L’autodichia, legge interna del Parlamento, non consente all’Autorità giudiziaria ordinaria di entrare in quei palazzi, perché la Costituzione ha imposto la separazione dei poteri.
Di conseguenza, la delibera fatta approvare dal Movimento 5 stelle in seno al Consiglio di Presidenza del Senato, ha resistito agli attacchi che i privilegiati le hanno mosso in sede giudiziaria: i magistrati ordinari hanno detto che non gli compete.
Tali privilegiati, tuttavia, non si sono rassegnati e hanno fatto ricorso alla Commissione Contenziosa del Senato, una specie di secondo grado di giudizio.
Tale Commissione è presieduta da Giacomo Caliendo, un senatore che deve valutare l’accoglimento dei ricorsi, di cui lui stesso parlamentare beneficerebbe in caso positivo. Il che evidenzia il conflitto d’interesse in quanto un giudice non può intervenire in una questione che lo riguarda.
I pentastellati hanno organizzato una manifestazione per il 15 febbraio davanti a Montecitorio, per sollecitare l’opinione pubblica a farsi sentire, con voce alta e chiara, contro chi vuole sfruttare l’autodichia per mantenere privilegi e tornaconti personali.
In questa vicenda, stupisce l’assordante silenzio di soggetti intermedi fra i cittadini e le istituzioni, quali sindacati, associazioni imprenditoriali e bancarie, partiti. Stupisce anche l’assenza della voce della Chiesa, che dovrebbe tutelare i più deboli e alzare i toni contro i prepotenti, quali appunto sono i detentori di questi privilegi arcaici.
Non si sono sentite nemmeno le voci delle diverse associazioni: da quelle umanitarie e di servizio alle altre che rappresentano i consumatori, passando per quelle a difesa dell’ambiente.
Insomma, i pezzi più importanti della società tacciono di fronte a questo sconcio e di fronte all’impudenza di questi ex parlamentari che continuano a sfruttare lo Stato, cioè noi cittadini, senza mostrare alcuna vergogna o disdoro.
La questione etica dovrebbe governare i comportamenti degli uomini politici, soprattutto quando sono delegati ad amministrare le istituzioni. Non sappiamo se costoro hanno la dignità e la capacità di capire quando il limite della decenza è stato superato.
Mentre all’interno del Parlamento nessuno può intervenire, contro le leggi approvata nell’Assemblea regionale siciliana il Governo può farlo, impugnando le stesse e portandole avanti alla Corte Costituzionale, che è appunto il Tribunale delle leggi.
Cosa è successo all’Ars? Sotto la guida del suo presidente Gianfranco Micciché, anziché eliminare tutti i privilegi agli ex deputati regionali, l’Assemblea ha approvato una norma che fa una carezza agli stessi privilegi, di fatto rimasti inalterati.
Con questo comportamento, l’Assemblea regionale ha aperto una sorta di contenzioso con il Governo che potrebbe limitare il trasferimento di risorse alla Regione.
In ogni caso, si presume che la legge pro privilegi verrà cassata dalla Corte Costituzionale e l’Assemblea dovrà farne una nuova, questa volta in linea con quella del Parlamento nazionale.
Anche in questo caso non abbiamo sentito levarsi la voce, forte e chiara, di tutti quei pezzi intermedi della società che abbiamo prima elencato. Questo la dice lunga sulle connivenze e sull’intreccio di interessi che vi è fra i rappresentanti delle istituzioni e quelli di tali parti sociali. Non necessariamente interessi materiali. Anche solo interessi immateriali come favori, benefici, raccomandazioni e simili, i quali sono le palle al piede della crescita di una società in cui obiettività, giustizia, equità e ragionevolezza siano diffusi adeguatamente.
Così non è, e tutti, ma proprio tutti, ne facciamo le spese in termini di disuguaglianze, inquinamento ambientale, decrescita economica, elevata disoccupazione e via enumerando.
Coloro che governano il Paese e la Regione siciliana, in buona misura non possiedono adeguate competenze e quindi non sono in condizione di gestire gli altri. Peggio, non tutti possiedono quei valori etici che dovrebbero costituire la stella polare delle decisioni e dei relativi comportamenti.
Tutto questo fa regredire il Paese, la civiltà e i rapporti fra cittadini e istituzioni, che dovrebbero essere improntati a rispetto ed equità.