Editoriale

Turbolenze finanziarie, Mercato in attesa

Mario Draghi ha una forza contrattuale a livello internazionale fuori dal comune. È riuscito in un mezzo miracolo che forse nessun altro poteva ottenere e cioè che la Banca centrale europea continuasse a comprare i Titoli dello Stato italiano che vengono emessi ogni mese a copertura di quelli in scadenza che vanno pagati. Tutto ciò a costo pari a zero.

Questa decisione di Christine Lagarde, presidente della Bce, ha creato fortissimi malumori nei Paesi del Centro e Nord Europa, i cosiddetti Falchi, i quali stanno trovando una sponda sempre più forte nel presidente della Bundesbank, Joachim Nagel.

Tuttavia, Lagarde non ha potuto evitare di aumentare il tasso di 0,25 punti, dopo che la Federal Reserve americana l’aveva aumentato di 1,25. Probabilmente la Bce aumenterà ulteriormente i tassi di 0,75, ma è anche probabile che tali aumenti siano maggiorati perché incombe l’inflazione.

Di che si tratta? Di quella belva malefica che mangia uno stipendio all’anno ai dipendenti e ai pensionati attraverso il corrispondente aumento dei beni di consumo, di quelli dei servizi, dell’energia e di ogni altro cespite che si volesse acquistare.
È vero che le somme incassate sono nominalmente uguali, ma si rileva la differenza nel momento in cui si acquistano beni e servizi.

Qualcuno obietta che anche negli Stati Uniti vi sia questa ultrainflazione, persino superiore a quella europea. È vero, ma mentre in quel Paese tale inflazione è conseguenza di un’economia che va molto bene (crescita del tre per cento annuo e disoccupazione intorno al tre per cento), in Europa l’inflazione è conseguente alla finanza, perché sotto vi è lo scenario evidente di un regresso del Pil medio, che alcuni pronosticano nel 2023 addirittura negativo, con ciò certificando ufficialmente la recessione, cioé la presenza di un dato negativo per tre trimestri consecutivi.

Se nel nostro Paese, a causa della fibrillazione politica odierna, si dovessero svolgere le elezioni nel prossimo mese di ottobre, il disastro economico-finanziario diventerebbe quasi una certezza e vi spieghiamo perché.

Le elezioni ottobrine porterebbero a un nuovo Governo e quindi a un nuovo presidente del Consiglio e quindi a un programma relativo, intorno alla fine di dicembre. Il che comporterebbe l’Esercizio provvisorio, vale a dire il funzionamento dello Stato sulla base dei dati dell’anno precedente (2022) e l’impossibilità di effettuare qualunque riforma o approvare leggi innovative perché sarebbe consentita solo l’attività degli affari correnti.

Nuovi governo e maggioranza, anche se procedessero rapidamente, potrebbero approvare la legge di bilancio 2023 nel marzo dello stesso anno, il che certificherebbe otto mesi di stallo, cioè da agosto 2022 ad, appunto, marzo 2023, con le conseguenze che ogni cittadino può immaginare: blocco delle riforme e conseguente blocco del Pnrr, le cui somme – come è noto – rimangono rigorosamente nei forzieri della Commissione europea in attesa che arrivino progetti redatti secondo i regolamenti Ue e bollinati per regolarità dal ministero degli Esteri italiano.

Vi sono da ricordare anche le centinaia di decreti attuativi delle leggi precedentemente approvate. È vero che essi rientrano nell’ordinaria amministrazione, ma con un Parlamento in scioglimento e con un Governo senza poteri, le linee guida delle leggi che li hanno generati potrebbero essere stravolte.
Insomma, il caos è alle porte e ci auguriamo che oggi il presidente Draghi si sacrifichi – nonostante tutto – e porti a compimento questa legislatura.

Di proposito non abbiamo voluto scrivere queste note dopo le sue dichiarazioni, per avere la serenità di spirito di delineare un quadro come si presenta prima delle decisioni di Mario Draghi.
Ci auguriamo che il presidente del Consiglio, con un atto generoso e nonostante tutto, prosegua questo suo ingrato compito e mantenga sul binario di un’ordinarietà il convoglio Italia.
Non vogliamo pensare ad altre possibilità.