CATANIA – L’agricoltura si deve evolvere e deve andare di pari passo con la ricerca. È questa l’unica via per potere combattere le sfide di un futuro molto prossimo. Sfide che riguardano l’aumento della popolazione e quindi anche la necessità di avere più cibo di qualità, in un ambiente che, con i cambiamenti climatici, porta le coltivazioni a crescere e a svilupparsi in condizioni che per loro sono estreme. Bisogna tenere conto, quindi, dei passi in avanti che sta compiendo la scienza.
In particolare, nel campo della genetica agraria, esiste una nuova tecnica di editing genetico, la Crispr-Cas9, che è stata a giusto titolo definita “rivoluzionaria” da Chiara Tonelli, professoressa di genetica agraria all’Università degli studi di Milano.
“Questa nuova tecnologia – ha spiegato Chiara Tonelli – permette di andare a tagliare il gene in una determinata posizione, togliere un determinato nucleotide e inserirne un altro. Il risultato è simile a un processo di mutazione spontanea, il quale potrebbe avvenire anche naturalmente. Solo che la mutazione spontanea, ha una frequenza molto bassa in natura, e si concretizza una volta su centomila. Se si fa in laboratorio la mutazione si ottiene sempre”.
Chiara Tonelli, insieme al suo team di ricercatori, sta lavorando su un gene che regola gli scambi dell’acqua all’interno di una specie vegetale, rendendola più resistente in ambienti aridi o a periodi di forte siccità. La scoperta della professoressa milanese è riconducibile a un gene che regola le cellule di guardia degli stomi, ovvero i fori che sono presenti sulla superficie delle foglie e che regolano proprio gli scambi gassosi che sono alla base della fotosintesi (entra CO2 ed escono ossigeno e acqua sotto forma di vapore acqueo). “Questi stomi – ha aggiunto Tonelli – di notte si chiudono perché non si fa fotosintesi e quindi non ha senso che la pianta perda acqua inutilmente. Di giorno, rimanendo aperti, fanno si che la pianta perda molta acqua: più del 90% dell’acqua che assorbe con le radici viene traspirata dalla pianta. Io ho trovato questo gene che, inattivandolo, riduce di un 30% l’apertura degli stomi, però, allo stesso tempo, permette che la fotosintesi sia normale, riducendo solo la traspirazione. Quindi ho ottenuto delle piante che sono in grado di utilizzare l’acqua con più saggezza”.
Attualmente, la scoperta, che una decina di anni fa era stata fatta su una pianta modello che viene usata dai ricercatori di genetica agraria (Arabidopsis Thaliana), sta vivendo una fase di sperimentazione su alcune delle specie simbolo del “Made in Italy” come il pomodoro e la vite. Infatti, grazie alla genomica e all’utilizzo dei Big data, la così detta intelligenza artificiale, è stato possibile notare che questo particolare gene è conservato in tutte le piante e che inattivandolo si ottengono delle specie più resistenti.
La criticità maggiore di questa tecnologia, è che, in questo momento, questo tipo di piante non possono essere coltivate in campo aperto ma solamente in serra. Questo perché sono associate agli Ogm. “Questa tecnica – ha spiegato la professoressa – e le piante che sono state ottenute grazie ad essa, sono in un limbo: non si sa bene se classificarle come Ogm o equipararle alla mutagenesi, che avviene o perché la induciamo o spontaneamente”.
Sono tanti i problemi che una pianta deve affrontare durante la sua vita: dai periodi di abbondante pioggia ai periodi di forte siccità a quelli delle gelate agli attacchi dei parassiti. Grazie a questa tecnologia, secondo Chiara Tonelli, potremmo essere capaci di “creare una super pianta che riesce a sopravvivere a tutte queste difficoltà”.