Lavoro

Sostegni ai datori di lavoro privati, prorogati benefici sino a fine anno

L’articolo 11 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 176 (In vigore dal successivo giorno 22) proroga fino al 31 dicembre 2021 la possibilità, per datori di lavoro privati che hanno sospeso o ridotto l’attività lavorativa a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID, di presentare la domanda di  assegno ordinario e di cassa integrazione salariale in deroga per i lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del suddetto decreto legge.

Gli appena detti aiuti economici hanno una durata massima di tredici settimane tra il 1° ottobre 2021 ed il 31 dicembre 2021. Per i datori di lavoro delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia, e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili il periodo entro cui godere del detto aiuto economico è di nove settimane nello stesso periodo di cui sopra.

Per i detti benefici non è dovuto alcun contributo addizionale.

Gi stessi benefici sono concessi fino ad un massimo di spesa di 657,9 milioni di euro per il 2021, per i primi datori di lavoro, e per 140,5, per lo stesso anno. per i secondi datori di lavoro. Superati tali ammontari l‘INPS non accetta altre domande.

Occorre sottolineare che le tredici o le nove settimane di cui qui si dice sono riconosciute a quei datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato il periodo di ventotto settimane decorso il periodo autorizzato.     

COME CHIEDERE I BENEFICI ECONOMICI

Le domande di accesso ai trattamenti in parola sono inoltrate all’INPS, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa. In fase di prima applicazione, il termine di decadenza in discorso è fissato entro la fine del mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto.

In caso di pagamento diretto delle prestazioni qui dette da parte dell’INPS, ferma restando la possibilità di ricorrere all’anticipazione  della stessa indennità da parte del datore di lavoro, lo stesso è tenuto ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, oppure, se posteriore, entro il termine di trenta giorni dall’adozione del provvedimento di concessione. In sede di prima applicazione, i termini appena detti sono spostati al trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, se tale ultima data à posteriore a quella di cui al primo periodo. Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.

INCOMPATIBILITÀ

Ai datori di lavoro che presentano domanda di integrazione salariale resta precluso l’avvio delle procedure di licenziamenti collettivi per la durata della fruizione del trattamento di integrazione salariale. Ai medesimi soggetti resta, altresì, preclusa nel medesimo periodo, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo e restano altresì sospese le procedure di tali licenziamenti in corso.

 Gli anzidetti divieti non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa oppure dalla cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo. A detti lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento NASpI (Nuova Assicurazione Sociale Per l’Impiego.).

Sono altresì esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.

Salvatore Freni