Ambiente

Spiagge privatizzate o inquinate, resta poco alla libera fruizione

di Oriana Sipala

PALERMO – In Italia 15 regioni su venti sono bagnate dal mare e vantano lunghissimi litorali. Eppure, la metà di questi non è di libera fruizione. Circa il 50% delle spiagge è interessato da concessioni demaniali marittime, mentre quasi l’8% non è balneabile per ragioni di inquinamento. C’è poi il problema dell’erosione, triplicata nel giro di 50 anni. A dirlo è il Rapporto Spiagge 2020 di Legambiente, che ci restituisce una fotografia molto dettagliata sul tema.

In Sicilia le concessioni del demanio costiero sono 3.798, 438 di queste sono per stabilimenti balneari e 46 per campeggi, circoli sportivi e complessi turistici. In termini percentuali parliamo del 21,8% del totale delle coste sabbiose (la cui lunghezza complessiva è di 425 km).

I casi più eclatanti sono quelli di Mondello e Giardini Naxos, dove le percentuali sono molto più alte rispetto alla media regionale. Mondello presenta infatti 12 stabilimenti lungo una costa di 1,8 km (66,5%), mentre a Giardini Naxos, dove il litorale è lungo 6 km, sono presenti 30 stabilimenti, pari al 65% di occupazione della costa. Così facendo, questi due Comuni si collocano tra le prime dieci località costiere in Italia con la maggiore percentuale di spiagge in concessione.

Se confrontata con altri territori, la nostra Isola presenta, in realtà, una delle più basse percentuali di spiagge in concessione. Tuttavia preoccupano le 600 richieste di nuove concessioni o di modifiche e ampliamenti pervenute in Regione nel 2019. Ciò avviene perché siamo l’unico Paese europeo che non pone un limite alle concessioni. Da parte del governo, come denuncia Legambiente, non sembra esserci un interesse a legiferare sul tema in modo chiaro e incisivo. “L’unico tema di discussione e intervento normativo sulle spiagge negli ultimi 14 anni – si legge nel rapporto – ha riguardato la proroga senza gara delle concessioni balneari: ultima, in ordine di tempo, quella approvata nella Legge di Bilancio 2019 e nel recente Decreto Rilancio che le estende fino al 2033”. Proroga che ha riguardato anche la Sicilia.

A ciò si deve aggiungere anche il disinteresse della Regione. Considerando che l’accesso alla spiaggia è un diritto sancito dalla legge e che l’ingresso ai lidi per molte famiglie non è economicamente sostenibile (l’affitto di due lettini e un ombrellone in quarta fila nel fine settimana costa in media 20,93 euro), vi sono Regioni che hanno stabilito una quota minima di spiaggia libera (dal 40% al 60% del totale delle coste sabbiose del territorio), ma tra queste non rientra la Sicilia.

Sulla sempre maggiore riduzione delle spiagge italiane incide, poi, il fenomeno dell’erosione. Oggi ne soffre il 46% delle coste sabbiose, con picchi del 60% in Abruzzo, Sicilia e Calabria. In tutto il Paese sono state individuate 40 aree costiere a rischio inondazione, alcune di queste anche in Sicilia: Granelli e Noto nel siracusano, Pantano Logarini a Ragusa, infine le aree di Trapani e Marsala. Un fenomeno sempre più accentuato, per il quale, tuttavia, non esiste un serio monitoraggio a livello nazionale, che ci possa restituire un quadro chiaro dell’entità dei rischi e, quindi, anche delle risorse de destinare per la prevenzione.

Le spiagge libere sono sempre meno anche a causa dell’inquinamento. La nostra Isola presenta la più alta percentuale di costa sabbiosa non fruibile proprio per tale motivo. Parliamo del 18,9% delle coste sabbiose. A seguire vi è la Campania, con il 15,5% di coste inquinate, poi la Liguria (7,3%), Toscana, Sardegna e Lazio con cifre superiori al 6%. Spiagge “libere” dalle concessioni non tanto per bontà, ma per una questione di qualità. In molti Comuni le uniche aree non in concessione sono, infatti, quelle vicino allo scarico di fiumi, fossi o fognature, in cui la balneazione è ovviamente vietata e, al massimo, ci si può sdraiare a prendere il sole.