ROMA – Si accende il dibattito sulla pressione fiscale in vista della stesura, da parte del Governo, della bozza della Legge di Bilancio per il 2025. Un dibattito che appare ancora più aspro da quando il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha affermato che tutti saranno chiamati a fare dei sacrifici e che una parte della copertura finanziaria delle spese programmate sarà recuperata attraverso l’“allineamento” delle accise sui carburanti e l’aumento della base imponibile conseguente all’aggiornamento delle rendite catastali degli immobili.
Le parole del ministro sono state oggetto di diverse interpretazioni, fermo restando quanto ribadito dal Governo sull’impegno di non aumentare, ma diminuire, la pressione fiscale, facendo diventare strutturale la diminuzione del cuneo fiscale e intervenendo sugli scaglioni e sulle aliquote dell’Irpef e, con riguardo alle rendite catastali, di intervenire soltanto per gli immobili che hanno beneficiato del Superbonus 110%.
Per quanto riguarda il ventilato aggiornamento delle rendite catastali, qualche considerazione va fatta. Giova ricordare, innanzitutto, che risale agli inizi degli anni 2000 l’impegno, in verità mai realizzato, di scovare tutti gli immobili non accatastati (i così detti “immobili fantasma”) e di revisionare tutte le rendite catastali di tutti gli immobili attualmente censiti. Una notizia che, già allora, ha determinato una forte protesta, nella considerazione che l’intervento sulle rendite catastali avrebbe fatto aumentare la base imponibile di tutti i tributi che si applicano su un importo che tiene conto del valore catastale dell’immobile. Tra questi, principalmente, l’Imu, una imposta patrimoniale, nonché l’imposta di registro e le imposte ipotecaria e catastale in caso di trasferimenti immobiliari. Una protesta così forte che ha indotto il Governo prima a promettere che la revisione sarebbe stata fatta senza un aumento della pressione fiscale, e poi a far passare nel dimenticatoio l’originaria intenzione di modificare le rendite.
Giova ricordare, inoltre, che la legge di Bilancio per il 2024 ha previsto che l’Agenzia delle Entrate deve verificare la presentazione della comunicazione di revisione della rendita catastale dopo l’effettuazione di lavori fruendo del Superbonus. Più in particolare, l’art. 1, comma 86, della Legge 30 dicembre 2023, n. 213, ha disposto che “l’Agenzia delle Entrate, con riferimento alle unità immobiliari oggetto degli interventi di cui all’articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, verifica, sulla base di specifiche liste selettive elaborate con l’utilizzo delle moderne tecnologie di interoperabilità e analisi delle banche dati, se sia stata presentata, ove prevista, la dichiarazione di cui all’articolo 1,commi 1 e 2, del regolamento di cui al decreto del Ministro delle Finanze 19 aprile 1994, n. 701, anche ai fini degli eventuali effetti sulla rendita dell’immobile presente in atti nel catasto dei fabbricati”.
Il successivo comma 87 ha inoltre previsto che “nei casi oggetto di verifica di cui al comma 86 per i quali non risulti presentata la dichiarazione, l’Agenzia delle Entrate può inviare al contribuente apposita comunicazione ai sensi dell’articolo 1, commi da 634 a 636, della legge 23 dicembre 2014, n. 190”.
Completati i lavori agevolati fruendo del Superbonus, pertanto, c’era già l’obbligo, a partire da quest’anno, di trasmettere all’Agenzia delle Entrate la conseguente comunicazione (procedura Docfa), contenente l’eventuale variazione catastale con aggiornamento della relativa rendita nei casi in cui le vigenti disposizioni sul Catasto e il Testo unico sull’edilizia lo prevedano. Ma non pare che i citati controlli, nonostante la previsione normativa, siano stati fatti. Per completezza di informazione si ricorda che la Legge di bilancio 2024 è la stessa legge che contiene anche la previsione, al fine di evitare operazioni meramente speculative, di un prelievo del 26% sulla plusvalenza generata dalla vendita, entro 10 anni dall’ultimazione dei lavori, di immobili ristrutturati con il Superbonus.
Ecco, quindi, che, nei termini chiariti dal Governo, ossia puntando alla ricerca degli immobili fantasma e controllando le rendite catastali degli immobili per i quali è stato utilizzato il credito d’imposta 110%, le intenzioni del Governo (alle quali dovrà evidentemente far seguito l’approvazione parlamentare), non dovrebbero scandalizzare più di tanto.
È probabile, quindi, che nelle liste selettive dei controlli dell’Agenzia delle Entrate possano trovare spazio le segnalazioni di utilizzo del Superbonus 110% che, se da un lato non possono creare problemi a coloro i quali hanno presentato la dichiarazione e non rientrano nelle condizioni previste per la revisione della rendita catastale, dall’altro costituiscono un utile strumento non solo per fare emergere immobili illegalmente sottratti a ogni tipo di imposizione fiscale, ma anche per fare emergere il giusto valore per gli immobili i quali, seppure originariamente regolarmente accatastati, dopo la ristrutturazione avvenuta con l’utilizzo del bonus – e pertanto anche dopo l’incremento di valore che hanno subito – continuano a pagare le tasse su una base imponibile inferiore perché determinata sulla base della vecchia rendita catastale.