Sono scattate questa mattina le operazioni da parte delle forze dell’Ordine nell’ambito del giro di corruzione e gestione clientelare all’interno del Consorzio Rete Fognante di Taormina. A finire nei guai due ex dirigenti dell’Ente e degli imprenditori locali. Al centro dello scandalo consumatosi sulla costa ionica tra Messina e Catania, presunti favoritismi nell’assegnazione dei lavori di manutenzione dell’Ente pubblico.
Corruzione, turbata libertà nel processo di selezione degli appalti, falsificazione, truffa e inquinamento ambientale. Sono queste le pesanti accuse rivolte a due ex dirigenti dell’Ente e a imprenditori locali da parte delle Fiamme Gialle di Messina e della Polizia di Stato di Taormina. Sono stati loro a eseguire un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di vari individui legati al Consorzio Rete Fognante di Taormina, responsabile dell’impianto fognario nella zona ionica di Messina.
Contestualmente, è stata disposta la sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio nei confronti di un ex dirigente del Consorzio oltre al divieto temporaneo per due imprenditori della provincia di Messina e un professionista, già dirigente dell’Ente, di contrarre appalti con la Pubblica Amministrazione.
Le indagini, condotte dalla Polizia di Stato di Taormina e dalla Guardia di Finanza, hanno rivelato un sistema consolidato di cattiva gestione delle funzioni pubbliche, contravvenendo ai principi di correttezza, trasparenza ed imparzialità. In particolare, due dirigenti avevano il controllo su lavori di manutenzione dell’Ente pubblico, assegnandoli in modo arbitrario per fini personali.
Durante le indagini è poi emerso che l’impianto di depurazione era utilizzato senza autorizzazione e senza manutenzione, causando danni all’ecosistema fluviale delle gole dell’Alcantara. Il Giudice per le Indagini Preliminari ha ordinato il sequestro di un veicolo utilizzato per il trasporto illecito di rifiuti e lo scarico abusivo di reflui fognari proprio all’interno delle acque meta di turismo soprattutto nella stagione estiva.
L’impianto del Consorzio Rete Fognante è nel frattempo stato sottoposto a sequestro. Le normali operazioni di servizio resteranno a disposizione dell’utenza di tutta la riviera ionica, ma sotto il controllo dell’amministrazione giudiziaria. L’operazione mette in luce la cattiva gestione dell’Ente “in totale spregio dei principi di correttezza, trasparenza e imparzialità che dovrebbero presiedere all’azione amministrativa”, scrivono i magistrati.
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Messina, sono consistite in complesse ricostruzioni documentali, intercettazioni ambientali e accertamenti bancari, e sono servite per mettere in luce l’esistenza di un collaudato sistema di cattiva gestione delle funzioni pubbliche.
Il sistema illecito ruotava attorno alle figure dei due dirigenti, responsabili dell’area tecnica e dell’area finanziaria, che gestivano, in maniera clientelare, i lavori di manutenzione dell’Ente pubblico. Secondo i magistrati, una gestione condotta nell’inosservanza della vigente normativa sui contratti pubblici, affidandoli arbitrariamente a taluni imprenditori per la realizzazione di scopi personalistici, quali incarichi privati retribuiti ed altre varie utilità economiche.
Inoltre, gli investigatori hanno dimostrato che il Responsabile tecnico aveva consentito l’utilizzo dell’impianto di depurazione anche in assenza dell’autorizzazione allo scarico, risultata ormai scaduta, e della manutenzione della struttura, obbligatorie per il trattamento a norma di legge delle acque reflue, arrivando persino ad autorizzare uno degli imprenditori colpiti dalla misura restrittiva, allo scarico reiterato di reflui fognari non depurati nelle acque del fiume Alcantara, in totale inosservanza delle prescrizioni e cagionando un significativo danno all’ecosistema fluviale.