Economia

Tokyo 2020, l’Olimpiade dei record e il primato delle perdite

Comunque finisca quella che si è aperta oggi sarà l’Olimpiade dei record dal punto di vista economico. Solo che inizialmente il primato doveva riguardare gli incassi. Adesso, invece ci sarà il primato delle perdite che comunque si andranno a distribuire in maniera diseguale. A pagare il conto che potrebbe arrivare a 14 miliardi saranno i contribuenti giapponesi e questa considerazione aprirà certamente un dibattito piuttosto serrato sul futuro di altri colossal di questo tipo: valgono ancora la spesa oppure non è il caso di ripiegare su format più leggeri?

Il dibattito esploderà un attimo dopo che la fiamma olimpica sarà spenta. Tanto più che non ci saranno benefici indiretti destinati a far salire il Pil. Soprattutto perché i seicentomila stranieri che avevano già acquistato il biglietti messi in preventivo non ci saranno. Quindi mancheranno le entrate extra derivanti dall’atteso boom dei consumi. Era stato calcolato che nel corso dell’anno ci sarebbero state almeno 40 milioni di presenze.

Invece gli alberghi sono rimasti vuoti per tutto il 2020 e il 2021 e ora anche gli stadi saranno privi di pubblico. Non è un caso che i sondaggi mostrano una forte ostilità della popolazione per i Giochi. Un fatto assolutamente inedito vista la tradizionale disciplina dei giapponesi nei confronti delle autorità.

Eppure non sembrava che dovesse finire così male. Nonostante il rinvio di un anno (dal costo stimato di 2,4 miliardi di euro) il comitato organizzatore locale (TOCOG), guidato da Yasuo Mori, stato capace di raccogliere tre miliardi da una settantina di sponsor internazionali siglate fino ad oggi. Mai nessuna Olimpiade era stata capace di raccogliere questa ingente somma di denaro.

Invece i Giochi di Tokyo 2020 resteranno negli annali come il peggior affare di sempre il Paese ospitante. Dai dati forniti dal Comitato organizzatore emerge che il costo finale il conto finale per le Olimpiadi e le Paralimpiadi sarà di circa 14 miliardi di euro.

In realtà il totale è di gran lunga superiore considerando gli investimenti pubblici che il governo sperava di ammortizzare con il flusso dei turisti. Si arriva così ad almeno a 23,7 miliardi di euro, secondo i quotidiani Nikkei e Asahai. Quindi ben oltre Rio 2016 (16 miliardi di euro) e Londra 2012 (17 miliardi) per non parlare di Sydney 2000 (sotto i sei miliardi). Peraltro si stima che annullare i Giochi sarebbe costato ben 18 miliardi di euro.

Nel 2013 la previsione del comitato organizzatore era stata di meno di sei miliardi di euro, una stima molto prudente fatta anche per favorire il successo della candidatura, ma già i costi della sicurezza e dei trasporti erano rapidamente raddoppiati, ha scritto il giornale economico The Mainichi.

Del resto non è la prima volta che i costi di un’Olimpiade superano nettamente la stima iniziale: il record fu di Montreal nel 1976 (+720%), ma notevole fu anche Barcellona nel 1992 (266%).

Ma non sarà quaresima per tutti. A salvarsi sarà sicuramente il Cio. I diritti televisivi – che hanno garantito incassi per circa 4,4 miliardi – consentiranno al Comitato Olimpico internazionale di azzerare i danni i danni, facendo tirare un sospiro di sollievo a tutte le federazioni nazionali e agli sport minori che sopravvivono solo grazie ai contributi di solidarietà di Losanna.

Il 91% delle entrate dell’organizzazione è garantito dalla vendita dei diritti tv e dagli sponsor internazionali che vogliono legare il loro nome ai cinque cerchi. Le tv non si sono tirate indietro. Anzi la mancanza di pubblico ha esaltato il loro ruolo.

Nbc – che ha pagato 1,2 miliardi per l’esclusiva negli Stati Uniti – ha annunciato a inizio giugno di aver messo insieme 120 clienti pubblicitari, venti più di Rio 2016, che hanno pagato più di 1,2 miliardi di dollari per prenotare gli spot. Un tesoretto superiore a quello dell’edizione brasiliana che già si era chiusa per il gruppo con 250 milioni di profitti. Anche Discovery, che ha messo sul piatto circa 600 milioni per i diritti in Europa, sta ottenendo buoni riscontri di pubblicità e abbonamenti. Il bilancio olimpico, insomma, non è uguale per tutti.