Ambiente

Transizione energetica sul viale dei biocarburanti

Un biocarburante è un idrocarburo prodotto da un organismo vivente e che può essere usato per alimentare attrezzature, edifici e molto altro. I biocarburanti si pongono in netta contrapposizione con i combustibili fossili, che impiegano milioni di anni per formarsi, e con altri combustibili non composti da idrocarburi, quali la fissione nucleare. I biocarburanti possono anche essere prodotti tramite reazioni chimiche controllate eseguite nei laboratori o negli impianti industriali, che usano materia organica, le biomasse, per produrre combustibile.

I due requisiti per cui un biocarburante possa definirsi tale sono la presenza di anidride carbonica, elemento presente all’inizio del processo che viene fissato da un organismo vivente, e le tempistiche di produzione del combustibile finale, che devono avvenire in breve tempo. La biomassa è semplicemente materia organica quali i chicchi di mais, le alghe e gli steli della canna da zucchero, elementi disponibili in natura e che si possono annoverare tra il vasto gruppo delle biomasse.

Prima che il surriscaldamento globale legato allo sfruttamento di combustibili fossili diventasse un fattore importante nel determinare da dove provenisse l’energia, la preoccupazione principale era che i combustibili fossili, limitati nell’approvvigionamento, si sarebbero esauriti nel corso del prossimo secolo. Si è cominciato quindi a pensare che producendo gli idrocarburi in modo diverso e più velocemente si sarebbe potuto ugualmente soddisfare il fabbisogno energetico.

Un combustibile fossile non è considerato rinnovabile

Da ciò scaturisce una delle maggiori differenze tra biocarburanti e combustibili fossili: la rinnovabilità. Un combustibile fossile non è considerato rinnovabile in quanto impiega milioni di anni per formarsi. Il biocombustibile, invece, deriva dalle biomasse, che possono essere prodotte anno dopo anno attraverso pratiche ecosostenibili. Questo significa che la biomassa e il biocarburante sono rinnovabili (si può sostituire il biocarburante usato in un brevissimo periodo di tempo).

Il biocarburante non è di certo una novità

Infatti, Henry Ford aveva originariamente progettato il suo Modello T per funzionare con l’etanolo. Molteplici fattori determinano l’uso di carburanti bio e combustibili fossili nelle varie aree del mondo e i principali sono costi, disponibilità e fornitura di cibo, fattori tra loro correlati.

In origine si pensava che il biocarburante si potesse produrre in quantità quasi illimitata, data la sua peculiarità, quella di essere un’energia rinnovabile. Sfortunatamente, il nostro fabbisogno energetico supera di gran lunga la nostra abilità di produrre biomasse per generare biocarburante per una semplice ragione, le zone coltivabili. Lo sfruttamento di porzioni di terreno fertili per coltivare biomassa diminuisce di conseguenza il numero di aree destinate alla crescita di prodotti agricoli. Bilanciare la produzione di cibo e biocarburanti, quindi, è ciò che consente di mantenere bassi i costi di produzione del combustibile bio se comparati con quelli necessari alla formazione di quelli fossili.

Dando per sicuro che si riuscirà a superare l’ostacolo per cui la produzione di biocarburante interrompe la catena alimentare (per esempio, coltivando alghe negli oceani), sarà possibile risolvere il problema per cui questi combustibili biologici provocano il surriscaldamento globale? La risposta è certamente sì. Sebbene i carburanti bio producano diossido di carbonio, che è un potente gas serra, è vero anche che aumentare la coltivazione di piante e vegetali per produrre combustibili naturali permetterà di assorbire maggiormente l’anidride carbonica immessa nell’atmosfera.

Tramite il processo di fotosintesi, infatti, le piante assorbono CO2 e rilasciano ossigeno. Di conseguenza, tutto questo sembra diventare un fatto di bilanciamento ma non è esattamente così. Uno studio del 2005 della Cornell University ha scoperto che la produzione di etanolo dal mais consuma quasi il 30% in più di energia di quanta ne produce. In altre parole, non è possibile produrre continuamente energia utilizzando i biocarburanti in quanto per la loro formazione è necessaria ulteriore energia, non permettendo di raggiungere un pareggio tra CO2 emessa nell’atmosfera e CO2 riassorbita dalle piante.

Un importante fattore, in ultima, è la biodiversità

Ulteriore aspetto da tenere in considerazione è l’emissione di altri gas serra da parte dei combustibili naturali. Un importante fattore, in ultima, è la biodiversità. Se un’area è coltivata in modo eccessivamente intensivo, può costituire un problema per la flora e la fauna presente nella zona. Un approccio innovativo comprende una vasta gamma di soluzioni, dalla produzione di biocarburanti a quella di produzione carburanti da rifiuti, utilizzando una varietà di feedstock, materiali da cui partire per il ciclo di produzione, disponibili sul mercato e sfruttando le tecnologie commercialmente disponibili.

Tra le tecniche di produzione più rilevanti si annoverano la fermentazione per la produzione di etanolo, la trasformazione di oli vegetali in biodiesel (Fame) e l’idrotrattamento degli oli vegetali (Hvo) per la produzione di carburanti sostenibili per l’aviazione (Saf) e la produzione di metanolo dalla gassificazione dei rifiuti.

Un esempio significativo di questo impegno verso la decarbonizzazione è rappresentato inoltre dalla tecnologia Hefa (Hydroprocessed Ester and Fatty Acid), che si sta rapidamente diffondendo su scala internazionale. Eni, in particolare, ha dimostrato il proprio impegno in questo settore attraverso l’applicazione del processo proprietario “Ecofining” nei siti industriali di Porto Marghera e Gela, i primi esempi al mondo di conversione di raffinerie di petrolio tradizionali in bioraffinerie.

Il futuro degli efuels

Mentre la strada per la produzione dei biocarburanti è quindi ben tracciata, quella degli efuels, i prodotti a partire da idrogeno green e CO2 catturata, al momento non è ancora stata ampiamente percorsa su scala industriale e presenta ancora sfide significative, tra cui i costi di produzione e l’infrastruttura necessaria per supportare questa transizione, che li renderanno forse competitivi nel medio-lungo periodo.
Il futuro degli e-fuels potrebbe comunque essere favorito da scenari a basso costo delle fonti rinnovabili, dal continuo sviluppo tecnologico, dal supporto regolamentare e da eventuali incentivi. La gassificazione dei rifiuti emerge quindi come un’alternativa promettente, sebbene comporti costi aggiuntivi significativi.

Mettere a confronto ingegneri e futuri ingegneri su questi temi è stato l’obiettivo di Aidic, l’Associazione italiana di ingegneria chimica, che in collaborazione con l’Ordine degli ingegneri di Palermo lo scorso 23 aprile ha organizzato presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Palermo l’evento “Biocarburanti: il loro ruolo nella transizione energetica ed industriale”. L’incontro ha rappresentato un momento importante di confronto per delineare le principali strade industriali per la produzione di carburanti decarbonizzati e diventare una guida per l’industria energetica, offrendo una visione chiara delle sfide e delle opportunità nella transizione verso un futuro più sostenibile e decarbonizzato.

Il programma dei lavori ha previsto un’introduzione sui biocarburanti del professor Giuseppe Caputo dell’Università di Palermo cui sono seguiti gli interventi “La Roadmap dei Carburanti da Materie Prime Rinnovabili” di Andrea Amoroso di Aidic e “Storia e sviluppo della tecnologia ecofining e la realizzazione delle bioraffinerie di porto Marghera e Gela” a cura di Luca Alburno, amministratore delegato Bioraffineria di Gela Enilive. Giacomo Rispoli di MyReChemical ha chiuso i lavori con il suo intervento sul tema “I rifiuti come carica alternativa nella produzione di metanolo e sustainable aviation fuel”.