La Regione ha annunciato la realizzazione di due termovalorizzatori e immancabilmente si sono sollevate aspre le opposizioni con prospettive di barricate da parte di alcuni ambientalisti oltranzisti, – pochi per la verità – e di qualche esponente politico che guarda più alla prossima contesa elettorale piuttosto che al futuro (e certo al passato) della propria regione. Volendo evitare di strumentalizzare e portare come sempre a sterile e dannoso conflitto da stadio una questione già pienamente risolta in tanti paesi e regioni europee – che purtroppo non siamo riusciti ad imitare – mi limito a poche considerazioni e soprattutto ad una proposta costruttiva.
Bene i due termovalorizzatori. Un errore la localizzazione del secondo (e in parte la tipologia). Un errore grave che non ci possiamo permettere. Gli impianti devono stare vicini ai maggiori centri di produzione e quindi c’è poco da fare: Catania e Palermo. Ma c’è un’altra e altrettanto importante ragione per questa scelta, e si chiama simbiosi industriale. Un approccio che chi usa, con cognizione di causa, le parole innovazione e sostenibilità non può certamente trascurare.
La Sicilia, a prescindere dal raggiungimento di quote forse utopiche di RD ha ed avrà ancora tanto rifiuto residuale (a regime un 35-40%) da smaltire nei prossimi anni; ma ha anche serissimi problemi di gestione dei fanghi di depurazione – con molti gestori ingiustamente inquisiti – e ancora nel 2022 (argomento della mia tesi di laurea nel 1994) ha recupero zero del suo bene più prezioso: l’acqua, anche se reflua. E allora, nella possibilità di colmare, dopo decenni, un gap infrastrutturale che vede tutta Europa dotata di sistemi di recupero energetico della frazione residuale del rifiuto perché non fare tesoro di questo infamante ritardo e sviluppare noi per primi un approccio “waste-wastewater-energy nexus”, ovvero l’integrazione industriale di tutti quei sistemi che oggi trattano separatamente rifiuti, acque reflue e fanghi di depurazione per arrivare ad un sistema integrato che possa rendere la Sicilia il riferimento più avanzato e sostenibile al mondo per la reale chiusura dei (diversi) cicli, allontanando per sempre lo spettro dell’insufficienza impiantistica e del costoso e insostenibile (ambientalmente ed economicamente) trasporto fuori regione?
Un modello, da replicare nelle due aree industriali di Catania e Palermo che, proprio attraverso la simbiosi industriale integri 1) l’impianto esistente di trattamento acque reflue, 2) un impianto potenziato di digestione anaerobica per il trattamento contestuale (non necessariamente congiunto) di Forsu e fanghi e 3) uno dei due nuovi impianti di valorizzazione energetica della frazione residuale del rifiuto e degli scarti con produzione di energia elettrica e calore. Una formidabile ottimizzazione energetica che a dispetto di quanto erroneamente a artatamente minacciato da tanti incompetenti, massimizza contestualmente anche il recupero di materia attraverso il riciclo di acque, fanghi e tutti i residui di processo.
Basta dare un’occhiata all’immagine per capire i tanti vantaggi tra i quali in particolare:
È oggi impossibile in Sicilia costruire impianti WtE nel centro delle città, come invece è stato fatto nel Nord Europa, per sfruttare appieno la loro produzione di energia termica. Ma c’è ancora una chiara possibilità – anche nelle nostre regioni più calde – di utilizzare gli illustrati vantaggi della simbiosi industriale e urbana localizzando queste strutture in distretti industriali, vicino ai principali impianti di depurazione.
Attraverso un utilizzo simbiotico della produzione di energia da termovalorizzazione, altrimenti persa in discarica (come accade proprio in questo momento), per supportare i processi di digestione anaerobica, di riuso delle acque reflue e di recupero dei fanghi – nonché la richiesta di ulteriori aziende interessate – il sistema proposto può essere considerato come una moderna bio-raffineria, atta a produrre energia e materiali, in grado di fornire elettricità, calore e biometano in eccesso ai distretti industriali e / o alle città limitrofe, e quindi aumentare in modo significativo la circolarità complessiva favorendo anche per queste regioni – nettamente in ritardo – un significativo riavvicinamento – se non un sorpasso – nel percorso verso il New Green Deal promosso dall’Unione Europea. Tutti benefici determinanti per superare la sterile e incompetente opposizione agli impianti di valorizzazione energetica del rifiuto che sono spesso descritti in modo incoerente e infondato come antagonisti al riciclaggio dei rifiuti e alla massimizzazione del recupero.
Giuseppe Mancini
Professore di Impianti Chimici
Università di Catania