Il 2022, ormai agli sgoccioli, non si può dire che sia stato scevro di significative ricorrenze: dall’introduzione della moneta unica, al Trattato di Maastricht (vent’anni); da Mani Pulite, alle stragi di Capaci e via D’Amelio (trent’anni). Per arrivare a “compleanni” di stampo più culturale, dai novant’anni dal primo numero della Settimana Enigmistica (23 gennaio 1932), ai sessant’anni (il 12 luglio) dalla formazione dei Rolling Stone.
Il 2022, però, è stato anche anno di centenari dalla venuta al mondo di nomi illustri come Pier Paolo Pasolini o Beppe Fenoglio. Oltre a quella di un grande attore palermitano come Ciccio Ingrassia. Ma, dopo aver ricordato, il 5 ottobre scorso, un lieto evento come appunto una nascita, a distanza di un paio di mesi ci ritroviamo a fare memoria di un’altra ricorrenza, questa volta meno gioiosa: il trentennale dalla morte di Franco Benenato, in arte Franco Franchi. In pratica, l’altra metà della mela dell’indimenticabile duo comico siciliano che tante risate ci ha strappato negli anni Sessanta e Settanta.
Un ricordo, quello di Franco Franchi (nato a Palermo il 18 settembre 1928 e morto a Roma il 9 dicembre 1992), che ripercorriamo oggi con il figlio Massimo. Che, a differenza di Giampiero (Ingrassia) ed esattamente come la sorella Maria Letizia, le orme paterne non le ha seguite. Ospiti recentemente di una trasmissione televisiva, i due fratelli hanno ricordato come dei tentativi di istradarli verso la carriera artistica, il padre Franco li aveva fatti. Al punto da rinchiudere Massimo e Maria Letizia in una stanza, con una chitarra (“strumento che mio fratello sa suonare perfettamente”, dice Maria Letizia) in mano. Ma “dopo essersi reso conto che non eravamo portati né per il cinema, né per il teatro – racconta Maria Letizia – decise che saremmo dovuti diventare cantanti. Così una sera, a nostra insaputa, ci chiuse in cucina con una chitarra e ci obbligò a cantare. In un primo momento, ci siamo rifiutati. Poi abbiamo pensato che la cosa potesse farlo felice. Così ci siamo messi a cantare. Passa un po’ di tempo e papà, sconsolato, apre la porta: No, no; voi non andate bene per la vita di spettacolo. Lasciate perdere e trovatevi un’altra strada . E così abbiamo fatto: volevamo farlo contento, ma ognuno è giusto che segua il proprio cuore e la propria natura”.
Massimo Benenato, nasce a Palermo nel 1965 e di mestiere fa lo scrittore. E oggi, a trent’anni dalla scomparsa, ripercorre il ricordo dell’uomo Franco Franchi, prima ancora che dell’attore. “Papà nasce nel 1928 a Palermo da una famiglia molto povera. Tanto che dovette abbandonare gli studi in terza elementare per mettersi a lavorare”.
Ma l’amore per la cultura e per il sapere Franco l’aveva innato. Tanto da rendersi conto, quando sbagliava a parlare in italiano, che avrebbe dovuto correre ai ripari. Così, da adulto, riprende in mano i libri e, ricorda Massimo, “leggeva, leggeva e ancora leggeva. Di tutto: tomi interi su vita, religione, spirito e finanche astronomia, per la quale nutriva una vera e propria passione. Fino a crearsi quello che io ho definito il suo pensiero profondo. E fino a farlo diventare un autorevole e carismatico interlocutore rispetto a qualsiasi argomento. Mi è sempre rimasta impressa una frase che lui diceva sempre e che abbiamo riportato nel libro di Alberto Pallotta e Andrea Pergolari Franco e Ciccio. Storia di due antieroi: “Mi è passata la gioventù e non me ne sono accorto”.
Finché a 13-14 anni, complice anche un rapporto un po’ spigoloso con il padre (“al contrario di nonna e del resto della famiglia, nei confronti dei quali nutriva un incondizionato affetto”, dice ancora Massimo), Franco lascia la casa paterna, continuando però a provvedere economicamente alla famiglia. E, sempre attratto dalla recitazione e dalla comicità, inizia a fare l’artista di strada.
All’inizio degli anni Cinquanta, la svolta, l’incontro (per caso) con un allora sconosciuto attore di una compagnia teatrale che all’anagrafe rispondeva al nome di Francesco Ingrassia, detto Ciccio. Dando il via a un importante e storico sodalizio artistico, durato trentacinque anni. Una liaison che, all’apice negli anni Sessanta e Settanta, ha prodotto oltre 130 pellicole (di cui 116 in coppia), oltre a numerosi programmi televisivi. Un rapporto attorno al quale si è favoleggiato su litigi e allontanamenti. “Che ci sono stati – precisa Massimo – come è inevitabile in una coppia. Però, anche da separati, tra mio padre e Ciccio c’era sempre il massimo rispetto. Si volevano veramente bene. Anche perché, in realtà, non erano screzi veri e propri, ma semplicemente diversità di vedute su alcuni aspetti lavorativi che li portava, per un periodo, a fare scelte non uguali. Ma nel privato noi, io, Maria Letizia, Giampiero, mamma, papà, Ciccio e Rosaria, eravamo un’unica famiglia allargata. Ancora oggi, per la gente, Franco e Ciccio è come se fossero una persona sola. Mio padre diceva sempre: siamo come una fotografia e una fotografia non la puoi stracciare”.
Nel 1989, la doccia fredda: accusa di fiancheggiamento a Cosa Nostra. Sulla base di alcune fotografie e della partecipazione a feste. In quell’occasione Franco non ebbe bisogno di un avvocato, visto che tecnicamente non è che fosse finito sotto processo. Ma uno ad honorem assunse ugualmente la sua difesa: l’amico di sempre, Ciccio Ingrassia. Che dichiarò: “Franco persona di rispetto? Se lui è colpevole, allora sono colpevole anch’io. E sono colpevoli tutti gli altri attori del cast Panna cioccolata e paprica prodotto dai Greco che hanno partecipato alla festa di Catania per presenziare all’anteprima del film. Quanto ai Greco, il figlio del cosiddetto Papa era il produttore del film, noi all’epoca non sapevamo chi fosse. Sapevamo quanto ci bastava: che era un produttore palermitano disposto a finanziare il film. Quando lo sentirò gli dirò: fai incolpare anche me. Quella sera, a Catania, c’ero anch’io con tutti gli altri colleghi”. Molto più che un endorsement. “Altro che – prosegue Massimo – ma per papà fu un duro colpo; non se ne capacitava. Anche se la gente lo fermava per strada, dimostrandogli affetto, lui rimuginava. Non si è mai ripreso. E sia io che mia sorella siamo convinti, ancora oggi, a trent’anni di distanza, che quella situazione abbia contribuito alla morte”. Nonché, aggiungiamo noi, alla fine di una straordinaria coppia del mondo del cinema e dello spettacolo italiano.
Una coppia che Massimo, alla chiusura di questo viaggio, non esita a definire “irripetibile”. Scontata è, infatti, la domanda posta alcuni mesi or sono a Giampiero Ingrassia se oggi esistano dei novelli Franco e Ciccio. Massimo non ha dubbi: “No. Per il semplice fatto che oggi nessuno riuscirebbe a ripetere quello che hanno fatto loro. Anche solo fare sedici film in un anno. Certo, ci sono coppie comiche molto brave. Ma mio padre e Ciccio, così come Alberto Sordi o Gigi Proietti, fanno parte di un’epoca che può rimanere solo negli annali e nelle teche, da far vedere – questo sì – ai nostri figli e nipoti. A memoria di un’era della comicità che non tornerà più”.