Inchiesta

Termovalorizzatori, ritorno all’anno zero. In Sicilia la solita puzza… di discarica

Sono ormai un lontano ricordo le dichiarazioni sui termovalorizzatori e sulla “risoluzione del problema rifiuti” fatte in campagna elettorale da quella che di lì a poco sarebbe diventata la futura maggioranza della politica siciliana. Oggi, dopo quasi cinque mesi dalla vittoria elettorale, il Governo Schifani va indietro tutta. Il lavoro portato avanti dal precedente esecutivo regionale per realizzare due termovalorizzatori in Sicilia? Cestinato. “Basato su dati del Governo Renzi”, dice l’assessore Di Mauro. E tutto inizia da capo, mentre si autorizzano nuove discariche nel ragusano, continuano i lavori per le nuove vasche di Palermo e Trapani e sul tavolo ci sarebbe anche un “piano da 150 milioni concordato con il presidente Schifani” per garantire alla Sicilia un’autonomia cinquennale di abbancamento dei rifiuti.

A Roma si tira dritto, in Sicilia indietro tutta

In Sicilia si segna dunque un’inversione di marcia sui termovalorizzatori e non si parla di incrementare gli impianti per il recupero di materia. D’altro canto si riparte da zero anche a livello dirigenziale, con il cambio al vertice del dipartimento Acqua e rifiuti. Un cambio che vede protagonisti l’uscente Antonio Martini (che torna a ricoprire solo la carica di vertice al dipartimento Energia) e l’entrante, ad interim, Maria Letizia Di Liberti.

Una nomina, avvenuta su suggerimento dell’assessore dell’Energia e dei servizi di pubblica utilità Roberto Di Mauro, in un dipartimento chiave per l’affaire munnizza da cui si decide il grande risiko dei conferimenti nelle uniche tre discariche ormai rimaste in Sicilia. Mentre il dietro front sui termovalorizzatori sta caratterizzando la politica siciliana, nella capitale (che vive la stessa emergenza rifiuti dell’Isola) il sindaco Gualtieri tira dritto sugli impianti di recupero energetico. Anche di fronte alle critiche. Ultime in ordine di tempo quelle mosse dalla Cgil.

Non siamo d’accordo – ha dichiarato nei giorni scorsi Michele Azzola, segretario regionale del sindacato – sul termovalorizzatore. Non condividiamo questa scelta. Sarebbe stato meglio partire dalla differenziata e dalla tariffa puntuale sui rifiuti. Dotare la città di cassonetti intelligenti”. Una posizione che è stata rimandata al mittente dal primo cittadino romano. “Oggi – ha detto Gualtieri – la filiera dello smaltimento è opaca, inquinante e fatta di impianti privati, alcuni di prossimità ed altri a centinaia o migliaia di chilometri di distanza. Tra l’altro molti incentrati sul conferimento in discarica. Uno scempio ambientale ed economico. Al di là della diversa ambizione sui livelli di differenziata ricordo che anche se Roma raggiungesse in pochi mesi gli obiettivi virtuosi mai raggiunti da nessuna città delle stesse dimensioni esisterebbero migliaia di tonnellate di residuo indifferenziato da smaltire”.

Da ormai due mesi è partito l’iter per la realizzazione del termovalorizzatore romano con la pubblicazione di una manifestazione di interesse della durata di 90 giorni. L’area industriale di Santa Palomba, zona a bassa densità insiedativa, sarà il luogo dove verrà realizzato il termovalorizzatore, che gestirà 600mila tonnellate annue di rifiuti indifferenziati. Oltre il 90% delle ceneri pesanti e leggere prodotte dall’impianto andranno a recupero e, in quanto materiale inerte, destinate a fondi stradali e usi edili. La posa della prima pietra del nuovo termovalorizzatore è prevista per la primavera del 2024 e l’impianto sarà completato nel 2026. Insomma, a Roma c’è un cronoprogramma già ben delineato mentre nell’Isola, dall’annuncio avvenuto a giugno 2021 ad oggi, di fatto ancora nessun passo in avanti è stato fatto.

Lo smaltimento dell’indifferenziato

Un quadro chiaro e puntuale sulla gestione della spazzatura indifferenziata lo ha fatto l’Ispra nel rapporto sui rifiuti urbani 2022, che contiene dati riferiti al 2021. Il recupero energetico nei termovalorizzatori, leggermente aumentato nel 2021, è di 6,1 milioni di tonnellate di cui 5,4 di rifiuti urbani divisi praticamente a metà fra frazione secca trattata e rifiuti veri e propri.
Questa mole di rifiuti è gestita sempre da 37 impianti, quasi tutti localizzati al Nord, che riescono a produrre energia elettrica per 4,4 milioni di MWh, mentre l’energia termica si attesta su 2,4 milioni di MWh. Il coincenerimento di rifiuti urbani trattati in impianti industriali (come i cementifici) ha toccato quota 401 mila tonnellate. Tutto il rimanente va dritto in discarica, dove nel 2021 sono arrivati 5,620 milioni di tonnellate, valore leggermente inferiore a quello del 2020 (5,820) e pari al 19% del totale dei rifiuti urbani. “Un valore sottostimato – ha commentato Chicco Testa, presidente Assoambiente, sulle pagine di questo quotidiano – visto che non si considerano gli scarti del riciclo avviati a discarica”. Il numero di discariche si è ridotto da 131 a 126.

“Mancano impianti – ha aggiunto – di recupero energetico per gestire l’indifferenziato e gli scarti del riciclo che aumentano ogni anno. Abbiano ancora troppa discarica (oltre il 20%)”. Altro punto dolente del rapporto è il trasporto dei rifiuti tra regioni e verso l’estero. Fenomeno che dal 2022 coinvolge anche la Sicilia con le spedizioni transfrontaliere della Sicula trasporti a 365 euro a tonnellata. Secondo il rapporto Ispra circa 550.000 tonnellate di rifiuti urbani sono smaltite in discariche di regioni diverse da quelle di produzione, mentre i rifiuti urbani esportati all’estero toccano quota 659 mila tonnellate, pari al 2,2% dei rifiuti urbani prodotti. Rispetto al 2020, l’esportazione è aumentata del 13,3%. Le regioni che esportano sono Campania, Lazio e Abruzzo. L’Austria, il Portogallo e la Spagna sono i Paesi a cui sono destinate le maggiori quantità di rifiuti urbani. Export che incide pesantemente sul costo del servizio di smaltimento.

“Il campione dei comuni analizzato da Ispra, pari a 6670 enti che coprono il 90,1% della popolazione italiana, – ha spiegato Chicco Testa – fa emergere un costo complessivo del servizio di gestione dei rifiuti urbani pari a 10,3 miliardi di euro, che diventano 11,4 miliardi di euro se parametrati a tutti gli abitanti italiani. Il costo abitante è pari a 185,6 euro con un aumento rispetto al 2020 del 4,6 %. Il costo a tonnellata è pari a 383 euro. La forbice fra regioni varia da 135 a 275 euro ad abitante e fra 280 e 485 euro a tonnellata”.

Lo smaltimento dell’indifferenziatto in Sicilia

Attualmente l’indifferenziato siciliano, secondo l’assessore Di Mauro, è circa il 50% dei rifiuti prodotti nell’Isola. Prendendo in considerazione il dato del rapporto Ispra, su un totale di rifiuti urbani raccolti nel 2021 pari a 2,2 milioni di tonnellate, l’indifferenziato supererebbe ancora il milione di tonnellate. Ma come vengono smaltite tutte queste tonnellate di immondizia? Tra le discariche presenti in Sicilia, attualmente tre, e gli impianti di recupero energetico olandesi a cui sono destinati la maggior parte dei rifiuti che passano dal trattamento meccanico biologico effettuato dalla Sicula Trasporti.
Insomma, l’impianto di smaltimento più utilizzato in Sicilia è la discarica, in barba alle normative Ue che prevedono un utilizzo ridotto al 10% entro il 2035. Paradosso nel paradosso, le uniche tre discariche che attualmente abbancano rifiuti sono sull’orlo della saturazione. Secondo l’assessore al ramo, Roberto Di Mauro, infatti, l’autonomia rimasta sarebbe di un anno. Troppo poco tempo per trasferire questo flusso di rifiuti in un termovalorizzatore a regime, dato che ancora quest’impianto esiste solamente nelle parole e nei pensieri del Governo regionale. Così la soluzione sarebbe autorizzare nuove discariche private. Come quelle previste nel ragusano, caso che è arrivato pure in Ue.

Le nuove discariche previste tra Ispica, Modica, Acate e Pozzallo – ha dichiarato l’eurodeputato siciliano del gruppo Greens/Efa Ignazio Corrao – sono un insulto inaccettabile alle comunità che vivono in quei territori. La decisione scriteriata di collocare l’ennesima discarica in un luogo incontaminato, a vocazione agricola e turistica è irragionevole, perlopiù alla luce delle nuove direttive Ue sul limite al conferimento in discarica. Ho chiesto alla Commissione Ue di intervenire immediatamente per tutelare il territorio e rispettare le norme comunitarie”.

Ma questi non sono gli unici siti che potrebbero essere destinati all’abbancamento dei rifiuti. Sono già in costruzione, infatti, le nuove vasche a Trapani e Palermo, in grado di dare un altro anno di respiro ai conferimenti siciliani una volta che entreranno in funzione. Al netto di ritardi e imprevisti (che già si sono presentati in passato per questi siti) ciò dovrebbe avvenire tra aprile e maggio 2023. Inoltre, sui tavoli di Di Mauro e Schifani ci sarebbe, come confermato dallo stesso assessore, un ulteriore piano da 150 milioni di euro per costruire nuove discariche in modo da consentire abbancamenti per altri cinque anni.

L’assessore Di Mauro: “I termovalorizzatori? La differenziata sta salendo, forse due impianti non serviranno…”

Qual è la situazione dei conferimenti della differenziata dopo lo stop all’impianto di Gela?
“In Sicilia siamo circa al 50% di differenziata, con punte di 80% e del 20%. Comunque, c’è una crescita in tante città. Ho parlato dello stop con i responsabili del compostaggio: noi faremo una rinuncia, ma loro devono essere in condizioni di conferire il prodotto secondo le regole. Altrimenti la discarica di Timpazzo non può ricevere i rifiuti. Bisogna rispettare le regole, succede spesso e la Sicilia occidentale si è adeguata ma c’è qualcosa che in Sicilia orientale ancora non è stata compreso. Purtroppo, non c’è alternativa, ormai abbiamo innestato il processo della differenziata. Ognuno che conferisce deve farlo secondo le regole e se non le rispetta non è possibile ammassare i rifiuti per correre ai ripari. Su questo c’è una vigilanza rigida dell’Arpa, sia per le competenze che ha ma anche su input dell’autorità giudiziaria”.

La saturazione delle discariche per l’indifferenziato siciliano è all’orizzonte, quanto tempo rimane prima di non avere più spazio?
“Noi siamo coperti per almeno un anno. Poi avremo tra aprile e maggio l’apertura della settima vasca di Bellolampo e quella di Trapani. Queste aperture porteranno ad un altro anno di garanzia di abbancamento. Dopo di che stiamo appuntando un piano da 150 milioni concordato con il presidente Schifani per cercare di garantirci una serenità fino a cinque anni. Nelle more di immaginare se deve essere realizzato il termovalorizzatore”.

A proposito di termovalorizzatori, i bandi per la costruzione dei due termovalorizzatori voluti dal precedente Governo a che punto sono?
“Si stanno facendo le valutazioni tecniche. Noi siamo al 50% di differenziata, se continuiamo a salire ancora ovviamente non ci sarà bisogno di due impianti. Capiremo quanti ne dobbiamo costruire”.

Quindi il lavoro svolto dal Governo Musumeci è stato messo da parte?
“Quel lavoro è stato fatto su dati che aveva dato il governo Renzi e che tenevano conto di una differenziata bassa. Oggi la differenziata è molto più alta e quindi bisogna fare una valutazione scientifica di quello che occorre perché non possiamo appesantire la Sicilia di un ulteriore costo di realizzazione. Siamo in una valutazione in itinere. L’idea di farli c’è, ma in relazione ai numeri della differenziata”.

Questa idea quando si concretizzerà in un bando pubblico?
“Intanto stiamo dando incarico all’Università per uno stralcio di questo piano che preveda l’individuazione di possibili termovalorizzatori”.

A quale Università?
“Ancora non abbiamo scelto. Tra massimo dieci giorni prenderemo la decisione”.