Inchiesta

Termovalorizzatori, Musumeci non tentenni. Se il ministro Costa dice no, vuole un’Isola-discarica

PALERMO – Le due discariche siciliane – Bellolampo e la sequestrata Mazzarà Sant’Andrea – segnalate tra i casi ambientali dell’Ispra, nel corso del biennio 2017-2018, fanno emergere, ancora una volta, le criticità di un sistema di gestione dei rifiuti ormai in fase di collasso. E mentre tra Palermo e Roma si continua a discutere sull’opportunità dei termovalorizzatori per chiudere il ciclo – più o meno come succedeva esattamente un anno fa e senza nessuna novità di rilievo – la Sicilia continua ad arrancare tra un’emergenza e l’altra. Dal governo regionale, tuttavia, pare che la strada della valorizzazione energetica dei rifiuti, prevista anche dalla normativa europea, sia ormai tracciata, ma dalle parti isolane le certezze non sono mai di casa.

RITORNO ALLE ORIGINI
Sono passati cinque anni dal dl 133/2014 (cd decreto legge sblocca Italia poi convertito nella legge 164/2014) e dallo schema di decreto attuativo del governo sull’articolo 35, il famigerato capitolo dedicato agli inceneritori che era stato voluto, all’epoca, dal governo Renzi. Dopo un tira e molla durato diversi mesi e che riguardava sostanzialmente il numero di termovalorizzatori da installare sul territorio isolano, con Crocetta che all’epoca era il presidente della Regione e ne voleva cinque o sei a differenza del piano governativo che ne prevedeva due di grandi dimensioni, alla fine non se ne fece niente. Nei giorni scorsi, a distanza di diversi anni, sulla stampa regionale è circolata nuovamente la notizia dell’inserimento di due impianti di valorizzazione energetica dei rifiuti all’interno del Piano regionale, facendo appunto riferimento alla norma prevista nello Sblocca Italia.

LO SBLOCCA ITALIA
Risale al 10 agosto del 2016 il decreto del presidente del consiglio relativo alla “Individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale, nonché individuazione del fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilati”.

In una delle tabelle allegate al provvedimento, si prevede per la Sicilia, a fronte di una raccolta differenziata al 65%, un fabbisogno residuo da soddisfare pari a 685.099 tonnellate all’anno tramite due impianti. Proprio a questa quantità farebbe riferimento il governo regionale, anche se la decisione finale sarebbe stata rinviata in vista di una nuova quantificazione del reale fabbisogno. Una posizione ondivaga, quella del governo regionale, al punto che di fatto nessuno si è mai espresso nettamente in maniera favorevole o contraria. Nel piano, stando alle versioni riportate online sul sito della Regione, la decisione sui termovalorizzatori era demandata alle società di regolamentazione dei rifiuti.

IL CASO COL MINISTERO
L’inserimento dei due termovalorizzatori all’interno del piano, oltre che allo Sblocca Italia, rientrerebbe in una segnalazione dei tecnici del ministero dell’Ambiente che già aveva fatto tanto discutere. Nell’aprile del 2018 una prima versione del Piano di gestione regionale dei rifiuti era stata valutata dai tecnici ministeriali che l’avevano passata al setaccio, realizzando, a tal proposito, una relazione di 35 pagine che metteva in evidenza tutti i punti deboli, in particolare, si leggeva nella relazione, “l’assoluta necessità di localizzare sul territorio dell’Isola almeno due o più impianti di incenerimento di capacità pari al relativo fabbisogno”. Il caso, con un ministro dell’Ambiente stellato che poi è il medesimo dell’attuale governo, era esploso in tutta la sua contraddizione quando gli stessi tecnici erano stati smentiti dal loro capo che in una nota infuocata aveva precisato di aver dato mandato “immediato al capo di gabinetto e al segretario generale di aprire un’istruttoria amministrativa interna per conoscere chi abbia violato la mia direttiva politica. Mai e poi mai avrei proposto quanto letto nelle deduzioni nell’ambito della Vas del piano regionale rifiuti”. A distanza di un anno e mezzo la situazione non pare essersi sbloccata: dopo la notizia che la Regione siciliana si era messa sulla strada della termovalorizzazione, il ministro Costa, proprio nei giorni scorsi, ha ribadito che la “strada è sbagliata”.

EMERGENZA SENZA FINE
Tutti i sistemi di gestione virtuosa del rifiuto prevedono una raccolta differenziata elevata, fino al 65% e anche oltre, e poi impianti di riciclo in grado di attivare economie di scale per una vera e propria filiera. La normative Ue, inoltre, prevede che, ben prima della discarica, che ancora oggi in Sicilia occupa più del 70% dello smaltimento dei rifiuti (dati aggiornati al 2017, Ispra), si dia spazio al recupero energetico e termico che nell’Isola non esiste. Lo ha confermato anche Salvo Cocina, dirigente regionale del dipartimento Acqua e rifiuti, in un post apparso sul proprio profilo facebook, spiegando che “il corretto ciclo dei rifiuti, come da norma europea, prevede anche il recupero energetico”. L’obiettivo è chiaramente quello di eliminare le discariche che in alcuni Paesi europei sono praticamente residuali e che, invece, in Sicilia continuano a costituire un problema dal punto di vista ambientale e sanitario.

BELLOLAMPO TRA I CASI AMBIENTALI DELL’ISPRA
La pericolosità delle discariche è confermata anche dall’ultimo studio in materia. Nel 2017-2018, l’Ispra, il centro studi del ministero dell’Ambiente, ha censito 30 nuovi casi di grave danno ambientale accertati in Italia che sono stati riportati nel primo “Rapporto sul danno ambientale” dell’Ispra. In Sicilia è stata segnalata la discarica di Bellolampo per non conformità gestionali e strutturali e la diffusione di percolato verso l’esterno. Nell’elenco anche un altro caso, dello stesso tenore, in provincia di Messina che si collega alla discarica di Mazzarà Sant’Andrea. Su cinque casi siciliani registrati dall’Ispra, ben due le discariche.

Sicindustria: “Bellolampo sito ideale per ospitarne uno”

PALERMO – Gli industriali di Sicilia hanno le idee ben chiare. I termovalorizzatori “in Sicilia sono imprescindibili”.

“Non si può pretendere di risolvere il tema di ambiente-energia-rifiuti senza affrontare la madre di tutte le questioni: quella dei termovalorizzatori”, ha spiegato il vicepresidente vicario di Sicindustria, Alessandro Albanese.

Per il leader degli industriali isolani, la recente apertura della Regione è positiva perché “gli impianti sono necessari” così come “necessario è che si faccia in fretta a valutare e aggiornare il fabbisogno residuo da coprire con gli inceneritori”. Resta fondamentale, secondo Albanese, che un impianto venga realizzato a Palermo. “Bellolampo è senza dubbio il sito ideale, e a realizzarlo e gestirlo potrebbe anche essere la Rap”.

E dalla parte degli industriali si sono schierati anche i cittadini che ormai da qualche settimana sono stati coinvolti ad esprimersi con la petizione online (https://www.change.org/p/catania-basta-munnizza-a-cielo-aperto) su change.org che li invita a prendere una posizione sul tema e che sta già riscuotendo una grande partecipazione. L’iniziativa del QdS si chiama, appunto “Basta ‘Munnizza’ a cielo aperto!” e invita i cittadini ad appoggiare la costruzione di “almeno un paio di termovalorizzatori di ultima generazione e la chiusura delle inquinanti discariche”.

Resiste il no all’impianto nella Valle del Mela

PALERMO – Potrebbe pure passare la nuova linea a livello regionale, con due ipotetici termovalorizzatori dalle parti di Catania e Palermo, ma di certo non si farà l’impianto di Valle del Mela che da diversi anni si prova a realizzare nell’area messinese. “La Valle del Mela non può ospitare ulteriori impianti industriali di forte impatto ambientale” ha spiegato Musumeci, precisando di averlo scritto “all’ex premier Paolo Gentiloni l’otto marzo 2018, quando ho formalizzato, nero su bianco, il parere contrario della Regione al progettato mega-inceneritore”. Si prevede un rinnovo del rifiuto anche all’imminente incontro col ministro dell’Ambiente Sergio Costa, nel corso del quale sarà evidenziata l’esigenza di “definire per la Valle del Mela un Piano di bonifica e di risanamento ambientale, che il mio governo è disposto a cofinanziare” perché “su quel territorio, colpevolmente sfruttato da decenni, abbiamo le idee ben chiare”.
Musumeci, in questa lunga nota, ha voluto precisare che la Regione non intende restare “inerte e inerme – se non complice – di fronte alla devastazione dei propri territori” e in tal senso avrà il “piacere di incontrare nelle prossime settimane quei volontari ambientalisti per ascoltare le loro proposte e concordare assieme ai sindaci della zona concrete iniziative di risanamento”.