Editoriale

Stanchi si nasce attivi si diventa

È noto a tutti il Decalogo dei nati stanchi che riportiamo a pagina 10 e che, se vorrete, potrete consultare.
Stanchi, si nasce o si diventa? La pigrizia è un bene o un male? Proviamo a rispondere a queste domande.
La latitudine ove si nasce incide sulla natura delle persone. Nelle parti calde c’è più la tendenza alla pennichella e, in genere, a lavorare di meno e più lentamente. Nelle parti dove c’è il mare, vi è la presenza dello iodio, che attiva il sistema nervoso e lo fa funzionare meglio, con la conseguenza che chi vive nelle montagne ha carenza di iodio.
Le caratteristiche genetiche non sono però determinanti nella capacità di ognuno di noi di stabilire la velocità di reazione agli eventi, anche se hanno un peso notevole.
Siamo sempre nelle condizioni, con la nostra mente – quell’immenso bene donatoci dal Creatore – di compensare le carenze e di aggiungere additivi a quello che siamo, in modo da ottenere, se vogliamo, i risultati che ci proponiamo di raggiungere.

Se la pigrizia sia un bene o un male è questione sulla quale discettano filosofi e letterati da venticinque secoli. Un bravo professore dell’Università di Palermo, Gianfranco Marrone, ha scritto un interessante libro: “La fatica di essere pigri”.
Egli elenca una serie di proverbi impressionanti, fra dizionari di paremiologia, antologie di frasi celebri, raccolte di massime, sentenze, detti, motti, aforismi, citazioni, modi di dire sui pigri.
Per esempio: “Chi si cava il sonno, non si cava la fame”; “Il caldo dei lenzuoli non fa bollir la pentola”; “Il letto caldo fa la minestra fredda”; “Il pigro cerca un padrone che gli dia sette vacanze la settimana”; “Io non posso e farò, sono le due tipiche parole dei pigri”; e infine “La pigrizia è la stupidità del corpo, la stupidità è la pigrizia dello spirito”. Ma non possiamo omettere: “Per la via del poi poi, si arriva alla casa del mai mai”.

Nonostante quanto precede, la pigrizia ha alcune caratteristiche positive se usata con buonsenso e alternata ai regolari periodi lavorativi. Il difetto della pigrizia è quando abbonda sulla bocca degli sciocchi, come il riso.
Ci piace ancora ricordare dal libro citato una parte riguardante i personaggi di Walt Disney, fra cui Paperino, un cultore della “pisolinologia”. Perché lo citiamo? Perché egli, per riuscire a fare la cosa che più amava e cioè stare disteso sull’amàca a non far niente, lavorava come un pazzo, con la conseguenza che la sua pigrizia era supportata da un grande lavoro o lavorio.

Dunque, chi lavora per conquistarsi brevi periodi di pigrizia è pienamente giustificato. Chi, invece, fa il pigro per non lavorare, non lo è per niente.
Vi è poi la questione dell’ozio creativo, che abbiamo trattato in precedenza, diverso dalla pigrizia perché è il periodo necessario per riflettere sugli accadimenti che ci capitano, in modo da valutarne la portata, le conseguenze e, soprattutto, le cause.

Così le pause fra un lavoro e l’altro, che devono servirci per ricostituire le nostre energie, possono anche essere utili alla visione delle questioni e, soprattutto, farci capire meglio quello che ci circonda, per determinare le nostre azioni o i nostri riposi in conseguenza.

Non essere pigri non vuol dire muoversi in modo frenetico, senza soste, senza alternanza nel giorno o nei giorni fra l’attività lavorativa di ogni tipo e i momenti di recupero. Vuol dire, invece, programmare ciò che si vuol fare con ordine e metodo, in modo da evitare l’accumulo di stress che peggiora le performances, lavorative e non.

Insomma, vivere in modo ordinato aiuta a star meglio, anche perché ad esso dovrebbe conformarsi il cosiddetto stile di vita, che riguarda l’alimentazione (il cibo è la migliore medicina), la capacità di ascoltarsi (nessuno è miglior medico di noi stessi), il moto (non meno di tre chilometri al giorno), dissetarsi (non meno di due litri di acqua al dì) ed altre semplici norme che migliorano la nostra condotta di vita.

Essere ordinati non significa non dare sfogo ai sentimenti e all’umanità, che fanno parte del nostro essere e che dobbiamo ben capire per non farci sommergere.
Insomma, per vivere bene dobbiamo essere consapevoli e volerlo.