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Dal lockdown alla zona arancione, cos’è cambiato in due giorni

Il futuro prossimo della Sicilia, fatto di restrizioni più o meno dure, potrebbe essere cambiato nel giro di 48 ore.

Giovedì il presidente della Regione Nello Musumeci in conferenza stampa evocava senza mezzi termini la possibilità di lockdown e restrizioni ancora più severe per i siciliani.

Sabato invece, dopo l’incontro coi prefetti, parlava della settimana che inizia domani come “quella decisiva per uscire dalla zona rossa”.

Con la speranza, dal primo febbraio, di entrare in zona arancione, dunque. Magari un pò più severa, come avvenuto nelle settimane scorse, ma sempre arancione.

Un cambio di prospettiva, dopo un febbraio che fino a poche ore prima si temeva potesse essere diverso. Ma cos’è cambiato in questi due giorni?

I DATI

Musumeci ha detto nell’incontro con i prefetti che i prossimi giorni saranno decisivi (continuando a martellare sul concetto di “più controlli”) perchè la curva del contagio pare, se non in discesa, più stabile di prima, con una stabilità appesa sempre ai comportamenti dei cittadini.

Giovedì, il giorno del “così rischiamo di chiudere tutto”, i casi erano 1230, con 1657 persone in ospedale (221 in terapia intensiva) e 28 morti. L’ultimo bollettino, quello di ieri, recita 1158 nuovi contagi, con 1667 ricoverati (223 in intensiva) e 32 morti.

Dunque, come detto, si vede una certa stabilità e non c’è più la salita vertiginosa che aveva accompagnato l’inizio di gennaio, ma non si può ancora parlare di discesa.

Probabilmente, come ha spiegato l’assessore alla Salute Ruggero Razza, nonostante il Cts abbia consigliato “almeno tre settimane di zona rossa”, ci sono stati dei segni confortanti da parte degli ospedali, che sembrano reggere bene all’impatto della terza ondata. I ricoveri aumentano, ma fortunatamente pare non al ritmo temuto.

Dunque, quello che trapela, è una situazione di sostanziale stabilità, con un trend verso il positivo. E probabilmente è proprio questo fattore ad indurre, al netto dei comportamenti individuali, un ottimismo verso l’uscita dalla zona rossa.

L’attesa è più per i numeri futuri, ragionevolmente auspicati e auspicabili: saranno quelli a decidere, più che un rallentamento nel giro di 48 ore.

LE RICHIESTE

Ieri pomeriggio, evento rarissimo, Lega e Pd si sono trovate concordi nel chiedere al Governatore il ritorno in zona arancione. Razza ha aperto, rispondendo al segretario leghista Minardo, ribadendo comunque che “la zona rossa è stata una giusta scelta, come dimostrano i dati”.

Musumeci ha ricordato ieri che un’epidemia “non si gestisce con il consenso popolare”, e durante questi mesi ha dimostrato che (almeno per lui) è vero, ma sa che un Governatore non può rimanere sempre sordo alle richieste che arrivano persino dai suoi alleati (Lega) e da più categorie, in primis la Confcommercio, che parla ormai di negozianti ridotti allo stremo. E non solo loro.

I CONTROLLI

Un peso potrebbe anche averlo avuto il fatto che la Sicilia sia rimasta di fatto (insieme alla provincia di Bolzano) l’unica Regione in zona rossa, dopo il ritorno della Lombardia in arancione per la nota vicenda dell’errore dei dati, e visto che la zona rossa, in fondo, era stata voluta da Musumeci (anche se, come ha detto Razza, è stata una decisione anticipata), una volta ottenuti dei risultati, si può anche concedere di allentare qualcosa.

Anche perchè, questo è da dire chiaro e forte, non è che oramai le differenze tra le varie zone siano così marcate. Soprattutto tra un arancione rinforzato e il rosso.

Non c’è più la paura che accompagnava la gente tra marzo e aprile, non c’è più nemmeno quello spirito e soprattutto è impossibile tornare a quel tipo di lockdown duro e puro.

Tutti se ne rendono conto, Musumeci in primis, ed è per questo che il Governatore se ne rende conto e chiede più controlli ai prefetti.

Ma, come ha ricordato ieri il Questore di Palermo, non si può pretendere una pattuglia in ogni strada, e qualcosa è inevitabile che possa sfuggire. E anche i richiami alla responsabilità individuale, purtroppo, sembrano fare ormai poca presa. In Sicilia come nel resto d’Italia e non solo.