Federico Umberto D’Amato “è sempre stato un uomo geniale e amorale. Faceva accordi con chi gli conveniva, momento per momento, durante la strategia della tensione ha mantenuto un piede a destra per controllarla, ma non ne è mai stato organico, ha sempre giocato un ruolo personale”.
Così il professor Aldo Giannuli, politologo e ricercatore di Storia contemporanea all’Università di Milano, consulente per la Procura generale di Bologna nell’ambito del nuovo processo sulla strage di Bologna, ha descritto D’Amato, direttore dell’Ufficio Affari Riservati (Uaar) del Ministero dell’Interno dal 1971 al 1974, poi direttore della polizia di frontiera.
Per i pg D’Amato è da considerare uno dei mandanti-organizzatori della strage di Bologna, insieme a Licio Gelli e Umberto Ortolani, mandanti-finanziatori, e Mario Tedeschi, organizzatore, tutti deceduti e quindi non più imputabili. Giannuli, più volte nominato consulente tecnico dalle Procure di Milano, Brescia, Pavia, Palermo e dalla Commissione stragi e Mitrokhin, è stato chiamato per inquadrare la figura di D’Amato, il suo ruolo nei servizi e nei depistaggi, come per piazza Fontana, i rapporti con il leader di Avanguardia Nazionale Stefano Delle Chiaie, e sull’organizzazione dell’Uaar.
Secondo Giannuli “D’Amato era come i gatti, pur cadendo lo faceva sempre sulle zampe. Non ha principi politici, non ha ideologie”, e sapeva “ricattare”. Il consulente ha parlato dell’abilità di D’Amato nel fare dossier sui politici. “Per D’Amato era una abitudine – ha confermato il Pg Umberto Palma – ha fatto dossier su Tambroni, Andreotti, De Gasperi, Fanfani e Cossiga. Questi dossier sono agli atti. Alcuni sono allucinanti, fanno venire i brividi, sono stati trovati durante una perquisizione a D’Amato, ma ce n’è solo una parte”. La consulenza di Giannuli, che verterà anche sulla figura di Paolo Bellini, principale imputato in questo processo per concorso in strage, proseguirà il 9 luglio.