La nuova sospensione dalla carica di sindaco, disposta ieri con una nota prefettizia, nei confronti del primo cittadino di Catania Salvo Pogliese, è solo l’ultima tappa di una lunga vicenda. Tutto parte dal processo sulle “spese pazze” all’Assemblea regionale siciliana, che vede tra gli imputati proprio Pogliese, all’epoca dei fatti vicepresidente del gruppo del Pdl.
Il 23 luglio 2020 la terza sezione del tribunale di Palermo condanna il sindaco di Catania per peculato continuato; insieme a Pogliese vengono inflitte condanne anche ad altri quattro imputati, ritenuti colpevoli di aver speso in maniera impropria i fondi dei gruppi parlamentari di cui erano ai vertici.
Per effetto della Legge Severino scatta la sospensione. Il provvedimento lo firma il prefetto Claudio Sammartino. Da quel momento, inizia la battaglia giudiziaria di Pogliese, portata avanti dai suoi legali tramite un ricorso al Tribunale civile di Catania che, il 5 dicembre 2020, accogliendo la richiesta del collegio difensivo sulla fondatezza della questione di legittimità costituzionale relativa all’applicazione della legge Severino, decide di trasmettere gli atti della richiesta di “annullamento” alla Corte costituzionale. Una scelta che determina il reintegro di Pogliese come sindaco di Catania.
Tutto cambia nuovamente il 2 dicembre dello scorso anno, quando arriva la sentenza della Corte Costituzionale che rileva la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale. In virtù di questo pronunciamento la palla, quindi, passava nuovamente al Tribunale di Catania che deve esprimersi sulla sospensione. Prima che questa decisione arrivi, però, interviene la Prefettura etnea che, proprio in forza dei rilievi della Suprema Corte, ripristina la disposizione del luglio 2020: Pogliese è sospeso nuovamente dalla carica di sindaco.
Al di là delle dinamiche politiche, dall’appello a resistere degli alleati e della richiesta di dimissioni avanzata dalle opposizioni, difficile immaginare cosa accadrà. Anche perché, i legali potrebbero presentare un nuovo ricorso.
Vittorio Sangiorgi