Oggi, 10 settembre 2022, si celebra la giornata mondiale prevenzione suicidi. L’obiettivo di questa iniziativa è prevenire il suicidio nel mondo. Intanto, i suicidi economici sono aumentati per la crisi.
Un triste fenomeno in costante aumento che l’omonimo Osservatorio della Link Campus University monitora dal 2012. Gli ultimi dati certificati si fermano al luglio 2020, con i primissimi effetti del Covid, e testimoniano un totale di 1.164 casi (78 solo nei sette mesi dell’anno in questione).
Il professore Nicola Ferrigni, direttore dell’Osservatorio, spiega al QdS: “Il dato si è uniformato. In passato colpiva soprattutto il Nord-Est, mentre adesso rileviamo aumenti sensibili in regioni come Campania e Sicilia. Questo la dice lunga sul quadro emergenziale relativo al mondo del lavoro nel Sud. Un’uniformazione anche sociale, dato che le vittime non sono solo imprenditori ma anche pensionati, lavoratori e disoccupati”.
Sebbene non vi siano altri dati ufficiali successivi al 2020, rileva Ferrigni, “la nostra azione di monitoraggio prosegue e ci porta a dire che il fenomeno, nonostante ad oggi passi quasi inosservato, è destinato a conoscere un’esplosione sempre più drammatica e importante”.
Le famiglie italiane sono sempre più indebitate e, alla luce delle attuali difficoltà socio-economiche, lo saranno ancora di più. Un quadro a tinte fosche ma, purtroppo, quanto mai realistico quello dipinto dal’Ufficio Studi della Cgia di Mestre.
I dati raccolti dall’associazione di categoria, relativi al 2021, raccontano infatti la crescita dell’esposizione debitoria dei nuclei familiari che – al 31 dicembre scorso – ammontava complessivamente a 574,8 miliardi con un aumento di 21,9 miliardi rispetto all’anno precedente.
Sebbene l’importo medio del debito per ciascun nucleo familiare, che si attesta a 22.237 euro, decresca leggermente (-851 euro rispetto al 2020), destano preoccupazione soprattutto due aspetti: la tendenza generale del fenomeno e i suoi possibili sviluppi nel 2022.
Per ciò che concerne le regioni settentrionali, la Cgia mestrina, riconduce l’incremento alla ripresa economica che ha caratterizzato l’anno passato, specie nel secondo semestre.
Ciò non toglie, tuttavia, che gli effetti del caro vita e del caro bollette – esplosi dopo le rilevazioni oggetto dello studio – potrebbero aggravare la situazione generale. Di tutt’altra natura è, invece, il ragionamento da fare in merito al Mezzogiorno d’Italia.
Nonostante, in stretti termini numerici, l’indebitamento sia minore è inequivoco il fatto che esso pesi più in questo contesto che altrove, soprattutto allorquando colpisce le famiglie più povere.
Ed è proprio presso di esse – a rischio povertà ed esclusione sociale – che i debiti incidono maggiormente sul reddito.
Ad aggravare questo quadro poco idilliaco, inoltre, si inseriscono i dati forniti dall’Istat. Dati che, in virtù delle crisi succedutesi dal 2008 in poi, testimoniano la crescita dei nuclei familiari in difficoltà e il divario tra poveri e ricchi.
Dando uno sguardo alla graduatoria delle province più indebitate emerge il “primato” di Milano con un debito medio di 33.523 euro a famiglia e l’ultimo posto di Enna (9.468). Le città del sud e quelle siciliane non occupano le posizioni di vertice, ma fanno comunque i conti con esposizioni medie non indifferenti.
Palermo (69°, 18.072 €), Catania (73°, 17.188 €), Siracusa (76°, 16.733 €), Ragusa (85°, 15.095 €), Messina (88°, 14.092 €), Trapani (95°, 12.933 €), Caltanissetta (98°, 11.996 €). Tra i rischi maggiori, in particolare per artigiani, commercianti e partite Iva, quello di cadere nella trappola dell’usura.
Un vicolo cieco di cui si parla troppo poco e che miete sempre più vittime, in un contesto in cui la paura fa latitare le denunce.