Cultura

Tom Hanks su Netflix con “Notizie dal mondo”

NOTIZIE DAL MONDO
Regia di Paul Greengrass, con Tom Hanks (Jefferson Kyle Kidd), Helena Zengel (Johanna Leonberger).
Usa 2020, 118’.
Distribuzione: Netflix

Ex capitano dell’esercito confederato, Jefferson Kyle Kidd viaggia di città in città, nel Texas ancora ferito dalla sconfitta nella Guerra Civile, per leggere ad alta voce in affollate assemblee le principali notizie pubblicate dai giornali nazionali e locali. Quando si imbatte nell’unica superstite di un agguato a una carovana, una ragazzina di origine tedesca cresciuta dagli indiani Kiowa, decide di farsi carico delle sue sorti e consegnarla a dei parenti che vivono del Nord dello Stato. Un viaggio lungo e pieno di pericoli.

Pelli bruciate, villaggi più simili ad accampamenti che a città, vite condotte alla periferia della civiltà. Il consueto scenario western, qui in versione iperrealista nell’estetica di Paul Greengrass (“Bloody Sunday”, “Captain Phillips – Attacco in mare aperto”), è la coltre di polvere che inghiotte e immobilizza un protagonista che sembra uscire da un’altra epoca, un uomo nuovo con una diversa sensibilità, eterno straniero, affabulatore, creatore di mondi con una vena progressista dettata dall’aver visto l’orrore della guerra con i propri occhi (e averne sentito addosso il peso della colpa), mediatore culturale di una società dominata da forti contrasti e da istinti di sopraffazione e avidità.

La sceneggiatura si aggrappa sin da subito a topoi riconoscibili del genere di riferimento (l’eroe anziano e la bambina, da John Wayne all’ultimo Clooney – il cui “The Midnight Sky” può essere considerato a tutti gli effetti un western fantascientifico – passando per i fratelli Coen) e lo sguardo crepuscolare del regista (che inquadra i protagonisti per lo più nelle ore notturne, tra il tramonto e l’alba, a lume di candela, tra fughe e lande deserte, fiumi che straripano e piogge senza fine, con un misto di lentezza e urgenza) rimanda ai western pacifisti della controcultura, quelli in cui il gioco manicheo dei buoni e dei cattivi si fa più sfumato e i personaggi sono tutti accomunati dalla fatica dell’esistenza.

Anche il rapporto tra Kidd e la piccola Kiowa viene raccontato secondo convenzioni narrative consolidate: prima incomunicabilità, poi educazione e rispetto, infine scambio emotivo.

Nella parte centrale, però, l’intreccio sembra sfilacciarsi e perdere forza e coerenza. Il consueto apparire di alleati e nemici è spesso pretestuoso, il dialogo tra le filosofie di vita occidentale e aborigena non trova ancoraggio visivo ed eccede in didascalismi, i riferimenti letterari e cinematografici si affastellano senza sosta (tra tutti Jack London) abbracciando prima la dimensione del road movie, poi quella della fiaba western, che conduce al telefonato finale buonista.

Di maggiore interesse il controfinale, in cui la pratica delle letture si trasforma in una forma vera di spettacolo dal vivo che annuncia il mondo nuovo e – anche grazie all’aura che avvolge Tom Hanks come forse l’ultimo grande attore di cinema in un’era di postcinema – illumina il film di un bagliore metacinematografico.

Voto: ☺☺☺☻☻