Arriva la prima denuncia a “La voce delle donne”. Una giovane donna, nel pieno rispetto dell’anonimato, racconta la sua storia e l’incubo che ha vissuto e che, in parte, vive ancora a causa dell’ex compagno che non ha mai sposato e con il quale ha avuto un figlio.
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Alice – questo il nome di fantasia che le abbiamo assegnato – ha conosciuto quello che sarebbe diventato il suo aggressore tra i banchi del liceo, quando insistentemente le fece la corte presentandosi come un “principe azzurro”.
Già dopo il primo anno di relazione notò delle stranezze nei suoi comportamenti e cominciarono i litigi, che finivano sempre con la denigrazione della sua persona.
Quello che era il suo fidanzato, infatti, doveva convincerla di essere “stupida, pazza, ritardata, una persona che non avrebbe mai combinato nulla nella vita”. E cercava di trasmettere il medesimo messaggio ai suoi parenti e agli amici, con il subdolo intento di isolarla dai suoi affetti.
Dopo un periodo di separazione, si ripresentò alla sua porta chiedendole scusa e promettendole di essere cambiato. Lei era già all’università e sognava di completare i suoi studi in un’altra città dove le opportunità di formazione per l’indirizzo scelto erano maggiori. Lui, proprio nella stessa destinazione, cercava lavoro.
Quando Alice scoprì di aspettare un figlio, la lasciò sola nella città d’origine, sparendo e addebitandole la colpa dei trattamenti che subiva. Nel corso della gravidanza si ripresentava a lei ciclicamente con richieste di denaro perché “ci aveva ripensato e i soldi sarebbero serviti per sistemare la nuova casa in cui vivere in tre”.
Proprio la convivenza rappresentò un vero e proprio incubo. Alice era costretta a vivere isolata dai suoi affetti, in un luogo sconosciuto e obbligata a occuparsi per intero della casa, del figlio e di tutte le varie incombenze, consegnando anche tutto il denaro a sua disposizione. Denaro sul quale lei non aveva più nessun diritto, nemmeno per pagare l’assistenza medica del figlio o una babysitter che potesse consentire, anche a lei, di proseguire gli studi e lavorare.
L’ex compagno rincasava dal lavoro in evidente stato di alterazione. La denigrava davanti al figlio, in qualche occasione le mollava un ceffone o la spintonava, si rifiutava di occuparsi del bambino, così come rifiutava qualsiasi organizzazione tale da consentirle l’indipendenza economica.
Alice tentò di fuggire più volte, ma lui cominciò a perseguitarla: una volta fuggì in un hotel, ma se lo ritrovò dentro la camera d’albergo; un’altra volta i suoi familiari prenotarono i biglietti aerei, ma lui si introdusse nella casella di posta elettronica e li annullò; tante volte fece i bagagli con il suo benestare, ma in ogni occasione lui le disfaceva le valigie e le impediva di tornare nella sua città.
Alice è riuscita a fuggire mentendo al suo aggressore. Dicendogli di voler trascorrere con lui e con il resto dei familiari le vacanze natalizie. Preso l’ultimo aereo con il piccolo, assieme a una valigia con lo stretto necessario e i suoi ultimi 5 euro, non fece più ritorno.
Da quel momento in poi non ha mai smesso di subìre stalking dal suo ex compagno, nonché padre del suo bambino, nonostante le denunce presentate e nonostante abbia chiamato in tantissime occasioni le forze dell’ordine, alle quali il ragazzo si presenta addirittura come una vittima.
Finito il periodo dei continui appostamenti sotto casa e delle telefonate notturne, interrotto dalla prima denuncia e dai tanti interventi del 112, l’ex compagno ha cominciato a impedirle la sua organizzazione quotidiana, costringendola a modificare senza mai sosta le sue abitudini e creandole un perdurante stato d’ansia: non presentandosi agli appuntamenti di prelievo del bambino senza preavviso, così che lei debba disdire improvvisamente i suoi appuntamenti di lavoro, perdendo il suo impiego; sparendo in compagnia del piccolo per giorni, per farla preoccupare; non contribuendo al mantenimento del minore, né al pagamento di una babysitter per cercare di impedirle di lavorare; insultando e minacciando continuamente tanto lei, quanto i suoi familiari e il suo nuovo compagno che provano ad aiutarla come possono; simulando reati subiti che prontamente denuncia; piombando in casa sua a suo piacimento, suonando per ore il suo campanello con le più assurde richieste; augurandole la morte anche in presenza del figlio.