PALERMO – Sos infermieri in Sicilia. Nelle strutture pubbliche ne mancano qualcosa come diecimila.
Il rapporto numerico fra medici e infermieri è drammatico: secondo i dati elaborati dalla Ragioneria Generale dello Stato-ministero dell’Economia (che fanno riferimento al 2018), tale rapporto dovrebbe essere 1:3 mentre in Sicilia è 1:1,86.
Nell’Isola, secondo gli ultimi dati disponibili e resi noti da Fnopi (Ordine nazionale delle professioni infermieristiche), i medici attualmente sono 9.073, gli infermieri sono 17.464 (a livello nazionale i primi sono 105mila, i secondi 264mila).
Facendo un rapido calcolo, risulta che in Sicilia ad oggi mancano quasi 10mila infermieri nelle sole strutture pubbliche. E con quota 100 la situazione è diventata ancora più drammatica: solo nel 2018, sempre con riferimento alla nostra regione, parliamo di 6.139 infermieri che hanno raggiunto i requisiti per la pensione e di questi 1.842 usciranno dal lavoro in tempi brevissimi, determinando, in mancanza di provvedimenti immediati, il black-out del sistema.
Anche quelli che rimangono, lavorano in situazioni difficili: malumore e fatica per ogni singolo lavoratore, cure e attenzioni non sempre adeguate.
In Italia, sempre secondo Fnopi, il fabbisogno generale è di 50mila infermieri e le uniche Regioni che lo hanno raggiunto sono Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Molise e Bolzano. Il resto d’Italia presenta carenze regionali sul fronte del rapporto ottimale di cura tra medici e infermieri che vanno dai 9.755 infermieri in meno della Sicilia ai 616 infermieri in meno nelle Marche.
Ogni infermiere dovrebbe assistere al massimo sei pazienti per ridurre del 20% la mortalità. Attualmente, ne assiste in media 11 e nelle Regioni dove la carenza è maggiore si arriva anche a 17.
Una nuova figura, intanto, si affaccia sul panorama ospedaliero. Si tratta dell’infermiere di famiglia, cioè di un responsabile delle cure domiciliari che affianca il medico di famiglia per dare assistenza al paziente a domicilio. La prima (e finora unica) regione a introdurre sul territorio l’infermiere di famiglia è stata la Lombardia.
L’istituzione dell’infermiere di famiglia potrebbe funzionare da “argine” alle ospedalizzazioni evitabili e al ricorso improprio al pronto soccorso con conseguente risparmio di spesa e un miglioramento della qualità delle cure, soprattutto per i pazienti più fragili. In Sicilia si tratta per l’introduzione dell’infermiere di famiglia. Lo scorso 10 aprile 2019 il Movimento 5 Stelle ha presentato un disegno di legge, già trattato nella commissione competente. L’iter, dopo l’approvazione della legge di bilancio regionale, proseguirà nei prossimi giorni con la speranza di poterlo approvare in tempi celeri. Così la Regione siciliana potrà riconoscere, dal punto di vista legislativo, la nuova figura dell’infermiere di famiglia che migliorerebbe la qualità assistenziale e porterebbe ad un abbattimento dei costi per il sistema.
Attualmente, infatti, sono da ritenersi scarse le risorse disponibili per l’assunzione di nuovi infermieri nel settore pubblico. Il comparto dei lavoratori della sanità è stato tra i più penalizzati negli ultimi anni non consentendo l’assunzione del numero adeguato di personale per la miglior tutela della salute.
L’incremento della vita media e delle malattie croniche stanno aumentando i bisogni di assistenza di personale non necessariamente medico ma in grado di fornire cure specifiche. L’adeguamento del personale necessario nel comparto sanitario pubblico è ulteriormente ostacolato dal numero chiuso previsto per l’accesso ai corsi universitari delle professioni sanitarie. Anche in conseguenza di ciò, spesso, è difficile poter sostituire chi ha maturato il diritto alla pensione mediante l’assunzione di ulteriore personale necessario per far fronte al turnover.
L’auspicio è che l’azione congiunta dei governi nazionale e regionale vada avanti con maggiore efficacia per portare finalmente il numero degli infermieri ad un livello tale da garantire un’adeguata qualità assistenziale.
Il mancato intervento oggi rischia di avere conseguenze irreparabili domani.
PALERMO – La carenza di infermieri in Sicilia assume contorni drammatici.
Ce lo conferma il presidente del Coordinamento regionale Opi Sicilia, Sebastiano Zappulla, al quale abbiamo rivolto alcune domande.
Quali risposte avete avuto dalla politica? Sono soddisfacenti?
“Da anni il Coordinamento regionale Opi Sicilia (Ordine professioni infermieristiche) denuncia le criticità assistenziali legate alla carenza degli organici sia di personale infermieristico che degli operatori di supporto)”.
Quali le vostre richieste?
“Abbiamo chiesto a gran voce di emendare le linee guida del 2015 sui coefficienti che attribuiscono le dotazioni organiche facendo riferimento agli standard di sicurezza, secondo le quali è ottimale il rapporto 1:6 (infermieri – pazienti). Ma in Sicilia il rapporto è 1:12 nel pubblico ed 1:19 nel privato. è necessario adeguare le dotazioni organiche al numero di pazienti da assistere per ridurre sia il rischio clinico che l’incremento della percentuale di morti dovuta alla mancata assistenza come documentato dalla letteratura internazionale”.
Rispetto ai dati forniti da Fnopi (e che fanno riferimento al 2018) la situazione, in Sicilia, è oggi è peggiorata?
“Le stabilizzazioni non hanno modificato il quantitativo di personale in quanto ovviamente è lo stesso personale che da precario è passato di ruolo. Gli atti aziendali non hanno previsto una sola unità di personale infermieristico in più in quanto le linee guida che stabiliscono tramite dei coefficienti le dotazioni organiche sono immutate. Non c’è stato da parte dell’assessorato il minimo impegno per dare ristoro alle Unità Operative che soffrono maggiormente la rigidità di questi standard matematici che non tengono conto delle persone che soffrono e della sicurezza delle cure”.
Assessore, in Sicilia mancano qualcosa come 10mila infermieri.
“La questione del personale è una delle priorità a cui abbiamo lavorato fin dai primi giorni dal nostro insediamento. In questi 26 mesi di governo sono state sbloccate tantissime posizioni, stabilizzate migliaia di persone e dopo anni, finalmente, in tutte le aziende del Sistema sanitario sono ripresi i concorsi. In pratica si è rimesso in moto un ciclo fermo da troppo tempo che oltre a consentire il fondamentale ripopolamento dei nostri ospedali, permette di frenare l’esodo oltre Stretto di tanti professionisti. Proprio sul fronte del reperimento di infermieri e Oss, la Regione siciliana ha messo in atto una delle più imponenti operazioni di rientro di personale. è quello che voi giornalisti avete ribattezzato ‘concorsone’: un Piano straordinario, attraverso un maxi concorso per complessivi 1.600 posti”.
Il concorso è stato bandito lo scorso ottobre e prevede una fase preliminare di mobilità e la restante parte concorso. Le domande già pervenute sono circa 20mila per ciascuno dei due bacini (Asp Catania e Asp Palermo).
Relativamente ai posti riservati agli infermieri, circa 1.200, il dato incoraggiante è rappresentato in particolare dalle tantissime domande formulate da professionisti che oggi lavorano negli ospedali che si trovano nel resto d’Italia: sono più dell’80 per cento.
A che punto è la selezione?
“Ad oggi siamo già in fase di ammissione dei candidati per le mobilità ed auspichiamo che quanti riceveranno il nulla osta dall’azienda di provenienza possano essere immessi in ruolo già entro il prossimo maggio. C’è di più. Per gli infermieri, oltre al ‘concorsone’, infatti ad oggi stanno anche scorrendo le graduatorie esistenti, così come concordato con le organizzazioni sindacali, ciò dovrebbe assicurare nuove energie nelle corsie degli ospedali siciliani”.(pp)