Inchiesta

Il turismo congressuale nazionale continua a crescere ma al Sud rimane inchiodato

ROMA – Il turismo congressuale in Italia vola alto e recupera a lunghe falcate il vuoto di due anni di pandemia da Covid 19. L’Oice, Osservatorio italiano dei congressi e degli eventi, ha rivelato un settore di piena salute, che dal 2021 è risalito in maniera prepotente, del 251,3%, confermando una tendenza già presente nell’anno precedente.

Per la ricerca promossa dall’associazione della meeting industry Federcongressi&eventi, nel 2022 in Italia sono stati complessivamente realizzati 303.689 tra congressi ed eventi business, con un totale di partecipanti pari a 21.215.934 (+362,7% rispetto al 2021) e 31.706.600 presenze (+366,4% rispetto al 2021). Con tali numeri, il turismo congressuale ha recuperato oltre il 70% degli eventi realizzati nel 2019, l’ultimo anno di riferimento prima dell’esplosione della pandemia.

Anche il 2023 sembra essere partito con i migliori degli auspici: l’andamento del settore nei primi sei mesi di quest’anno permette di prevedere che entro dicembre sarà recuperato del tutto il gap rispetto al 2019 o addirittura superato il livello di eventi registrato prima della pandemia. Buone le previsioni anche in termini di fatturato: oltre la metà delle sedi, il 52,7%, prevede nel 2023 un aumento rispetto al 2022.

“Questi dati e i segnali del mercato – ha commentato la presidente di Federcongressi&eventi Gabriella Gentile – sono molto positivi, ma questo non ci impedisce di essere consapevoli di quanto il momento storico sia complesso, evidenziando ancora di più la capacità del Mice italiano di essere resiliente, propositivo e proattivo”.

Le differenze del mercato dei congressi sono significative per area geografica sia nel numero di sedi offerte, sia nel numero e nei caratteri degli eventi ospitati: il Nord, che concentra il 53% delle sedi, ha ospitato il 59% degli eventi stimati a livello nazionale, con un aumento rispetto al 2021 pari al 218,3% (il 72,3% di quelli del 2019); in particolare il Nord Ovest con 96.826 eventi ha fatto segnare l’incremento maggiore rispetto al 2021 (+221,8%). In termini di presenze, il Nord, con una quota pari al 60,6% rappresenta l’area che, dopo le Isole, si è avvicinata di più ai valori registrati nel 2019. Il Centro, che possiede il 25% delle sedi, ha ospitato il 24,4% degli eventi complessivi, con un aumento rispetto al 2021 pari al 293,1% (il 69,0% di quelli del 2019). Il maggiore aumento va a compensare in parte i risultati peggiori registrati nel 2021.

Altro capitolo analizzato in questa ricerca sono le sedi per eventi e gli alberghi congressuali si confermano la tipologia più utilizzata. Infatti, hanno attirato il 77,3% degli eventi totali. I centri congressi e le sedi fieristico-congressuali hanno ospitato il 3,4% degli eventi, le sedi istituzionali il 9%, gli spazi non convenzionali il 6% e le dimore storiche non alberghiere (abbazie, castelli, antiche locande e casali, palazzi storici, ville, ecc…) il 2,5%. La scelta della sede da utilizzare è direttamente collegata con la tipologia degli eventi più gettonati, ovvero quelli aziendali. Gli alberghi rispondono in maniera specifica alle esigenze di chi organizza meeting, corsi di formazione e convention, mentre i centri congressi con i loro spazi espositivi, sala plenaria e sale di sottocommissione ai bisogni dei congressi associativi.

La prospettiva di un recupero pieno del settore ha spinto molti imprenditori del settore a compiere investimenti per aumentare la propria competitività. Le innovazioni riguardano in particolare la riqualificazione degli spazi interni, l’implementazione delle dotazioni audio-video, la formazione del personale. Una scelta non solo utile ma necessaria, per rispondere al meglio alle esigenze del pubblico internazionale. L’Italia legata al turismo business, infatti, è terza, nella classifica mondiale Icca (International congress and convention associazione) a livello globale e seconda in Europa con oltre 520 meeting dopo la Spagna (528) e gli Usa (690), saldi al primo posto. Se si guarda alle città, Roma e Milano sono al quattordicesimo e diciottesimo posto con 79 e 66 meeting rispettivi, mentre in Europa salgono entrambe di una posizione. Altra città gettonata, Bologna, con 45 incontri, e Firenze, con 31 meeting. Troviamo, ancora, Torino, con 28 incontri nel 2022, e Napoli con 27; anche Padova e Venezia si trovano in elenco, con 19 eventi ciascuna.

Interessante la formula scelta nella maggior parte dei casi, in cui si cerca di coniugare sempre di più tempo libero e business, con importanti risvolti per l’intero territorio in cui le strutture congressuali si trovano. Si potrà così far conoscere meglio i territori, i prodotti tipici e le tradizioni, regalando all’ospite business una esperienza di quello che è conosciuto come Made in Italy, unendo il momento-lavoro all’esperienza italiana di saper vivere. Un settore tutto da sfruttare visto che, secondo le previsioni di Euromonitor, la spesa mondiale dei viaggiatori per lavoro, ma che non disdegnano di aggiungere svago e cultura, stimata in 200 miliardi di dollari nel 2022, dovrebbe raddoppiare o quasi tra il 2021 e il 2027, arrivando a circa 360 miliardi di dollari.

“In Italia – ha detto la presidente di Federcongressi&eventi Gabriella Gentile al QdS – il trend di ripartenza, iniziato già nel 2021, si è sempre più consolidato evidenziando quindi la grande capacità di reazione e di adattamento del settore. I dati dell’Osservatorio italiano dei congressi e degli eventi relativi al 2022 confermano infatti una decisa ripresa degli eventi business e dei congressi che prosegue ancora più rafforzata quest’anno. La meeting industry italiana sta vivendo sicuramente un periodo positivo che ci fa essere ottimisti anche per il prossimo futuro pur in uno scenario globale particolarmente complesso. La fotografia del Mice italiano riflette quella dei principali Paesi europei a vocazione congressuale: ovunque infatti cresce la richiesta di eventi business e congressi dal vivo. Proprio l’impossibilità di realizzarli in presenza durante la pandemia ha infatti reso ancora più evidente quello che è il loro valore insostituibile: raggiungere gli obiettivi per i quali sono stati organizzati, generare esperienze e coinvolgere i partecipanti”.

Essenziale dar vita a una rete di collegamento tra pubblico e privato

ROMA – Il Sud, che dispone del 13,9% delle sedi, ha ospitato il 10,4% degli eventi, registrando un incremento rispetto al 2021 pari al 288,7% (il 66,9% di quelli del 2019). Le Isole, con l’8,1% delle sedi, hanno ospitato il 6,2% degli eventi con un aumento rispetto al 2021 pari al 498,8% (il 65,9% di quelli del 2019). L’incremento dei partecipanti (+662,3% rispetto al 2021), il maggiore tra le diverse aree, ha determinato un considerevole aumento delle presenze che hanno recuperato il 92,7% del valore registrato nel 2019.

Abbiamo chiesto un’analisi della situazione per il Sud e la Sicilia alla presidente di Federcongressi&eventi Gabriella Gentile

Per il Mezzogiorno pare di capire che la situazione sia diversa rispetto al resto d’Italia. Numeri in positivo ma comunque non sulla stessa lunghezza d’onda. Qual è la situazione? L’espansione non appare negli stessi termini rispetto al Centro e al Nord. Che analisi possiamo fare?
“Storicamente il Nord e il Centro ospitano la maggioranza dei congressi ed eventi che si svolgono in Italia per un mix di fattori: i principali sono la concentrazione del maggior numero di location del Paese e l’alta presenza sul territorio di aziende, le realtà più attive nella promozione di convention, meeting e lanci di prodotto. A questi elementi vanno poi aggiunti la facilità di raggiungibilità e il grande impegno a livello di promozione svolto dai territori. Detto questo, pur in questa situazione di contesto, anche il Mezzogiorno nel 2022 ha avuto un trend positivo di crescita”.

Vorremmo anche un focus sulla Sicilia. Una regione che sconta alcuni ritardi a livello di infrastrutture turistiche. Anche per questo il turismo congressuale non cresce di pari passo come le altre realtà nazionali? Quale potrebbe essere la ricetta?
“La ricetta per poter crescere è fatta da più elementi: investire sull’innovazione delle strutture e delle infrastrutture, sulla qualificazione degli operatori e, sicuramente, sulla creazione di forme di collaborazione tra gli operatori della filiera e le istituzioni per promuovere l’offerta congressuale. L’efficacia di quanto sia importante fare rete tra pubblico e privato attraverso organismi di destination marketing e convention bureau è dimostrata dal fatto che le destinazioni leader del turismo congressuale sono proprio quelle che dispongono di organizzazioni di questo tipo”.

Nel ranking mondiale la Sicilia compare al 202° posto

Sotto questo aspetto aveva detto la sua sempre al QdS l’assessore regionale al Turismo Elvira Amata, commentando i dati della Sicilia con appena nove meeting organizzati tra Palermo e Catania, uniche province presenti in graduatoria. Nel ranking mondiale la Sicilia compare al 202° posto. Parliamo quindi di un “peso” del turismo congressuale di appena lo 0,001%, in pratica inesistente. L’assessore aveva assicurato che il Governo regionale stava “spingendo” la propria azione politica in questo ambito. Era stato preannunciato di voler mettere mano al Piano triennale del turismo con l’obiettivo di incrementare proprio questo segmento del turismo congressuale.

Bisogna però anche capire se ci sono le condizioni. Perché turismo congressuale vuol dire avere delle strutture ricettive in numero adeguato e anche di un certo livello. Almeno da tre stelle in sù. E il governo regionale ne è consapevole. Ecco perché con gli uffici si sta facendo un lavoro anzitutto di ricognizione, per cercare eventualmente anche di utilizzare il Pnrr per rinnovare o costruire nuove strutture e valorizzare finalmente un settore che potrebbe dare una spinta notevole all’economia del territorio.