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Sindaci e amministratori siciliani domani in marcia su Roma

Sindaci e amministratori siciliani, domani 3 novembre, marceranno su Roma. Diversi sono in viaggio, con mezzi propri.

Il “primo cittadino” di Sicilia, Leoluca Orlando, insieme al segretario generale di Anci Sicilia, Emanuele Alvano, guideranno la rivolta pacifica.

Appuntamento dalle ore 10 in piazza San Silvestro, un’area denominata “dimora di Paolo”, a poca distanza dalla residenza istituzionale di un altro reggente, il presidente Draghi.

Le rivendicazioni dei sindaci sono ricorrenti, negli anni le questioni sono state sempre le stesse, è mancata solo la pantomima del lancio della monetina nella vicina Fontana di Trevi, come a sottolineare (rassegnazione?) che “ritorneremo presto alla corte della politica romana” e con l’immancabile cappello in mano.

Magari questa volta Orlando ha coniato una Tarì con la sua effige, al termine della manifestazione tutti si metteranno alle spalle la Fontana di Trevi e con il lancio della moneta, solo per questo, agli amministratori siciliani verrà risparmiato l’ennesimo viaggio della speranza.

Anche quello di domani è classificato come tale. Le questioni, incancrenite e trasformatesi in emergenze, sono tante, due quelle vitali per garantire il funzionamento della macchina amministrativa degli Enti Locali.

Finanziarie e organizzative. La rivendicazione dell’Anci Sicilia, sulla prima, si limita all’abbattimento del 50% degli accantonamenti del Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità (FCDE).

L’articolo 46 del Dlg 118 è lapidario: “…Una quota del risultato di amministrazione è accantonata al FCDE…”. Tuttavia, l’articolo 79 del “118”, in merito alle Regioni a Statuto Speciale, è altrettanto chiaro, ovvero: “La decorrenza e le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché nei confronti degli enti locali ubicati nelle medesime Regioni speciali e province autonome, sono stabilite, in conformità con i relativi statuti, con le procedure previste dall’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42”.

Tutto è rimandato alle norme di attuazione dei “rispettivi statuti”.
Verrebbe da dire che la “marcia” dovrebbe vertere sulla mancanza di corrette norme di attuazione dello Statuto della Regione Sicilia in materia finanziaria, di finanza pubblica e di ordinamento degli Enti Locali, di cui la Regione ha competenza legislativa esclusiva.

Sono già scritte, riposte nel cassetto di qualcuno. Saranno oggetto di discussione nel corso delle interlocuzioni?
Ottenute queste la questione si sposterebbe a Palermo, tra i Palazzi dei Normanni e D’Orleans i cui “papi”, nella qualità, sarebbero gli unici titolati ad affrontare il tema più scottante e vitale dei Comuni.

Ecco cosa dovrebbe emergere dagli “incontri istituzionali” in programma a Roma. In merito alla criticità organizzativa è diventato un terno al lotto.
In Sicilia ci sono sindaci che oramai si sostituiscono, a proprio rischio, alla burocrazia.

Ne citiamo uno tra tutti, il sindaco di Marianopoli (Cl), Salvatore Noto, oltre ad essere un Ufficiale di Governo è anche responsabile dell’Ufficio finanziario del Comune.

Al Comune di Santa Caterina di Villarmosa, sempre in provincia di Caltanissetta, sono alla ricerca disperata di un responsabile dell’Ufficio Tecnico.

Siamo al gioco delle figurine. «Se mi dai un responsabile finanziario per 6 ore, ti do, per lo stesso tempo, il comandante della Polizia Municipale» e così via, accade in Sicilia.

Una cosa è certa, per aree omogenee andrebbe fatta una reale ricognizione dei dipendenti comunali, riqualificarli anche obtorto collo e attraverso l’istituto dell’Unione dei Comuni mettere insieme tutte le funzioni e i servizi possibili. La spesa si renderebbe più produttiva.

Naturalmente questo passaggio andrebbe sostanzialmente agevolato economicamente dalla Regione Siciliana e reso obbligatorio per Legge.
Roma non concederà mai una deroga alla Sicilia “alle disposizioni vigenti” in materia di assunzione a tempo indeterminato.

C’è da dire che la preoccupazione degli amministratori locali è focalizzata anche sulla progettualità legata al PNRR e alle altre provvidenze strutturali destinate all’arcipelago, quindi alla Sicilia, che dopo la Brexit è la più grande isola d’Europa.

Le figure professionali in forza ai Comuni, da destinare alla progettazione e a seguire l’iter di spesa, fino al collaudo delle opere, non sono in numero adeguato, anzi, il più delle volte non ci sono.

La Legge non prevede incarichi professionali esterni se non a titolo oneroso e i piccoli Comuni (a dire il vero nemmeno i grandi, Citta Metropolitane comprese) non sono nelle condizioni di impegnare risorse se non per i servizi essenziali, se pur, nella sostanza, si tratta di investimenti che contribuirebbero al miglioramento della qualità della vita dei siciliani.

Tuttavia, le norme sono fatte per essere cambiate, devono evolversi in funzione dei tempi  (non alle persone). Al legislatore il compito di adeguarle e di prevedere la possibilità di dare incarichi di progettazione a professionisti che credono alla realizzazione di una determinata opera e di essere adeguatamente ristorati al finanziamento della stessa.

Basta solo immaginare e mettere in pratica un meccanismo che tuteli i piccoli studi di progettazione, anche all’uopo associati.

In ogni caso la parola che non dovrebbe comparire in tutte le interlocuzioni è il “tavolo”, tecnico e permanente. Non c’è più tempo per le discussioni.

La Regione Siciliana da anni ha assunto il ruolo di “tovaglia” in ogni tavolo e i commensali l’hanno sempre utilizzata per l’ultimo atto prima di alzarsi, in assenza di tovaglioli.

Vincenzo Lapunzina