dell’olio, lo scorso 21 dicembre.
Si tratta di un vitigno a bacca rossa italiana, coltivato principalmente nel Lazio. L’uva ha tre regioni a Denominazione di origine controllata ad essa dedicate: Cesanese di Affile Doc, Cesanese di Olevano Doc e Cesanese di Piglio Doc. Il risultato è un vino di colore rosso rubino intenso con riflessi violacei di buona intensità, con un aroma intensamente speziato, caratteristico del vitigno, con odori prevalentemente fruttati di ciliegia e bacche; il sapore è secco, nettamente amarognolo ma sufficientemente strutturato e persistente. Al gusto è stato penalizzato per l’eccessivo amaro, la cui percezione è stata evidenziata dall’elevata acidità. Si tratta di un vino destinato all’invecchiamento.
Un tempo il Cesanese era apprezzato un po’ ovunque nel Lazio ma soprattutto a Roma, come vino che veniva in genere abbinato alle crostate di frutta o ai dolci di pasta frolla con marmellata. Di recente ha cominciato ad apparire sulle tavole dei romani, e anche fuori dai confini regionali, come un gran bel vino rosso secco, fermo e di buona struttura. Si distinguono due biotipi principali di cesanese: quello comune, diffuso in varie località del Lazio, e quello di Affile, che invece ha una presenza limitata alla provincia di Roma e, in prevalenza, al comune omonimo.
Le origini del vitigno di Cesanese sono incerte. Numerosi documenti storici ne attestano la presenza nel Lazio e nella Campania a partire dall’800. Solo il Mengarani nel 1888 distingue il Cesanese comune dal Cesanese d’Affile. Il nome deriva molto probabilmente da Cesano, località vicino Roma. La pianta produce un grappolo medio, cilindro-conico, talvolta alato, compatto o semi compatto, con un acino di medie dimensioni, di forma ovale o sub ovale. La buccia è molto pruinosa, spessa e consistente, con epidermide di colore nero violacea. La pianta predilige terreni non troppo fertili e soleggiati; in zone poco esposte o a quote elevate presenta difficoltà di maturazione.
La produzione è abbondante e mediamente costante, predilige forme di allevamento di media espansione con potatura media o corta. Le norme che portano all’introduzione di un nuovo vitigno prendono spunto dallo schema di accordo del 25 luglio 2002 della conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e provincie autonome di Trento e Bolzano in materia di classificazione delle varietà di viti, che, al punto 2, prevede che la classificazione delle varietà di vite per uva da vino sia effettuata dalle regioni e provincie autonome per unità amministrativa o per zona di produzione.
Il decreto amministrativo numero 99108 dell’8 agosto 2003, individua come unità amministrativa di riferimento l’intero territorio regionale, e le varietà di vite per uve da vino già classificate come raccomandate, o autorizzate, o provvisoriamente autorizzate, ai sensi del decreto ministeriale dell’11 ottobre 1999 e successive modifiche ed integrazioni, su territorio di almeno una provincia siciliana, sono state assegnate alle varietà “idonee alla coltivazione”, ad eccezione di alcune varietà per le quali sono state individuate zone di produzione più ristrette nell’ambito del territorio regionale.