SIRACUSA – Ormai son trascorsi trent’anni dal terremoto di Santa Lucia del 13 dicembre del 1990 e molti sembrano aver dimenticato quanto accadde in quella triste notte e quanto di terribile poteva occorrere alla popolazione che vive nel quadrilatero industriale e che, fortunatamente, non si verificò. Tutto ciò non toglie, visto che tutta l’area della Sicilia orientale è fortemente sismica, che un altro evento del genere (anche più disastroso come lo fu nel 1693), possa ripresentarsi in qualunque momento. In occasione del 30° anniversario del terremoto del 1990,
Legambiente Augusta lancia l’allarme per il pericolo sismico che incombe sull’area del quadrilatero industriale Siracusa-Augusta-Priolo-Melilli. “La prima vittima del terremoto è ancora la memoria. Ci siamo dimenticati delle vittime e dei 15.000 senzatetto (di cui 5.000 solo ad Augusta), degli effetti moltiplicatori del sisma legati alla tipologia delle costruzioni e ai suoli dove si era costruito e si continua ancora oggi a costruire e a progettare nuove strutture – afferma Enzo Parisi, di Legambiente Augusta – . Abbiamo cancellato in fretta le tracce più evidenti del sisma e ripreso a vivere e a usare il territorio come se nulla fosse accaduto, come se ne fossimo ‘immuni’ e il prossimo terremoto non riguarderà più noi”. Parisi pone l’accento sugli effetti gravissimi che un terremoto potrebbe avere sul polo petrolchimico siracusano, effetti di cui si parla solo quando le dichiarazioni di qualche studioso suscitano un momentaneo allarme.
“È preoccupante – aggiunge Parisi – constatare che l’Autorità portuale si propone di installare a Punta Cugno un impianto a rischio rilevante come il deposito di Gnl (Gas Naturale Liquefatto), anziché posizionarlo fuori porto o comunque a debita distanza dagli stabilimenti industriali e dalla città di Augusta. Piuttosto che rimuoverlo il rischio industriale lo si esorcizza tentando di ignorarlo”.
“Abbiamo dimenticato e ci comportiamo come se il sisma del 13 dicembre 1990 non fosse mai accaduto – prosegue l’ambientalista – ed i giovani non sanno quasi nulla di ciò che è successo allora. Neppure le autorità cercano di farcelo ricordare. Ad Augusta basta guardare al caos e all’intasamento delle vie, al passaggio a livello ferroviario che è rimasto lì dov’era a tagliare in due il corso principale del quartiere Borgata, al deposito combustibili Maxcom sempre a stretto contatto con le abitazioni, all’uso improprio delle aree destinate al raduno della popolazione, agli interminabili lavori che restringono le sedi stradali e allo stato di precarietà dei due ponti di accesso all’isola per prendere atto che questo argomento non è ritenuto importante. Pochi si chiedono se le strutture sanitarie del territorio sono state adeguate per fronteggiare il rischio sismico e quello industriale o se, invece, sono state improvvidamente depotenziate e delocalizzate”.
“Trent’anni trascorsi inutilmente, verrebbe da dire, se si guarda ai deludenti risultati della prevenzione sismica ad Augusta e in Sicilia orientale – conclude Parisi – . È doveroso conservare la memoria ma soprattutto è obbligatorio pianificare e programmare un uso prudente ed oculato del territorio, operare affinché la questione della prevenzione torni all’ordine del giorno nell’agenda delle Istituzioni e divenga, com’è giusto, una prassi quotidiana”.