Economia

La transazione fiscale un’importante opportunità

Mai come in questo periodo l’obiettivo di poter raggiungere un accordo transattivo con il Fisco si presenta di grande attualità.

Le recenti stime elaborate da Cerved Rating Agency sul numero delle aziende del settore turismo, ospitalità e costruzioni, a rischio nei prossimi mesi a causa della pandemia, si attestano  intorno a 115.000 imprese a livello nazionale. Risulta quindi particolarmente opportuno per l’imprenditore che si trova in una situazione di crisi valutare, sin da adesso, la possibilità di evitare un possibile fallimento (che dal prossimo mese di settembre cambierà nome in liquidazione giudiziale non appena entrerà in vigore il nuovo codice della crisi d’impresa) avviando una delle procedure di risoluzione della crisi prevista dalla legge, in base alla quale può essere formulata anche una proposta di accordo con il Fisco (ed anche con gli enti previdenziali): il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione.

Tralasciando in questa sede le caratteristiche delle due procedure (la prima che investe già dall’avvio il Tribunale mentre nella seconda l’intervento dei Giudici si ha nella fase di omologa dell’accordo già raggiunto con i creditori), all’interno di esse trova spazio la possibilità di raggiungere un accordo con il Fisco, che potrà permettere di ottenere uno sconto sul totale del debito maturato dall’azienda in crisi, sulla base di un Piano di ristrutturazione dell’intera posizione debitoria, la cui fattibilità deve essere attestata da un professionista indipendente.

La proposta di riduzione del debito deve essere presentata all’Agenzia delle Entrate (ed anche all’INPS ove si volesse proporre un accordo anche per il debito previdenziale) che deve esprimere il proprio accoglimento o rigetto entro il termine di 90 giorni dalla data di presentazione.

In tal modo è stato così stabilito per legge (con effetto immediato e quindi senza attendere l’entrata in vigore del Codice delle Crisi) il termine entro il quale l’Ente deve rispondere, eliminando così uno dei maggiori ostacoli ad ottenere l’assenso od il rigetto della proposta in tempi ragionevoli, dettato dalla prassi di alcuni uffici nell’assenza di alcun limite di tempo per le proprie valutazioni.

La novella legislativa introduce un’altra importante novità in relazione alla circostanza che l’Ente impositore, nel termine assegnato, rigetti la proposta di riduzione del debito o rimanga addirittura inerte (silenzio).

Nel primo caso (rigetto) la legge prevede l’intervento del Tribunale che, nell’ipotesi in cui il voto del Fisco risulti determinante per il raggiungimento della maggioranza (nel concordato preventivo) ovvero per il raggiungimento del 60% del creditori (nel caso dell’accordo di ristrutturazione) e valutata altresì la convenienza del pagamento proposto al Fisco, potrà esprimere, in sostituzione del Fisco, parere favorevole dando quindi seguito alla proposta formulata dal debitore in alternativa alla liquidazione giudiziale (oggi fallimento). 

In tal modo il debitore, il cui Piano di ristrutturazione è stato attestato da un professionista indipendente che ne ha confermato la fattibilità, si trova particolarmente tutelato in relazione ai tempi di conclusione dell’intera procedura (sia che esso si trovi nell’ambito della procedura di  concordato che dell’accordo di ristrutturazione).

Qualche dubbio si è posto invece nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate rimanga inerte ( silenzio) nel termine assegnato per la valutazione della proposta, atteso che in detta ipotesi non sembra essere certo l’intervento del Tribunale: secondo alcuni, infatti, in tal caso i Giudici risulterebbero eccessivamente onerati ove – per qualsiasi ragione – si instaurasse la prassi di troppi “silenzi” da parte dell’Ente.

La novella legislativa va comunque sicuramente accolta con favore da coloro che operano nel settore della Crisi d’impresa: ed anche l’interpretazione fornita dalla stessa Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 34/E del 2020, risulta orientata su una concreta valutazione della convenienza del Piano rispetto alla procedura fallimentare, e dunque alla possibilità per l’Erario di potere recuperare parte dei tributi di fronte ad uno scenario in base al quale tale circostanza risulterebbe integralmente azzerata oppure accertata in misura meno conveniente.

Dario Scelfo