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Siracusa, bomba contro la tabaccheria, “ecco il delinquente”

Appare in un fotogramma delle videocamere si sorveglianza, il presunto autore della bomba carta, piazzata, di due notti fa al tabacchi di via Piave Siracusa. Quel sordo boato nella notte scuote ancora con forza la tranquillità di tanti commercianti, proprietari di attività commerciali e imprenditori, della zona e di tutta Siracusa perché la paura di essere colpiti dalla “violenza cieca” del racket esiste ma è ancora più forte il coraggio di dire “no” e non arrendersi mai alla delinquenza.

La foto che ritrae l’ignoto delinquente è stata pubblicata in un post facebook da Bruno Piazzese, noto imprenditore siracusano e simbolo dell’antiracket. L’uomo, insieme alla foto ha scritto da un lungo messaggio in cui sostiene i proprietari della tabaccheria di Siracusa e racconta la sua personale esperienza vissuta, alcuni anni fa.

“Questo è un fotogramma del delinquente che ieri sera (riferito alla notte del 14 giugno, momento dell’attentato in via Piave, n.d.r.) alle 22.53 ha piazzato un ordigno esplosivo davanti alla tabaccheria dei fratelli Alessandro e Ciccio Cassarino.
L’attentato in questione non può e non deve essere archiviato con i soliti, logori, attestati di solidarietà da parte delle Istituzioni, non possono e non devono bastare i messaggi di vicinanza della gente.
I fratelli Cassarino sono entrambi dirigenti storici dell’Associazione Antiracket di Siracusa, non si sono mai piegati alle becere logiche dei malavitosi; chi ha deciso di lanciare un messaggio così forte ha obiettivi ben più alti di una richiesta estorsiva.
Racconta ancora Bruno Piazzese, la sua vicenda personale quando “nel 2002, quando subii il primo attentato all’Irish Pub, l’allora questore Roca mi chiamò alle sette del mattino, si mise un paio di scarpe da ginnastica, mi fece salire con lui sui tetti del pub perché voleva capire bene la dinamica del devastante attentato.
Nel 2004, dopo il quarto attentato, Titti Bufardeci, allora sindaco di Siracusa, stanziò, assieme alla sua giunta, diecimila euro e me li donò, con quei soldi pagai gli stipendi ai ragazzi che lavoravano con me durante il periodo di chiusura; altri tempi? Altre persone? Non lo voglio pensare ma non posso neanche rassegnarmi.
Vivo scortato da vent’anni ma sono orgoglioso di aver contribuito a scrivere e far approvare una legge dello Stato che ha l’obiettivo di non fare accadere mai più ciò che è successo a me; oggi gli imprenditori sono ancora più tutelati e loro sanno molto bene che la denuncia è l’unica via da percorrere ma, per piacere, stiamo vicini a Alessandro e Ciccio Cassarino”.