PALERMO – In Sicilia la situazione occupazionale appare critica a qualsiasi livello: non risparmia nessuno, nemmeno il lavoro svolto dagli stranieri. Secondo i dati contenuti all’interno del nono rapporto annuale “Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia”, diffuso dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali, in Sicilia nel corso del 2018 sarebbero state attivate solo 1.213 missioni di rapporti di lavoro in somministrazione nei confronti di soggetti di origini straniere (appena pari allo 0,3% delle 367.974 complessivamente rilevate a livello nazionale). Quasi i tre quarti delle attivazioni sono stati a beneficio dei lavoratori non europei (848), mentre il restante quarto ha riguardato proprio gli europei (365).
La Lombardia assorbe il 28,4% del totale rilevato nel 2018 (104.453), seguono il Veneto (17,7%, con 65.242 missioni attivate di rapporti di lavoro in somministrazione), l’Emilia Romagna (16,7%, con 61.534) ed il Piemonte (10,9%, con 40.251).
In generale, il lavoro svolto dagli stranieri è maggiormente soggetto al fenomeno dell’overqualification (cosiddetta sovra qualificazione), ovvero la situazione in cui individui con istruzione elevata, equivalente almeno alla laurea, svolgono un lavoro di media o bassa qualificazione per il quale non era di certo richiesto questo alto livello di istruzione. A livello nazionale, il 63% dei lavoratori stranieri laureati ha competenze formali superiori a quelle che servirebbero per svolgere la mansione per la quale sono retribuiti (gli italiani nella medesima condizione sono poco meno di 18 su 100).
Sotto il profilo territoriale, i mercati del lavoro nei quali il fenomeno della mancata coerenza tra livello di istruzione e caratteristiche dell’impiego svolto è più evidente e, dunque, maggiore è lo svantaggio dei cittadini stranieri rispetto alla componente italiana, sono quelli di Sicilia (il tasso di over qualification degli stranieri è maggiore di 67,6 punti percentuali rispetto a quello dei nativi), Sardegna (con una differenza di 66 punti), Campania (+62,9 punti), Basilicata (+59,6 punti), Valle d’Aosta (+55,4 punti), Liguria (+51,5 punti).
Per gli stranieri insediatosi nell’Isola non va meglio nemmeno sotto il fronte imprenditoriale, quindi dell’autoimpiego: infatti, le due Isole sono le uniche regioni in cui tra il 2017 e il 2018 è diminuito il numero di imprese con titolare di origini non comunitarie, con la riduzione più marcata proprio in Sicilia. Nello specifico, nella nostra regione si è passati dalle 18.571 imprese del 2017 alle 18.121 imprese del 2018 (-2,4%), mentre in Sardegna si è passati da 7.029 a 6.997 (-0,5%).
A livello nazionale, al contrario, si delinea un aumento di 1,4 punti percentuali del numero di imprese di cittadini non comunitari (pari a +5.099 unità). Nel dettaglio gli aumenti percentuali più cospicui si osservano in Valle d’Aosta (+4,7%) e in Campania (+4,1%). In termini di valori assoluti, si tratta, nel primo caso di un aumento pari a +17 nuove imprese individuali con titolare extracomunitario, nel secondo pari a +1.425.
Relativamente ai settori, gli imprenditori non comunitari sono prevalentemente concentrati nel Commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e costruzioni. Infine, per quel che riguarda la Sicilia, specifichiamo che l’incidenza di imprese dirette da stranieri è più contenuta rispetto al resto d’Italia (rappresentano rispettivamente il 6,5% e l’11,9% del totale).