Cultura

Tuccio Musumeci, paladino della sicilianità nel mondo del teatro

Sarà tra i protagonisti della fiction in onda su Rai Uno da lunedì, Tuccio Musumeci è sicuramente un siciliano che ha fatto la storia del teatro in Sicilia “esportando” in tutto il mondo la sicilianità. Lo abbiamo intervistato in esclusiva per voi.

Com’era Tuccio da bambino e come nasce la passione per il teatro?

“Ero molto timido. Debuttai con mio cugino a quattro anni al Teatro Sangiorgi di Catania, ricordo che ero vestito da tirolese. Mio padre mi spingeva ad andare a teatro per guardare le grandi opere del tempo, e pian piano mi sono avvicinato a questo mondo. Iniziavo quindi a fare piccole recite con mio cugino e mia sorella nel terrazzo di casa. Mio padre era più favorevole mentre ebbi più difficoltà a farlo accettare a mia madre. Il tutto si rafforzò successivamente quando ero a Modena al liceo, poco prima di entrare all’università. Lì ho conosciuto Dario Fo. Tornato in Sicilia, invece, andavo spesso a trovare il prof. Ruggeri di letteratura e lì incontrai per la prima volta Pippo Baudo. Era il periodo dell’avanspettacolo e da lì uscirono tantissimi attori di grande fama. Successivamente la collaborazione con Pippo Baudo continuò anche in Rai con Settevoci che realizzammo per sette anni a Milano.”

Venendo al presente, lunedì partirà questa fiction per la Rai, “Màkari”, dove interpreterai il padre di Claudio Gioè. Che esperienza è stata?

“Ho scoperto posti bellissimi della Sicilia ed inoltre ho avuto la fortuna di trovare un grande regista come Michele Soavi che ha reso questa fiction cinematografica e non solo televisiva. Sono stati quattro mesi di simpatia tra tutti noi e questo ci ha aiutato a lavorare con molta tranquillità trovandoci benissimo. Nella fiction interpreto il papà di questo giornalista che torna in Sicilia dopo aver perso il lavoro a Roma presso il ministero. Per il padre fu una tragedia il ritorno del figlio licenziato però successivamente riverserà tutto l’affetto su questo ragazzo essendo rimasto anche vedovo.”

Credo che per la prima volta in carriera,  in questo periodo ti è capitato di spegnere le luci del teatro per oltre un anno. Come sta reagendo il mondo del teatro?

“E’ un periodo difficile. Era impossibile riaprire il 27 marzo così come era stato detto in un primo momento, significava infatti mettere in moto in breve tempo le varie scenografie, maestranze, ecc. In ogni caso dopo solo quattro giorni abbiamo appreso della proroga. Mia madre mi raccontava che quando ci fu la spagnola  se ne parlava sempre, ad un certo punto non se ne parlò più e lentamente se ne uscì. Questo virus invece è sponsorizzato dai media. La gente è stanca e psicologicamente colpita.”

Qual è il messaggio che sente di dover dare ai giovani che vogliono intraprendere questo mestiere?

“A dir la verità a molti l’ho sconsigliato. Iniziare ora sicuramente non è buon momento.  La cosa che mi fa piacere, però, è che molti giovani si stanno riavvicinando al teatro anche abbonandosi. Consiglio ai ragazzi che si trovano nell’età liceale di andare a teatro per imparare, in modo alternativo e leggero, le grandi opere letterarie.”

Infine uno sguardo al futuro.

“Per il futuro immediato ormai c’è poco da fare. Stiamo aspettando la prossima stagione per riaprire i teatri. L’obiettivo è quello di far ritornare la gente che giustamente, attualmente, è impaurita.”

Antonio Licitra