Editoriale

C’è solo Kamala. Violato principio equità

Voglio dire subito che Donald Trump non mi è per nulla simpatico, anzi mi è antipatico perché supponente, presuntuoso e anche bugiardo, senza voler entrare nel merito delle sue ideologie politiche. Ma questo fatto non può impedirmi di guardare questa fase storica degli Stati Uniti con obiettività.
Come sempre da duecento anni, il presidente degli Usa viene eletto ogni quattro anni e quindi l’anno in cui vi sono le elezioni comporta fibrillazioni e preoccupazioni, non solo per il popolo americano ma per tutto il mondo, dal momento che quel Paese è sempre stato il “gendarme” del globo, con il Pil più elevato (supera i trentamila miliardi di dollari) e la più antica democrazia esistente, esercitata sempre e comunque.

Per cui è giusto che il resto del mondo si preoccupi dei suoi affari interni, la cui punta di diamante è l’elezione del presidente.

Come sempre accade, la storia ci insegna che nel mondo vi sono stati vertici durati qualche secolo e poi decaduti, come Grecia, Impero persiano, Impero romano, Parigi e Vienna.

Ora è arrivato il turno della Cina, che insegue con successo il Pil annuale degli Usa e, in immediata successione, il polo arabo.
La Cina non sta solo aumentando il Pil, ma sta compiendo una vera rivoluzione perché il suo sviluppo è basato sulla tecnologia, la quale è basata sulle conoscenze che i/le propri/e cittadini/e stanno acquisendo nelle migliori Università del mondo. E inoltre, i propri imprenditori stanno facendo joint venture con imprenditori occidentali.

Il polo arabo è in forte sviluppo da quando il Kingdom of Saudi Arabia (l’Arabia Saudita) è stato preso in pugno da un giovane principe di trentatre anni, Mohammad bin Salman, figlio del re. Questo sta rivoluzionando la vita sociale, le abitudini, il business e altri settori, ma di questo parleremo in altro editoriale.

Tornando agli Usa, in queste ultime settimane la stampa e l’informazione italiane hanno parlato quasi esclusivamente della cinquantanovenne vice presidente Kamala Harris, che è stata nominata ufficialmente candidata nella convention dei democratici statunitensi dopo la cacciata di Sleepy Joe a opera degli ex presidenti, fra cui Obama e Clinton. Cosicché ora siamo in attesa del prossimo duello televisivo Harris-Trump.

I fatti che vi elenchiamo evidenziano lo sbilanciamento dell’informazione italiana a favore della Harris, dimenticando totalmente ciò che ha fatto nello stesso periodo il suo contendente Trump.
Siamo più volte costretti a richiamare il Testo unico dei Doveri del giornalista, il quale prevede che l’informazione dev’essere sempre bilanciata, completa, obiettiva e non deve indurre il percettore della stessa a conclusioni, ma lasciarlo libero di valutare l’informazione a lui prospettata perché raggiunga le conclusioni con la propria testa e non con quella degli altri.

Il popolo italiano è abituato a ricevere le informazioni dai corrispondenti radio-televisivi, da quelli che redigono gli articoli che vanno sui quotidiani e da tutte le informazioni che circolano sui siti, ma non è abituato a filtrare tutte queste informazioni per cercare di capirne l’attendibilità.

Nel precedente duello Trump-Biden il primo era in forte vantaggio, secondo i sondaggi. Secondo la stampa italiana – tutta da controllare perché sospetta di essere di parte – pare che Kamala abbia recuperato questo gap e quindi da ora in avanti il duello sia paritario. I sondaggi diranno qualcosa in più dopo il prossimo match televisivo del 4 settembre perché solo allora capiremo in diretta quali strategie abbiano scelto i due contendenti per convincere la maggioranza del popolo americano a votarli.

Ricordiamo che le elezioni statunitensi sono a doppio livello: nel primo vengono eletti i delegati e nel secondo questi ultimi eleggono il presidente. Ricordiamo anche che i delegati vengono eletti nei cinquanta Stati e vanno tutti verso uno dei due partiti principali.

L’elezione sembra macchinosa, ma è così da sempre e ha funzionato, certe volte scegliendo bene e altre scegliendo male. Ma così vanno le cose, perché le persone umane possono sbagliare e, per fortuna, qualche volta possono “azzeccare”.