Le sue poesie arrivano dritte al cuore, come un fulmine che termina la sua corsa nell’anima di chi legge. Maria Concetta Borgese, siciliana doc, è stata proposta, con la silloge Luci e ombre, al premio Strega Poesia 2024. Nata a San Pier Niceto, comune del messinese, la Borgese è Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Premiata in numerosi concorsi di poesia, è inoltre accademico emerito dell’Accademia “Ruggero II di Sicilia” e a lei è stato conferito l’Oscar per la letteratura e la carriera 2023.
Luci e ombre, il titolo della silloge, rende a pieno l’idea degli interrogativi che, scorrendo le pagine, suscita nel lettore. L’opera è suddivisa in quattro parti (Bolle di sapone, Sassi bagnati, Anima nuda, Nirvana), ognuna delle quali risulta avere una sua particolare intensità, dando l’idea di una poetessa completa e capace di mostrare la maturità raggiunta. Dai versi si percepisce quel gusto mediterraneo che ben si addice alla personalità dell’autrice.
I colori, i suoni, le immagini che trasmette, sono parte integrante della terra nella quale è nata e cresciuta, l’amata Sicilia. Lo dimostra a pieno l’amore per il mare a cui ha dedicato parte dei suoi componimenti. Ed è così che, leggendo le poesie che compongono la silloge, si intuisce immediatamente il percorso proposto dalla Borgese. Si alternano soffi di zefiro a mareggiate personali, crepuscoli pieni di nostalgia a luci che si spengono. Il rapporto con il mare è quello che colpisce particolarmente. Non tanto per sua genesi, la Borgese, da siciliana doc, ne è a stretto contatto, ma per l’uso che ne fa. Il mare come elemento che, nel solco dell’infinito leopardiano, riesce a contenere e poi svelare i mille aspetti della nostra esistenza. Il mare come elemento per riflettere, per trarre un bilancio della propria vita, per abbandonarsi e poi, come è nello spirito delle poesie della Borgese, rinascere. Nei suoi versi c’è una particolare forma di pessimismo che non si limita alla sua affermazione ma che è la base per la ripartenza. L’incognito resta l’orizzonte al quale la poetessa guarda, direbbe Croce, con animo perturbato e commosso, ma mai indomito, perché alla fine la ragion pura riesce comunque a prevalere.