Lavorare nel settore privato in Sicilia significa guadagnare molto meno rispetto al resto d’Italia, con enormi differenze soprattutto con le regioni del Nord sul fronte degli stipendi. I dati raccolti dall’Istat ed elaborati dall’ufficio studi della Cgia, l’associazione degli artigiani e delle piccole imprese di Mestre, pongono la Sicilia in fondo alla classifica nazionale, al 19° posto per l’esattezza, con una retribuzione media annua lorda, e cioè l’imponibile previdenziale comprensivo dei contributi a carico del lavoratore, riferita al 2022, di appena 16.507 euro, per un numero medio di giornate retribuite pari a 224,3. Pertanto, ogni giornata di lavoro in Sicilia “vale” 73,59 euro.
Si tratta di valori ben più bassi delle retribuzioni medie nazionali, che arrivano a 22.839 euro, per 244,4 giornate, e un valore di 93,46 euro per singola giornata. Peggio della Sicilia, soltanto la Calabria. Al contrario, in cima alla classifica si trova la Lombardia, che quasi raddoppia la retribuzione media annua rispetto all’Isola, arrivando a 28.354 euro per 257 giornate retribuite, per una media giornaliera di 110,05 euro.
Andando a vedere più nel dettaglio, in Sicilia rimangono al di sopra della media la provincia di Siracusa, che arriva a 17.598 euro annui; quindi, Catania, a 17.533 euro, e Palermo a 17.281 euro. In ultimo, Caltanissetta, a 17.144 euro. Le cifre più basse, al contrario, si registrano a Trapani, che si ferma a una retribuzione media annua di 14.365 euro, con appena 68,08 euro al giorno. Il distacco con le altre regioni diventa ancora più evidente se si analizzano i dati per macroterritori.
Se il Mezzogiorno si ferma a una retribuzione media giornaliera di 74,80 euro, al Centro si sale a 91,29 euro, nel Nord Est a 95,62 euro e nel Nord Ovest a 105,44 euro. Dall’analisi provinciale delle retribuzioni medie lorde pagate ai lavoratori dipendenti del settore privato emerge che, nel 2022, Milano è stata la realtà dove gli imprenditori pagano gli stipendi più elevati: 32.472 euro. Seguono Parma con 26.861 euro, Modena con 26.764 euro, Bologna con 26.610 euro e Reggio Emilia con 26.100 euro.
In tutte queste realtà emiliane, la forte concentrazione di settori ad alta produttività e a elevato valore aggiunto, come la produzione di auto di lusso, la meccanica, l’automotive, la meccatronica, il biomedicale e l’agroalimentare, ha “garantito” alle maestranze di questi territori buste paga molto pesanti. I lavoratori dipendenti più “poveri”, invece, si trovano a Trapani dove percepiscono uno stipendio medio lordo annuo pari a 14.365 euro, a Cosenza con 14.313 euro e a Nuoro con 14.206 euro. Una classifica che però non corrisponde a quella della produttività, che vede la Sicilia risalire la graduatoria, arrivando al 15° posto. I dati in questo caso fanno riferimento al decennio 2011-2021. In questi anni il valore aggiunto in euro per ora lavorata è cresciuta del 14,7%, e la Sicilia ha tenuto il passo, fermandosi al 14,6%.
L’intero Mezzogiorno registra il secondo valore rispetto al resto della penisola, arrivando al 15,8% di crescita, superato solo dal Nord Est, al 17,6%, mentre il Nordovest si ferma al 14,4% e il Centro ad appena il 9,5%. Eppure, secondo l’elaborazione dei dati Inps, nel 2022 il numero medio delle giornate retribuite al Nord è stato pari a 253, mentre al Sud, invece, a 225. Pertanto, nel Settentrione un ipotetico operaio ha lavorato 28 giorni in più che corrispondono a oltre 5 settimane lavorative “aggiuntive” rispetto a un collega meridionale. Tutto questo è dovuto alla presenza di un’economia sommersa più diffusa che nel resto del Paese; inoltre, il mercato del lavoro siciliano è caratterizzato anche da tanti precari, molti lavoratori intermittenti, soprattutto nei servizi, e tantissimi stagionali legati al mondo del turismo che abbassano enormemente la media.
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