Da una perla della tradizione popolare, stavolta siciliana, con il testo tratto da Pitré dal regista Nino Romeo a un moderno dramma sulle morti da lavoro il cui titolo riporta una frase tante volte ascoltata da politici, imprenditori, commentatori: il cinismo di questa frase non è soltanto verbale; è cinismo “di sistema”.
Continuano fino al 5 settembre agosto, alle 21 nel Giardino Fava di Catania, le repliche del sesto dei nove appuntamenti di Green spass: Lu re d’amuri e altri racconti, tratto dal regista Nino Romeo, dagli scritti di Giuseppe Pitré.
Prossimo appuntamento, il settimo, a partire da 7 fino al 14 settembre alle ore 21, sempre nel Giardino Fava di Catania (via Caronda 82), il Gruppo Iarba presenta, in prima cittadina, lo spettacolo teatrale “Entro i limiti della media europea – oratorio in nero per le morti bianche (così le chiamano)”, scritto e diretto da Nino Romeo, conGraziana Maniscalco e Nino Romeo.
Premio Calcante 2010, promosso dalla SIAD Società Italiana Autori Drammatici
Racconta l’autore Nino Romeo: “Ho iniziato a scrivere Entro i limiti della media europea all’indomani dell’omicidio aziendale dei sette operai morti nel rogo delle acciaierie Thyssen Krupp di Torino, nella notte tra il 5 e 6 dicembre 2007. Ho impiegato due anni per ultimarlo: volevo evitare la retorica e non intendevo stendere la nuda cronaca di quei fatti. Lo spettacolo ha debuttato a Roma nel marzo 2010 ed ha girato per festival e teatri italiani per due stagioni. Riprendiamo lo spettacolo perché le morti da lavoro sono di tremenda attualità: e la rivolta necessaria è più che mai un atto da promuovere”.
La motivazione della Giuria del Premio Calcante 2010, assegnato al testo di Nino Romeo: Entro i limiti della media europea di Nino Romeo è -al contempo- un assai incisivo pezzo di “teatro politico” e una suggestiva prova di teatro delle passioni, dell’ira e della dignità offesa. La terribile vicenda del rogo della Thyssen risulta incancellabile nella nostra memoria; e Romeo ha avuto, anche sul piano strettamente drammaturgico, la capacità di renderne il senso atroce con un linguaggio scarnificato eppure densissimo, incandescente e tuttavia raggelante. Dal pozzo oscuro del suo dolore, la moglie di un operaio morto da poche ore in un incidente sul lavoro, incarnata sulla scena da un’attrice di plastica sensibilità come Graziana Maniscalco, impartisce una dolorosa lezione di consapevolezza civile. Un monologo di lacerata compostezza.
Una donna si presenta al pubblico; è la moglie di un uomo vittima di un incidente sul lavoro, morto da poche ore. Parla, domanda e risponde ad un immaginario uditorio; emerge così il rapporto con il suo uomo, il dolore per la perdita, il licenziamento annunciato per il giorno successivo a quello in cui lui ha trovato la morte. La gente che le sta intorno le chiede di partecipare alle trasmissioni televisive che tratteranno dell’ennesima tragedia sul lavoro: lei rifiuta: non vuole che il suo dolore privato diventi pubblico spettacolo; ma soprattutto non vuole partecipare della funzione normalizzante e compassionevole assunta dai media in queste occasioni. Più procede il flusso di ricordi, immagini, pensieri, più emerge in lei la consapevolezza che la vera lezione di vita che quella morte porta in sé è il rifiuto, intimo e radicale, di un modello produttivo basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sul profitto che i pochi ricavano dal lavoro e dalla vita di tanti. Compressa dal dolore, la donna mantiene la lucida autonomia del giudizio: il suo linguaggio non è falsamente mimetico, non è quello che vorrebbe metterle in bocca chi ritiene i subordinati per classe incapaci di rendere immagini e pensieri in parole; e non è il linguaggio concettuale di intellettuali rabbonenti; è parola spezzata, graduale consapevolezza linguistica che avanza in parallelo alla consapevolezza di sé acquisita attraverso un trauma insanabile.A precedere la pièce, un uomo ripete ostinatamente le stesse battute: sono le parole che il padre di uno degli operai morti nel rogo della Thyssen Krupp ripeteva mostrando la fotografia del figlio. Quelle poche parole sono segni definitivi di rabbia, di dolore e di accusa. Il titolo riporta una frase tante volte ascoltata da politici, imprenditori, commentatori: il cinismo di questa frase non è soltanto verbale; è cinismo “di sistema”.Non è vero che le morti sul lavoro sono “un dramma nazionale che unisce tutti i cittadini”; è una tragedia secolare che ci divide: per condizioni, per sensibilità, per valori.
Poiché lo spazio del Giardino Fava offre, con le misure anti-Covid, un massimo di 50 posti, il pubblico è invitato a prenotare o telefonando al 347 3637379 oppure inviando allo stesso numero un messaggio sulla piattaforma Whatsapp. Ovviamente, si richiede il Green pass: “No pass no spass”, dicono gli organizzatori.