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Sudan, dopo le dimissioni del premier si teme ritorno a dittatura

I militari sono soli al comando da oggi in Sudan all’indomani delle dimissioni del primo ministro Abdallah Hamdok, facendo temere un ritorno alla dittatura nel Paese sprofondato in sanguinose violenze dopo il golpe.

Dal giorno della presa del potere del generale Abdel Fattah al Burhan il 25 ottobre scorso sono almeno 60 le persone uccise e centinaia i feriti, secondo un sindacato di medici democratici. I manifestanti sono stati anche picchiati, come molti giornalisti, e persino arrestati mentre internet e il telefono funzionavano solo per volontà del governo.

E un decreto del generale Burhan fa temere ulteriori violenze: garantisce l’impunità delle forze di sicurezza e dà loro tutto il potere secondo i termini di una “legge d’emergenza” ereditata dall’epoca del deposto dittatore Omar al Bashir.

La ricostruzione

Alla fine di novembre e dopo un mese agli arresti domiciliari, Hamdok era stato reinsediato dopo un accordo con il generale Burhan che prevedeva un periodo di transizione che doveva culminare in nuove elezioni. Ma “paralizzato” e “incapace di realizzare nulla”, secondo le parole del ricercatore del Rift Valley Institute Magdi Gizouli, il primo ministro, davanti all’ennesimo bagno di sangue dei manifestanti, si è arreso ai militari golpisti.

Intanto domani sono previste ulteriori proteste contro i militari. Secondo l’Afp, gli attivisti hanno esortato la popolazione a marciare verso il palazzo presidenziale della capitale, “finché non ci sarà vittoria”.