Non solo i costi ambientali: gli effetti dei cambiamenti climatici peseranno sull’economia di isole e arcipelaghi europei quanto una pandemia o una importante crisi economica.
È quanto emerge da un approfondito studio europeo sul clima, che in particolare per l’Italia evidenzia come la Sicilia potrebbe arrivare a pagare pesantemente gli effetti dei cambiamenti climatici a causa dell’impatto di questi sul turismo.
Per la nostra Isola si parla infatti di un crollo del Pil tra il due e il quattro per cento. Il dato non deve trarre in inganno: la spesa turistica, infatti, calerebbe del trentotto per cento.
Addirittura peggiore la situazione della Sardegna, con un Pil che scenderebbe fino all’otto per cento.
Numeri, insomma, non lontani da quelli registrati nel 2008 o l’anno scorso.
Lo studio, finanziato da Horizon, si chiama Soclimpact ed è durato quaranta mesi coinvolgendo 24 partner di ricerca di otto Paesi europei.
Al centro del lavoro Antille Francesi, Azzorre, Baleari, Canarie, Corsica, Creta, Cipro, Fehmarn, Madeira, Malta, Sardegna e Sicilia.
Gli scienziati si sono concentrati su vulnerabilità dei territori, possibili impatti economici nei settori della blue economy (acquacoltura, energia, trasporti marittimi e turismo) ed effetti socioeconomici (in termini di Pil, investimenti, occupazione).
Tra i soggetti coinvolti c’è l’Università di Bologna, con il Centro di studi avanzati sul turismo (Cast), attivo al Campus di Rimini.
Secondo Paolo Figini, professore del Dipartimento di Scienze economiche dell’Unibo, nello scenario peggiore si prevede, a fine secolo, una spesa turistica molto più bassa di quella che si avrebbe senza mutamenti climatici.
“A livello complessivo – ha detto – si può stimare che la spesa turistica complessiva a fine secolo sia del 59% inferiore in Sardegna, mentre in Sicilia siamo al meno 38%”.
Tra i singoli fattori, emerge come il rischio incendi sia moderato ma porti “a una diminuzione della spesa turistica nel caso della Sardegna attorno al 20% e nel caso della Sicilia attorno al 13%”.
La perdita della biodiversità marina (sempre secondo lo scenario peggiore) potrebbe arrivare al 14% in Sardegna e al 28% in Sicilia.
Innalzamento del livello del mare e aumento degli eventi estremi potrebbero portare a un calo del 58% della superficie attuale per le spiagge sarde e del 61% per quelle siciliane: solo per questo fattore, i costi sulla spesa turistica sarebbero del 26% in Sardegna e del 17% in Sicilia, che può contare anche sul turismo culturale.
L’allungamento della stagione estiva per l’innalzamento delle temperature, invece, avrebbe un effetto positivo sul turismo, più marcato per la Sardegna (+16%) che per la Sicilia (+2%). In definitiva, però, il saldo degli effetti socioeconomici è negativo: i due modelli macroeconomici utilizzati, spiega Figini, danno “per la Sardegna una perdita di Pil al 2100 che va tra il 4 e l’8%, mentre in Sicilia è tra il 2 e il 4%” rispetto a una situazione ideale.
E questo perché alberghiero, turismo e ristorazione vedrebbero un taglio del valore aggiunto “attorno al 20% in Sardegna e al 9% in Sicilia”.
Insomma, sottolinea Figini, l’effetto del cambiamento climatico sull’economia delle isole “è simile a quello di un’importante crisi economica o di una pandemia”.
Secondo Figini è importante considerare gli effetti dei cambiamenti climatici sui singoli territori.
“Alcuni – ha detto – ne possono pure beneficiare. Ma per quanto riguarda la nostra area, quella europea, è un rischio che produrrà dei costi economici oltre che ambientali”.