La Sicilia si stima abbia perso 8.162.000 presenze di turisti tra il 2020 e il 2019 e 4.408.303.000 euro nel 2020 di spesa turistica. È quanto emerge da una recente indagine di Assoturismo-Confesercenti. Sul tema è intervenuto il presidente di Assoturismo nazionale, il siciliano Vittorio Messina, che guida anche Confesercenti regionale.
Presidente, come si possono recuperare queste perdite nel 2021?
“Purtroppo non ci sono stime di potere recuperare nel 2021 rispetto all’anno scorso, anzi le previsioni di cui disponiamo oggi parlano di un’ulteriore flessione, questo perché stanno intervenendo nel 2021 delle variabili che nel 2020 non avevamo. Innanzitutto l’anno scorso la pandemia era all’inizio e contavamo sulle prenotazioni già ricevute nel 2019 per l’anno successivo, che attualmente sono totalmente assenti.
Il turismo estero non è partito e non c’è in programma un’apertura degli slot aerei che consenta l’ingresso dei turisti stranieri in Sicilia, quindi aspettiamo che gli aeroporti soprattutto di Punta Raisi-Falcone e Borsellino e Fontana Rossa riaprano al traffico aereo internazionale e chiaramente in questo momento l’immagine dell’Italia all’estero è quella di un Paese ancora alle prese con la pandemia.
Incide indubbiamente anche il coprifuoco alle 22: difficilmente è pensabile che i turisti provenienti dall’estero decidano di venire in Sicilia sapendo che a quell’orario dovrebbero rientrare in albergo, dunque, se queste variabili non vengono eliminate, sicuramente nella nostra regione non vedremo turisti o comunque li vedremo in maniera molto ridotta e siccome il turismo è fatto di programmazione, ogni giorno che passa è importante perché perdiamo prenotazioni che invece verranno fatte a valere su altri Paesi che hanno impostato una politica indubbiamente diversa come ad esempio la Spagna o la Grecia che ha scelto di procedere alla vaccinazione degli abitanti di tutte le piccole isole.
Oggi, quando noi parliamo della Grecia pensiamo infatti ad un Paese covid-free perché ha compiuto un’operazione che tanto avrebbe avvantaggiato anche la Sicilia dove le isole minori sono in gran quantità e ne avrebbero giovato anche gli aeroporti e gli indotti dei capoluoghi contribuendo certamente ad una ripresa del comparto turistico.
La scelta del governo nazionale, di non procedere alle vaccinazioni degli abitanti delle isole minori, è stata aspramente criticata e contestata da parte nostra. Sarebbe stato importante farlo, oltre che per il rilancio del settore, anche per una questione di sicurezza e di giustizia sanitaria nei confronti di quelle popolazioni che non hanno le strutture sanitarie e le attrezzature che abbiamo noi a disposizione nella terra ferma”.
Secondo lei, l’estate che sta per arrivare non potrebbe supportare il turismo siciliano per l’inizio di una ripresa?
“Indubbiamente noi ci aspettiamo che questa sia l’ultima stagione nera per il turismo in chiave-pandemia, poi parleremo di ripresa. Non possiamo definire la stagione che sta arrivando quella della ripresa; ci aspettiamo quel poco di turismo di prossimità, di turismo domestico, chiamiamolo così, concentrato nei mesi di luglio e agosto. Ricordo che quello balneare è il secondo turismo per importanza in Italia e dunque delle soddisfazioni in termini di presenze comunque le dovrà dare, sebbene ridotte, ma siamo ben lontani dal parlare di ripresa perché anche questa minima boccata d’ossigeno che potremo recuperare tra luglio e agosto servirà a ben poco in termini di recupero di costi e di perdite che abbiamo subìto.
Ci auguriamo e ci aspettiamo che già con la stagione della prossima primavera 2022 si possa archiviare in parte il concetto di sofferenza del turismo e si cominci a parlare di ripresa. In chiave ripresa è chiaro che verranno premiate soprattutto le destinazioni come la nostra Sicilia perché stenterà a ripartire il turismo delle grandi città d’arte, quello dell’assembramento che riguarda realtà come Roma, Venezia, Firenze, dove prima della pandemia eravamo alle prese con una situazione di over-tourism, mentre oggi c’è zero-tourism.
Ricordo che il turismo nelle città d’arte ha segnato un -75%; il fatto che il turismo in quelle realtà possa ripartire presto è auspicabile ma non prevedibile e questo sicuramente favorirà le destinazioni come la Sicilia che non sono definite da assembramento”.
A parer suo, su quali risorse dovrebbe maggiormente puntare la nostra terra per ripartire?
“Le nostre risorse sono sempre quelle: abbiamo un immenso patrimonio paesaggistico e archeologico e lo dimostrano i siti Unesco della nostra Isola; abbiamo anche un patrimonio agroalimentare e di cultura del cibo che ci fa grandi. Abbiamo poi il sole e il mare per cui disponiamo di tutte quelle condizioni che ci consentono di poter ripartire prima degli altri. In Sicilia si può andare al mare la mattina e alle falde dell’Etna nel pomeriggio.
È un’Isola che offre tanto e soprattutto è forte di quella cultura dell’accoglienza che ci ha fatto grandi in passato, che ci farà grandi e che potrà costituire la principale leva della ripresa del turismo. È chiaro che il comparto, non solo in Sicilia ma in tutto il sistema-Italia dovrà essere accompagnato in questa ripartenza, non solo con i ristori ma anche con quelle condizioni che ci consentano di ripartire prima possibile senza essere bruciati dalla concorrenza dei Paesi competitor quali la Spagna, la Francia e, dicevamo poco fa, la Grecia e qui deve intervenire lo Stato ad aiutarci con le riforme del fisco, del costo del lavoro, con la sburocratizzazione.
Ne dico una per tutti, parliamo di Recovery plan ma i fondi Por 2013-2021 in Sicilia sono stati utilizzati solo per il 37,5%; allora questo la dice lunga su una macchina burocratica, dove ci sono probabilmente anche responsabilità non solo da parte del pubblico ma anche da parte delle imprese, che è molto lenta, quindi se noi vogliamo “aggredire” il mercato e la ripresa, la prima cosa che dobbiamo certamente eliminare è questa lentezza, questa burocrazia e questo modo di pensare degli imprenditori che chiaramente non pagherà”.