Com’è noto, da sempre negli Stati Uniti le votazioni per eleggere il presidente si svolgono su due livelli, nel senso che i cittadini votano i grandi elettori Stato per Stato e questi ultimi votano uno dei candidati.
Il numero totale dei grandi elettori è di 538, per cui chi riporta almeno 270 voti viene eletto. Trump ne ha ottenuti di più in modo abbastanza netto e quindi è diventato il 47° presidente degli Stati Uniti d’America.
Anche in quel continente, il vento del conservatorismo è arrivato, e non per la prima volta. La politica del Partito democratico Usa di fatto cessa e con essa le grandi idee del Gendarme del Mondo, dell’imposizione della democrazia all’estero, dell’aiuto a tutti quelli che ne avessero bisogno e via discorrendo.
In tutta questa vicenda, da qualche mese la stampa italiana ci ha informato quasi a senso unico, prima sostenendo che Joe Biden fosse idoneo a essere rieletto, poi che la sua vice Kamala Harris – non passata per le primarie dello stesso partito – potesse battere Trump e ancora che tutte le donne americane l’avrebbero votata, dando quasi per scontata la sconfitta del tycoon.
Perché la stampa italiana è stata così parziale? La risposta è semplice: perché tutti, o quasi, gli inviati appartenevano all’area politica dei democratici, corrispondente al centrosinitra italiano. Per cui è stata minimizzata l’azione di Trump, sostenuta da tanti miliardari come Elon Musk e da molti altri che hanno messo in quella campagna elettorale qualche miliardo di dollari.
Gli inviati italiani hanno trascurato di sentire l’aria che tirava e cioè che al popolo americano interessa più la crescita economica, lo star bene finanziariamente e i servizi, più che la politica.
Non sembri paradossale paragonare la più vecchia democrazia del mondo – che risale al 1787, data della Costituzione Usa – alla dittatura cinese. Anche in quest’ultimo caso, Xi Jinping, un uomo straordinario, ha detto al suo popolo: “Fate ciò che volete in materia economica, ma non vi occupate di politica”.
Non per questo bisogna dimenticare che in quel Paese non esistono i diritti civili, per cui la libertà individuale è limitata.
Non vogliamo minimamente dire, a scanso di equivoci, che l’America sia paragonabile alla Cina, ma semplicemente evidenziare quello che ci sembra il sentimento del popolo americano, soprattutto nell’ultimo decennio.
Trump ha fatto sapere più di una volta che egli intende chiudere la guerra russo-ucraina, congelando gli attuali confini, senza la possibilità che gli Usa forniscano ancora armamenti e risorse finanziarie a Zelensky, il quale, obtorto collo, non potrà che pensare seriamente a concludere un trattato di pace sul modello Corea, più volte spiegato.
Il prossimo 20 gennaio 2025, data di insediamento del 47° presidente degli Stati Uniti, Trump prenderà le redini del suo mandato e, verosimilmente, sarà coerente con quanto ha già più volte annunciato.
Gli Usa si sono considerati, e sono stati considerati, il Gendarme del Mondo, ma anche in questo versante Trump ha più volte comunicato che da presidente le sue forze armate, comprese le possenti portaerei, dovranno essere pagate se i Paesi vorranno essere difesi.
Il proposito di Trump è un monito anche per l’Europa, la quale, in oltre mezzo secolo, non è stata capace di organizzare un proprio sistema di difesa autonomo, seppure successivamente collegato con la Nato. In altri termini, non ha mai pensato né deliberato di fare uscire singolarmente i suoi partner dalla stessa organizzazione, invece di associarsi alla stessa come gruppo europeo. Ora il dilemma si presenterà e dovrà trovare una risposta.
In materia di aborto, dobbiamo ritenere che, data la posizione della first lady Melania, Trump sposterà in avanti il suo proposito di abrogarlo, mentre rinnoverà certamente la politica anti-migranti riprendendo la costruzione del muro con il Messico.
L’Europa e il nostro Paese dovranno attrezzarsi a collaborare con gli Usa, ma in altro modo rispetto a quanto fatto con Biden, soprattutto in campo economico e cercando di evitare l’ipotesi dannosissima di applicare dazi sulle esportazioni cinesi, che potrebbero avere gravi conseguenze per tante nazioni, come Germania e Italia. Infatti è ben noto che il protezionismo non ha mai prodotto buoni risultati.