“La gustosa e salutare uva con i semi rischia di scomparire per sempre dalle nostre tavole”. L’allarme viene da Mazzarrone, piccolo comune dell’entroterra siciliano, noto in tutto il mondo come la “capitale dell’Uva da tavola IGP”.
A lanciarlo sono Salvatore Secolo, Michele Puglisi, Pietro Li Rosi, Giuseppe Virduzzo, Vincenzo Cummaudo e Giuseppe Pizzo, rispettivamente presidente, vice presidente e soci fondatori del Comitato per la tutela, la valorizzazione e la promozione dell’Uva da tavola con i semi, a difesa delle tradizioni.
Il Comitato, nato nel marzo di quest’anno, vuole evitare la scomparsa di un prodotto ricco di proprietà benefiche, ovvero l’uva da tavola con i semi, messa a rischio dalle moderne uve “seedless”, spesso trattate e geneticamente modificate.
Da qualche anno, infatti, gli scaffali dei supermercati sono letteralmente invasi da varietà di uva senza semi, talvolta nemmeno italiane e senza alcuna Identificazione Geografica Protetta, anche se ogni tanto vengono etichettate e commercializzate come IGP, generando confusione nel consumatore.
L’uva priva di semi è una moderna varietà che ha subìto delle mutazioni genetiche, anche naturali, ma, che, proprio a causa di queste mutazioni, richiede, per maturare, elevate somministrazioni di fitoregolatori o fitormoni, come le gibberelline e le citochinine.
Le ultime, abbandonate perché costose, hanno ormai lasciato il posto alla versione sintetica delle gibberelline, cioè all’acido gibberellico, che stimola la crescita cellulare e lo sviluppo del frutto.
Non esistono studi recenti sulla pericolosità dei fitormoni chimici, ormai abbondantemente usati su larga scala in agricoltura.
L’unico studio risale al lontano 1986, dove si legge che “l’uso dei fitoregolatori deve essere regolato dalla stessa cautela impiegata per gli altri prodotti più pericolosi perché altri rischi di danno, derivante da una esposizione minima ma prolungata a residui chimici, possono sussistere. Gli effetti possono essere di tipo cronico e eventualmente di mutagenicità e carcinogenicità”.
I fitoregolatori chimici sono definititi gli “anabolizzanti” delle piante: le fanno crescere molto velocemente e con frutti di grossa taglia.
L’uva da tavola senza semi è bella da vedere, con acini grossi e invitanti, tutti uguali, tutti con le stesse dimensioni. I consumatori la comprano perché attratti dal suo aspetto e dalla possibilità di non dover ingoiare o masticare i semi, ma nessuno conosce o può prevedere i rischi per la salute nel lungo o nel breve periodo.
“Sia chiaro – precisano i fondatori del Comitato – che ognuno è libero di scegliere cosa e come mangiare. Il nostro obiettivo è quello di promuovere l’uva con i semi, cioè un prodotto di qualità, per tutelare la salute dei consumatori”.
“Ci sembra giusto– proseguono ancora i membri del Comitato – far sapere che l’uva da tavola con i semi ha una qualità superiore rispetto a quella senza semi, in modo che la gente possa fare scelte alimentari consapevoli e rispettose della propria salute”.
Secondo alcuni studi internazionali pubblicati dalla statunitense National Library of Medicine, i semi dell’uva sono ricchi di flavonoidi e polifenoli (sostanze vegetali con proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e antitumorali).
Da esperimenti di laboratorio, condotti in vari Paesi del mondo, sono, inoltre, emersi risultati sorprendenti: i semi dell’uva contrastano l’invecchiamento cellulare (stress ossidativo) e l’infiammazione, due fattori che sono alla base delle cosiddette “malattie del benessere”.
Queste malattie sono spesso serie, croniche e invalidanti, e includono: cancro, diabete, problemi cardiovascolari, gastrointestinali e malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer. Insomma, l’uva con i semi previene la gran parte delle malattie causate dalla civiltà moderna, ma non solo…
Come racconta Salvatore Secolo, presidente del Comitato siciliano e responsabile della Uila (Unione Italiana Lavoratori Agricoli) di Mazzarrone, “l’uva da tavola con i semi, a differenza di quella senza semi, si presta alla coltivazione biologica, perché contiene naturalmente fitoregolatori, cioè le sostanze che fanno maturare il frutto”.
Non è così per l’uva senza semi, che invece ha bisogno di grandi quantità di ormoni chimici per crescere. E gli eccessi, purtroppo, possono essere pericolosi.
“Ben venga anche l’uva senza semi – interviene ancora Salvatore Secolo – se serve a soddisfare le richieste dei consumatori. È però molto importante dare loro la possibilità di scegliere. L’uva da tavola con i semi IGP è un prodotto siciliano, frutto di una lunga tradizione che privilegia la qualità e la salute dei consumatori.
Tutelarla è un dovere di tutti, anche delle istituzioni, che dovrebbero garantire un prezzo minimo a un’uva che è stata il fiore all’occhiello dell’economia siciliana. Invece, questo prezioso alimento rischia di sparire anche dalla politica agricola europea e dai piani di sviluppo rurale”.
“Noi del Comitato – concludono all’unisono i soci fondatori – non amiamo piangerci addosso, vogliamo semplicemente difendere un’agricoltura più sana e sostenibile. Riteniamo infatti che l’alimentazione del futuro si possa costruire solo tutelando la genuinità del passato”.
Rosalba Mancuso